venerdì 26 ottobre 2012

Le Belve (voto 3)

Quando vado al bagno ogni mattina, amo portare con me una copia del 'Corriere della Sera' o di 'Repubblica', per leggere le recensioni di critici come Maurizio Porro o Paolo D'Agostini. Di rado, capita di trovarmi d'accordo con le loro opinioni. Non è certamente stato il caso di 'Amour', dal momento che entrambi hanno osannato il film per la sua "pesantezza". Stamattina, è successo, però, che riprendessi in mano la copia di 'Repubblica' di ieri e leggessi il pezzo che ha scritto D'Agostini sull'ultimo lavoro di Oliver Stone, 'Le belve', visto ieri sera. Incredibile, la sua stroncatura traduceva in maniera civile quello che ho pensato alla fine del film. Scrive D'Agostini: "Regista prolifico e spesso in sintonia con il suo tempo, di affascinante qui Oliver Stone non presenta proprio niente. Il film è un collage di luoghi comuni ed è un prodotto di serie B... La sua estetica è semplicemente quella di aumentare le dosi in maniera parossistica. Ma senza la più lontana ombra dell'ironia parodistica dei maestri di questa pratica, da Leone a Tarantino. Sostanzialmente ci comunica, come se fossimo dentro il cinema ingenuamente razzista uscito dalle fucine hollywoodiane di sessanta o settant'anni fa, che sopra il Rio Bravo c'è l'indiscussa civiltà e sotto il Rio Bravo c'è un branco di scimmie senza valori." Ancora più efficace l'analisi dello stimato Mauro Gervasini: "Per Stone, il sesso è una plasticosa combinazione di attori insapori e incolori... Per come il regista si è immaginato le situazioni hard pare di giochicchiare con una Barbie e due Ken. Non è un'eccezione all'interno di un film che parla d'altro (la guerra tra due spacciatori bianchi e un cartello di messicani), perchè si tratta della cifra stilistica di un cineasta che è da tempo la parodia di se stesso. Privo di una precisa idea di narrazione, chiude con un doppio finale e ogni sequenza pare concepita per convincere che non siamo di fronte a un fumetto o a un pulp movie, ma al film di un grande autore. E invece, l'impressione è che si tratti solo di una violenta e patinata soap opera, senza alcun appeal." Ho preferito utilizzare le parole di altri per descrivere quello che è forse il più brutto film degli ultimi anni. Probabilmente, mi sarei fatto trasportare dall'esagerazione e avrei scritto cose brutte e anticostituzionali. Ciononostante, i motivi per cui 'Le belve' (titolo che sarebbe stato più adatto a un cinepanettone di Massimo Boldi) non merita il voto più basso in pagella ma addirittura 3 sono, appunto, tre: 1) la scena in cui Salma Hayek si strappa il parucchino fa molto ridere; 2) Emile Hirsch è uno dei miei attori emergenti preferiti e, benchè relegato in un ruolo di secondo piano, è l'unico che tenta perlomeno di recitare; 3) pensare alle belve di oliver stone sarà un'ottima alternativa alla lettura del 'Corriere' o di 'Repubblica', quando vado al bagno ogni mattina.

Emiliano Dal Toso
 


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