lunedì 24 dicembre 2012

Paul Thomas Anderson Gallery: Il Petroliere

Io sono un falso profeta, Dio è una superstizione.
 
Credo che sia dovuto prepararsi all'uscita imminente di The Master ripassando un po' la filmografia di Paul Thomas Anderson, dal mio punto di vista il regista americano più importante e imponente degli ultimi vent'anni, forse l'unico che persegue una statura classica e magniloquente ma, nello stesso tempo, autorale e fortemente anticommerciale. Non c'è il minimo dubbio che Il Petroliere sia un film epico, e potrebbe apparire come il recupero di un certo cinema popolare e colossale, caratterizzato da un grosso dispendio di mezzi e di denaro. E' sorprendente, invece, che il costo totale del film non superi i 25 milioni di dollari, cifra assolutamente contenuta per gli standard hollywoodiani. Ciò non toglie che il quinto lavoro di Paul Thomas sia uno spettacolo assoluto di sfruttamento di tutte le risorse possibili che può offrire una macchina da presa. Anderson si era già rivelato un regista tecnicamente mostruoso con Magnolia, ma in questo caso compie un lavoro davvero eccezionale, coordinando come un direttore d'orchestra ogni minimo aspetto. Numerose sequenze sono caratterizzate da un graduale crescendo che si realizza con piani sequenza e carrellate, supportate da una colonna sonora nervosa e sincopata, fatta di incessanti dissonanze minimali. L'effetto è pazzesco, un registro tecnico perfettamente in sintonia con il suo contenuto. Il Petroliere racconta l'ascesa economica di Daniel Plainview, cercatore di petrolio, descrivendolo in tutta la sua devastante ambizione. Paul Thomas scava nelle radici del capitalismo, concentrandosi sulla sua naturale e smisurata negatività. Sarebbe, però, semplicistico concentrarsi esclusivamente sugli aspetti legati al denaro e al potere. Come tutti i suoi lavori precedenti, descrive gli aspetti dominanti della società americana, contrapponendoli, analizzando le sue contraddizioni: il successo, la famiglia, la religione, l'individualismo. A tal proposito, emblematici  i contrasti tra il capitalista Plainview e l'evangelista Eli Sunday, entrambi rappresentanti di due capisaldi della cultura americana, entrambi corrotti e corruttori, spinti al compromesso soltanto per convenienza, affamati di cupidigia e sopraffazione. Vorrebbero scannarsi in ogni sequenza ma non lo fanno perchè l'uno può essere utile all'altro, almeno fino a quando non rimane altro che il desiderio di umiliazione. Troppi i passaggi indimenticabili: impossibile non segnalare l'incidente che causa la sordità del piccolo H.W., adottato da Plainview per questioni di immagine e non per desiderio di paternità; la confessione di Plainview in Chiesa e la sua richiesta di perdono; l'animalesca resa dei conti in una sala da bowling. Di fronte a questa grandiosa parabola di fango, sangue e nichilista ricerca della felicità, le donne scompaiono, non hanno un ruolo. Uscito in Italia nei primi mesi del 2008, ebbe 8 nomination agli Oscar, tra le quali quella per Miglior Film, che andò scandalosamente a Non è un paese per vecchi. Vinse per la fotografia e per il Miglior Attore, un Daniel Day-Lewis da Storia Del Cinema, posseduto da Satana e da Dio.
 
Emiliano Dal Toso
 
 

 

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