venerdì 11 agosto 2017

Top 5: Agosto 2017

5 - Angoscia - Sonny Mallhi (voto 7)
Tess è un'adolescente che soffre di depressione e disturbi comportamentali sin da piccola. Questa è la diagnosi dei medici: in realtà, la patologia si fa sempre più preoccupante quando la ragazza instaura una connessione misteriosa con una coetanea investita da un'auto sotto gli occhi della madre. Un esordio che si distingue per la rinuncia agli effetti speciali e per puntare soltanto su atmosfere dark e inquietanti, in grado di generare un vero e proprio mood opprimente e paranoico.

4 - Amityville: Il risveglio - Franck Khalfoun (voto 7)
Belle si trasferisce ad Amityville con la madre, la sorella e il fratello in coma che ha bisogno di costanti cure mediche. Scoprirà presto che nella nuova casa sono stati commessi degli omicidi. Un ottimo e solido horror, e può essere l'occasione ideale per recuperare tutta la saga di Amityville, da noi troppo sottovalutata e stranamente poco considerata. Jennifer Jason Leigh è inquietante, ma non dimenticatevi di Bella Thorne, perché è destinata a essere uno dei nomi più caldi di Hollywood.

3 - Atomica bionda - David Leitch (voto 7)
Luci al neon, colonna sonora Eighties martellante, e soprattutto la dea Charlize che mena come un fabbro in questo spy-action stilizzato, glaciale e dal ritmo incontenibile, violento e femminista, lesbo (scambi bollenti con la splendida sorpresa Sofia Boutella) e teutonico. L'estetica e il divertimento sono assicurati, e non sono fini a se stessi: mentre ci si massacra, si fa la Storia, ma non è altro che l'illusione di un mondo migliore.

2 - Félicité - Alain Gomis (voto 8)
Il ritratto di una vera "wonder woman" nell'Africa che combatte quotidianamente con povertà e disagio. Alain Gomis è un grande regista, capace di potenti e indimenticabili sequenze, come quelle nella bettola dove si esibisce la magnifica protagonista. Accompagnato da momenti onirici e metafisici, tra magia e ritualismi, che si potrebbero accostare anche alle visioni del Malick più caleidoscopico, il risultato è un'immersione nei colori e nelle suggestioni di un continente.

1 - A Ciambra - Jonas Carpignano (voto 9)
Puro, autentico, incontaminato. Dopo Mediterranea, un'altra risposta all'esigenza di un cinema che torni a confrontarsi con il reale, con il presente, con i volti dimenticati e marginali di un Paese che si finge di ignorare e la cui rabbia è sempre più sul punto di esplodere. E, senza retorica e didascalismi, dietro la crudezza delle situazioni vissute e raccontate, si nascondono la romantica poesia della crescita e la necessità di prendere confidenza con il proprio ruolo nel mondo.




martedì 1 agosto 2017

Mediterranea

Un nome su cui deve puntare il cinema italiano? Jonas Carpignano, trentatreenne cresciuto tra New York e la Sicilia, arrivato al secondo lungometraggio con A Ciambra, che ha ottenuto un'accoglienza trionfale all'ultimo Festival di Cannes. Vale la pena di recuperare allora la sua opera d'esordio, quel Mediterranea che due anni fa rivelò la potenza dello sguardo di questo giovane cineasta capace di affrontare in maniera cruda e autentica l'odissea di Ayiva che, insieme all'amico Abbas, parte da Ouagadougu, capitale del Burkina Faso, attraversa il deserto, arriva in Libia e sale su un gommone per raggiungere il Sud Italia. Il dramma dei migranti è uno dei temi centrali del cinema europeo di questo decennio: basti pensare a Deephan di Jacques Audiard, vincitore della Palma d'oro nel 2015, oppure a Fuocoammare di Gianfranco Rosi, Orso d'oro a Berlino nel 2016. Carpignano assume il punto di vista del migrante ridotto a schiavo in una baraccopoli e costretto a raccogliere arance per pochi euro, lavorando a ritmi disumani. Senza retorica e pietismo, mette a confronto i due atteggiamenti diversi di Ayiva e Abbas: il primo si sforza di entrare in contatto con le persone che lo circondano, dandosi da fare per trovare un luogo dove sopravvivere; il secondo invece mostra una sempre più crescente insofferenza nei confronti della sua drammatica condizione. Il culmine di questa tensione è raggiunto nelle scioccanti immagini degli scontri tra locali e immigrati che rimandano a quelli avvenuti a Rosarno nel 2010: ed è così che il viaggio della speranza dei due ragazzi africani si abbatte contro la violenza e l'illusione di una convivenza tuttora impossibile da realizzarsi. La mano di Carpignano non è né didattica né consolatoria, e nella seconda parte il regista individua il punto d'incontro empatico tra lo spettatore e Ayiva, permettendosi un momento intimo di pura e sincera commozione: quello in cui il protagonista si mette in contatto virtuale con la figlia via Skype e quest'ultima lo ringrazia per il lettore mp3 che è riuscito a spedirle, facendola innamorare di una semplice canzone pop di Rihanna. Jonas si sofferma sugli occhi rossi, pieni d'amore e sofferenza, del protagonista, rivelando così un sapiente equilibrio tra il rigore della descrizione sociale e la magnifica debolezza per l'idea di un cinema che non è in grado di rinunciare all'emozione e agli affetti speciali.

Emiliano Dal Toso