venerdì 13 dicembre 2013

Opinions: Trent'Anni Di Cinepanettone

Andiamo subito al sodo. Non si dice mai esplicitamente, ma uno dei motivi per cui ogni anno il cinepanettone di turno viene stroncato è che si celi dietro uno spirito di berlusconismo. La critica più diffusa è quella relativa al fatto che i personaggi dei cinepanettoni non vengano mai condannati ma siano sempre assolti: si ride di loro ma si ride anche con loro. Secondo i critici, i cinepanettoni sono scevri da ogni forma di critica sociale, sono volgari e incassano troppo. E, per alcuni, sono anche responsabili dell'abbassamento culturale del Paese. Ciononostante, la mia passione "cinepanettonesca" non mi ha impedito di prendere il diploma di maturità classica, di innamorarmi della letteratura americana del Novecento, di trovare più di una ragione di vita nel cinema di Takeshi Kitano e di Aki Kaurismaki, e di votare a Sinistra. Massimo Boldi non mi ha impedito di ridere a crepapelle davanti a 'Io e Annie' di Woody Allen e Christian De Sica non è stato un ostacolo perchè mi entusiasmassi per le commedie di Billy Wilder. I cinepanettoni non hanno mai messo in pericolo le mie buone maniere: cerco di non ruttare quando sono in compagnia di una ragazza che mi piace, non urlo parolacce se incontro in discoteca diciottenni mezze nude. Il primo cinepanettone risale al 1983: undici anni prima che Silvio Berlusconi entrasse in politica. Nel 1987, uscì nei cinema 'Montecarlo Gran Casino': tra i protagonisti figurava anche un certo Paolo Rossi, giovane comico proveniente dalla scuola milanese dell'Elfo. Il film fu un flop colossale, al punto che De Laurentiis fu costretto a licenziare Boldi e De Sica. Li riassunse due anni più tardi, dopo che i due, insieme a Calà, sbancarono il botteghino con un altro produttore grazie a 'Fratelli d'Italia'. Da allora, per quindici anni, Boldi e De Sica sono diventati, casualmente, una coppia inossidabile, perfetta, entrata nell'immaginario collettivo. Nessuno dei due ha mai avuto, nella loro carriera, pretese autorali. La loro unica interpretazione drammatica è stata per entrambi in un film di Pupi Avati: nelle interviste, quando ne parlano, si mettono a ridere, non la prendono sul serio. E, poi, la loro comicità sarà pure volgare ma è terrena, italiana, non racconta frottole. I loro personaggi, mediocri e disonesti, non verranno condannati ma non vengono neppure osannati. Ogni volta finiscono male, lasciati dalle mogli, poco sopportati dai figli, tampinati dai creditori. Con queste caratterizzazioni e con canovacci sempre molto simili tra loro, Boldi&De Sica hanno proposto per quindici anni un prodotto di pura "evasione". Chi è interessato, paga il biglietto e sa cosa andrà a vedere. Chi non è interessato, non li va a vedere. Nel 2005, 'Natale a Miami' sancisce la fine del sodalizio. Tra i due, va meglio a De Sica, che rimane con De Laurentiis e continua a fare incetta di incassi al botteghino. Otto anni dopo la loro separazione, il prodotto cinepanettone sopravvive ma, per il sottoscritto, la proposta è diventata meno "volgare", ancor più familista e, per questo, meno divertente. Se un film non mi ispira fiducia, scelgo di non pagare il biglietto e di non andarlo a vedere. E non penso, invece, che se qualcuno lo voglia vedere sia una vergogna o il segno di un abbassamento culturale. Dirò di più. Resto convinto che la volgarità sia, spesso e volentieri, funzionale alla comicità: non mancano parolacce nè riferimenti sessuali nei film di Mel Brooks, in quelli dei Farrelly, o in quelli di Francis Veber. La volgarità contestualizzata, talvolta, può produrre una sana risata liberatoria. Ridere per un "va' a morì ammazzato" detto da Christian De Sica non mi ha mai creato imbarazzo. Guardare la "televisione" di Fabio Fazio, invece, sì.

Emiliano Dal Toso


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