venerdì 30 settembre 2016

Top 5: Settembre 2016

5 - Elvis & Nixon - Liza Johnson (voto 7)
Brillante incontro tra Kevin Spacey/Richard Nixon, ma sempre in zona House of Cards, e Michael Shannon/Elvis Presley, due star destrorse ed egocentriche, che simpatizzano ironizzando sui Beatles. La Casa Bianca non è poi così diversa dalla Graceland del Re di Memphis. Siamo nel 1970 e per entrambi sta per cominciare un brusco declino, ma il film vuole concentrarsi soltanto sul brio di una sceneggiatura tanto semplice quanto divertente.

4 - The Beatles: Eight Days A Week - Ron Howard (voto 7)
Pareva che dovessimo essere di fronte al documentario definitivo sul quartetto di Liverpool, ma così non è. Ron Howard assembla tanto prezioso materiale d'archivio e realizza quello che è lecito aspettarsi da un buon documentarista e da un fan appassionato, dedicandosi soprattutto alla fortissima amicizia che legava il gruppo. Certo, nelle mani di un Julien Temple il risultato sarebbe stato diverso, ma ci si entusiasma per la mezz'ora live di bonus allo Shea Stadium.

3 - Questi giorni - Giuseppe Piccioni (voto 8)
Il miglior film italiano a Venezia 73: snobbato e sottovalutato. E invece è un raro e prezioso racconto di formazione, un on the road femminile che evita ogni rischio di giovanilismo e femminismo. Una somma di piccole cose, un insieme di frammenti emotivi e di incidenti che caratterizzano la vita di quattro ragazze autentiche, piene di sfumature. Piccioni pensa alla verità di quello che racconta: carinerie e macchiette sono lasciati al cinema che piace alla gente che piace.

2 - Café Society - Woody Allen (voto 8)
Woody al suo meglio, dopo il brutto Irrational Man sceglie di giocare in casa e si abbandona alla Hollywood degli anni Trenta, ai primi amori, al passato che torna, ma che non può essere recuperato. E all'accettazione di essere diventati come non avremmo mai voluto. Il suo alter-ego, questa volta, è il meravigliosamentee ebreo Jesse Eisenberg, mentre la sua musa è la radiosa Kristen Stewart, sempre più brava: come in Sils Maria, un fantasma di cui non vogliamo fare a meno.

1 - Frantz - Francois Ozon (voto 10)
Per chi scrive, il capolavoro di Venezia 73. E, senza dubbio, il miglior film di Francois Ozon. Un melodramma che ripensa Lubitsch (L'uomo che ho ucciso) e che guarda a Reitz e Haneke, ma che possiede una forza unica e struggente: una tensione di morte costante fa da sfondo a una delle più profonde e poetiche riflessioni sul suicidio. Ma il finale, magnifico, è un inno alla vita e alla necessaria e dolorosa presa di consapevolezza della propria libertà. Memorabile.




giovedì 22 settembre 2016

Pagellino Concorso Venezia 73

Frantz - Francois Ozon 10
Perché vivere aiuta a non morire.

Jackie - Pablo Larrain 10
Per Natalie, Camelot, le luci spente e il caffè alla mattina.

Nocturnal Animals - Tom Ford 9
Per l'elegante vendetta e per lo sceriffo di Michael Shannon.

The Light Between Oceans - Derek Cianfrance 9
Per il faro che separa gli oceani della vita.

Questi giorni - Giuseppe Piccioni 8
Perché sembra un road movie generazionale, ma è una somma di piccole cose.

Une Vie - Stéphane Brizé 7
Perché "la vita non è mai tutta buona o tutta cattiva come si dice".

Piuma - Roan Johnson 6
Perché è pieno di difetti ma si fa volere bene.

La La Land - Damien Chazelle 6
Perché è frastornante e vuole vincere facile.

Voyage Of Time: Life's Journey - Terrence Malick 6
Perché Malick sta delirando, conservando però un suo fascino perverso.

The Woman Who Left - Lav Diaz 6
Perché una scena potrebbe durare tre minuti o tre ore e non cambierebbe niente.

On The Milky Road - Emir Kusturica 4
Perché Kusturica è diventato la parodia di se stesso.

El Cristo Ciego - Christopher Murray 4
Perché è semplicemente brutto.

Les Beaux Jours D'Aranjuex - Wim Wenders 4
Per il fiume inutile, estenuante di parole al vento, e per l'inutilità del 3D.

The Bad Batch - Ana Lily Amirpour 3
Perché è pretenzioso e programmaticamente (s)cult, ma non diverte neppure.

NON VISTI

El Ciudadano Ilustre - Mariano Cohn, Gaston Duprat

La Region Salvaje - Amat Escalante

Brimstone - Martin Koolhoven

Arrival - Denis Villeneuve







lunedì 12 settembre 2016

Riflessioni Spiazzanti: Venezia 73

Sono sempre i frammenti quelli che restano nel cuore. Basta un semplice passaggio, una battuta, un'immagine, perché possa scattare - anche d'improvviso - il colpo di fulmine nei confronti di un film. Ne ho avuto nuovamente la conferma durante questa Mostra di Venezia: non possiamo prescindere dalle nostre vite. soprattutto quando abbiamo a che fare con il trasporto emotivo che ci provoca un'opera cinematografica, influenzando inevitabilmente il giudizio nei suoi confronti. Il senso di colpa e l'elaborazione della perdita sono alcune suggestioni dei film in concorso che ho amato di più: in Frantz di Francois Ozon, la bravissima Paula Beer (vincitrice del Premio Mastroianni) perde il fidanzato in guerra ed è destinata a una cocente delusione sentimentale; in Jackie di Pablo Larrain, la meravigliosa Natalie Portman si tormenta per non essere stata disposta a sacrificarsi, opponendosi ai proiettili diretti verso il marito; in The Light Between Oceans di Derek Cianfrance, un dolente Michael Fassbender è devastato dall'idea che il figlio che sta crescendo non è il suo, identificandosi con il dolore della vera madre a cui è stata negata la gioia della maternità. Sono tutti personaggi che, a un certo punto, accarezzano l'idea del suicidio, ma poi la respingono: in Frantz, addirittura, la Beer viene salvata da un tentativo di annegamento, ma proprio quell'esperienza le darà la forza di reagire a ulteriori dolori; in Jackie, la Portman si interroga sulla sua condanna di donna vedova, proiettandosi verso un futuro in cui le invidie e le gelosie nei suoi confronti saranno sostituite dalla pena e della compassione; in The Light Between Oceans, Fassbender decide di esiliarsi dall'umanità, accettando il ruolo di guardiano del faro, ma l'amore lo costringerà a dover sopportare altre sofferenze. Eppure, la Beer e la Portman affermano che "il suicidio è un atto vile", e arrivando a questa conclusione ritrovano "la voglia di vivere"; Fassbender, invece, attende con fiducia il giorno in cui la bambina che ha cresciuto tornerà a trovarlo. E così, Ozon, Larrain e Cianfrance - seppur nei loro toni cupi e crepuscolari - emozionano con melodrammi diversissimi nello stile, ma accomunati dalla consapevolezza che vivere aiuta a non morire. Le parole del prete di John Hurt in Jackie riassumono bene questo umore: Quando cerchi il senso delle cose, arriva sempre il momento in cui ti rendi conto che non c'è risposta. O lo accetti o ti suicidi. Oppure, semplicemente, smetti di fare domande.

Emiliano Dal Toso