martedì 21 marzo 2017

Il Pagellino: Candidati David di Donatello 2017

Fai bei sogni 9: il film definitivo di Marco Bellocchio, onirico ma in versione pop: dentro c'è tutto il suo cinema, il suo mondo. Famiglia, religione, sensi di colpa, salti nel vuoto. La sensazione è che il regista di Bobbio abbia una libertà artistica che nessun altro in Italia desidera, e rimodellando il libro di Gramellini realizza un capolavoro personale e dolente, che non arriva per caso dopo lo spettrale Sangue del mio sangue. Senza pazza gioia e senza perfetti sconosciuti, perché vivere aiuta a non morire.

Veloce come il vento 9: emozioni fuorigiri, personaggi iconici e indimenticabili, una grande storia famigliare tipicamente italiana ma raccontata con l'adrenalina del miglior cinema americano di genere e senza la retorica e il familismo nostrani. Matilda De Angelis è una vera e propria scoperta, Stefano Accorsi balza in testa nella classifica degli idoli assoluti: quasi vent'anni dopo Freccia e un anno dopo il Leonardo Notte di 1992, il suo Loris detto Ballerino entra con prepotenza nell'immaginario collettivo.

Fiore 7: il punto d'incontro perfetto tra il racconto di formazione e il prison movie, una storia d'amore sognata e repressa tra due adolescenti che comunicano attraverso le finestre del carcere, entrambi in galera per rapina. Claudio Giovannesi riesce a toccare le corde giuste per emozionare, ma non prende particolari rischi: emblematico l'utilizzo di canzoni di facile presa come Sally e Maledetta primavera. Straordinari i due giovani protagonisti, i non professionisti Daphne Scoccia e il compianto Josciua Algeri.

Indivisibili 7: trascinato dalle musiche di Enzo Avitabile, un ritratto dello squallore della provincia del Sud (siamo a Castel Volturno ma potremmo essere ovunque), dove un padre obbliga due bellissime gemelle siamesi a esibirsi a matrimoni e fiere di paese come cantanti neomelodiche, sfruttando il loro fascino freak e opponendosi al loro desiderio di libertà. Magistrale la descrizione di un'umanità costituita soltanto da personaggi riprovevoli, peccato che narrativamente la svolta "gomorresca" tolga originalità e affievolisca l'indignazione.

La pazza gioia 6: uno dei film più celebrati di Paolo Virzì, per molti addirittura il suo capolavoro. Non abbiamo mai amato Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi, né i viaggi di ribellione femminista chiaramente debitori di Thelma & Louise. Dopo un inizio frizzante e promettente, si perde in episodi abbastanza deboli, per poi naufragare nel solito finale lacrimevole. Il trionfo della retorica del regista livornese: lo preferiamo alle prese con adolescenti anticonformisti (Ovosodo, Tanino, Caterina) o quando si abbandona a toni più cinici e grotteschi (Tutta la vita davanti, Il capitale umano).


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