venerdì 5 ottobre 2012

Billy Wilder Gallery: La Fiamma Del Peccato

Qui parliamo di due fottuti geni. Billy Wilder, il regista celebrato nello speciale che Emiliano ha scelto per questo mese, e Raymond Chandler, semplicemente lo scrittore divenuto padre del Noir mondiale, con buona pace dei francesi. Wilder e Chandler hanno scritto insieme la sceneggiatura de "La fiamma del peccato" (1944). È piuttosto evidente che l'impronta principale sulla pellicola sia di Ray. Chi ha letto i suoi libri può ritrovare nelle battute del film la stessa ironia alcalinica, corrosiva. C'è il marcio che abbraccia le vite degli uomini. Però non solo. Un intempestivo senso morale emerge alla fine, quando è troppo tardi, talmente tardi che l'unica cosa che resta da fare è morire. Los Angeles 1938, che già solo questo basterebbe. Un assicuratore, Neff, stanco del suo lavoro, si fa convincere da una bella e ricca signora, mrs. Dietrichson, ad uccidere il consorte di lei, inscenando un'infortunio in circostanze inconsuete, in modo da riscuotere l'indennità doppia prevista in quei casi (il titolo originale è "Double indemnity"). L'assicuratore, che nel frattempo si zompetta mrs Dietrichson, assicura il cornuto, poi organizza e svolge l'omicidio a dovere. Sa il fatto suo perchè con quelle cose ci lavora. Frega anche l'investigatore privato Keyes, suo amico, che viene pagato dalla società di assicurazioni per indagare sui casi di indennizzo sospetti. Però poi non regge. Perchè l'azzardo di quella morte così assurda, quasi improbabile, perlomeno strana? Così tutto puzza di più sotto al naso dei segugi. Neff ha voluto il doppio, non avrà nulla. Si infila di notte nell'ufficio deserto del detective e racconta tutto al registratore. Se la cosa non lo redime, perlomeno gli dà sollievo. Un sollievo limitato, perchè nella clavicola c'ha un proiettile ammaccato, e perchè ha perso sangue, parecchio. Il film inizia così, quasi dalla fine. È qui che dalla porta laterale entra Wilder e mescola alle idee di Chandler le proprie. Tutta la torbida vicenda è raccontata da Neff in prima persona, il che se da un lato toglie qualcosa alla suspence, dall'altro permette al regista di lasciar andare Ray a briglia sciolta coi testi della voce fuori campo, di sfruttarlo appieno, di fargli plasmare una sorta di videolibro. Chandler plasma, Wilder resta intelligentemente lì a fianco, un po' in disparte, con una regia dimessa, perfetta per il genere. E gira un capolavoro del cinema noir. Occhio, fare un film di genere non significa limitarsi. Il noir è profondo come una coltellata, ma bisogna saper guardare nella ferita. Non mi piacciono quelli che considerano i film (o i libri) di genere delle opere minori. Un noir, per esempio, può dire di più sull'animo umano, o sulla società, di cinquemila preti e tremila antropologi. Ripeto, bisogna saperlo guardare. E poi, cazzo, in questo film ci sono certe gemme obiettivamente fantastiche, anche se prese da sole, senza concetti, senza sottotesti. Ness ci ha appena provato in maniera abbastanza sbrigativa con la signora Dietrichson, durante il loro primo incontro, e lei sbotta. D: «C'è un limite di velocità, signor Neff, 45 miglia.» N: «A quanto andavo, brigadiere?» D: «Attorno ai 90.» N: «Supponiamo che mi fermiate per arrestarmi». D: «Supponiamo che vi lasci andare... per questa volta». N: «Supponiamo che sia recidivo». D: «Supponiamo che io vi picchi sulle mani». N: «Supponiamo che io mi metta a piangere sulla vostra spalla». D: «E supponiamo che la spalla sia quella di mio marito». Figata.

Ivan Brentari

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