lunedì 24 febbraio 2020

Top 5: Gennaio - Febbraio 2020

5 - Gli anni più belli - Gabriele Muccino (voto 7)
A tratti patetico, ovviamente urlato e isterico, ma appassionante come ai tempi de L'ultimo bacio: Muccino realizza il suo personale omaggio a Scola e alla commedia all'italiana, capace di raccontare le trasformazioni dei protagonisti parallelamente a quelle dell'Italia. E utilizza il deaging in maniera più realistica di The Irishman: Rossi Stuart, Favino, Santamaria e la Ramazzotti cominci a detestarli ma poi, d'improvviso, ti accorgi di avergli sempre voluto bene, come agli amici di una vita.

4 - Piccole donne - Greta Gerwig (voto 7)
Adattamento emozionante ed emozionato del libro di Louise May Alcott. La Gerwig non nasconde di rispecchiarsi nella protagonista Jo, interpretata dalla sua adorata Saoirse Ronan. Ma il personaggio più sfaccettato, complicato e irresistibile è Amy, illuminata dalle sfumature della bravissima Florence Pugh. Una visione gradevole, senza particolari guizzi di regia, che rende onore a un romanzo che attraversa i cuori di tante generazioni.

3 - Jojo Rabbit - Taika Waititi (voto 8)
Senza replicare un'ennesima lezione di storia in maniera prevedibile e conservatrice, Waititi firma una pellicola originale e stravagante, in equilibrio tra la drammaticità del contesto e un gioioso cazzeggio che non appare mai fuori luogo, ma risulta una chiave di lettura originale e alternativa per fuggire agli orrori dell'esistenza. E i primi venti minuti meritano i paragoni con la sana demenzialità di Mel Brooks e l'ironia stilizzata del miglior Wes Anderson. Forse didattico, senz'altro efficace.

2 - Richard Jewell - Clint Eastwood (voto 8)
Un atto d'accusa nei confronti del sistema investigativo e comunicativo degli Stati Uniti d'America, non all'altezza dei loro valori costituzionali. Ideologicamente repubblicano, le analisi di Eastwood si dimostrano ancora una volta la miglior autocritica possibile, prendendo le parti di un individuo fragile e onesto, devastato proprio da quei valori e da quelle istituzioni che lo hanno formato e che lo hanno illuso di vivere in un mondo giusto e imparziale.

1 - Sorry We Missed You - Ken Loach (voto 8)
Sempre più pessimista e disperato, Loach riposiziona la politica del suo cinema, rinunciando alla commedia proletaria e abbracciando un'essenzialità e una pulizia di sguardo finalizzata alla disamina delle conseguenze della società in cui viviamo, priva di tutele e di regole. La precarietà è spacciata come un'opportunità dai datori di lavoro, ma in realtà è una nuova forma di sfruttamento: le vittime sono gli affetti e i sentimenti. Lucido e spietato, il vecchio Ken è l'unico autore necessario di oggi.