sabato 29 dicembre 2018

Top 10 Attori Italiani Preferiti - New Era

10 - Valerio Mastandrea - Roma, 1972 -7
Inarrivabile in Non pensarci e ne La felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi. Si rivelò poco più che ventenne con il semi-cult generazionale Tutti giù per terra di Davide Ferrario, da riscoprire. Spesso in bilico tra ironia e malinconia, si è fatto apprezzare anche in ruoli "borgatari" come ne L'odore della notte di Caligari e in Velocità massima di Vicari. Purtroppo, ha fallito clamorosamente il suo esordio da regista con il pessimo Ride.

9 - Giuseppe Battiston - Udine, 1968 -3
In coppia con Mastandrea proprio nei film di Zanasi sopra citati ha raggiunto apici interpretativi di puro genio. Nella sua densa filmografia l'ho amato anche in A casa nostra di Francesca Comencini e ne La giusta distanza di Carlo Mazzacurati. Negli ultimi anni ha partecipato a simpatici film ambientati nel profondo Nord-Est come Zoran, il mio nipote scemo e Finché c'è prosecco c'è speranza. Rischia, qualche volta, di essere un po' limitato dal suo personaggio.

8 - Kim Rossi Stuart - Roma, 1969 -3
Se fosse nato negli Stati Uniti o si fosse trasferito a Hollywood sarebbe considerato un sex symbol alla pari di Brad Pitt e Leonardo DiCaprio. Forse addirittura troppo bello per il cinema italiano: uno dei pochi che è riuscito a rendere giustizia al suo talento è Michele Placido, che gli ha offerto i ruoli perfetti per lui nei gangster movie Romanzo criminale e Vallanzasca. E ha svelato anche sfumature struggenti nel bellissimo Le chiavi di casa di Gianni Amelio.

7 - Alessandro Gassmann - Roma, 1965 +2
Figlio del grande Vittorio, ha dimostrato ormai di essere un attore eccellente: Il nome del figlio, Se Dio vuole e Beata ignoranza sono i titoli recenti che certificano il suo talento e la sua vis comica da simpatico cialtrone. Ma, in fondo, a noi che piace ridere, aveva già convinto in coppia con Gianmarco Tognazzi nei godibilissimi e sottovalutati Facciamo fiesta e Teste di cocco. Lo vedremo presto in Non ci resta che il crimine e in Croce e delizia.

6 - Fabrizio Bentivoglio - Milano, 1957 -5
Fatte le dovute proporzioni, è un po' il nostro Bill Murray o il nostro Jeff Bridges. Da Salvatores a Bellocchio, da Mazzacurati a Virzì, porta con sé sempre un po' di disillusione e fatalismo, amarezza e disincanto: basti pensare al magnifico professore di Scialla!, al cowboy fuori dal tempo de L'amico di famiglia, al mediocre arrivista de Il capitale umano. Peccato che prenda parte molto spesso a produzioni di bassa qualità (per esempio, i recenti e terrificanti Forever Young e Sconnessi).

5 - Luca Marinelli - Roma, 1984 NE
Sarò sincero, nei suoi esordi non mi era piaciuto per nulla: inadatto per La solitudine dei numeri primi e un po' patetico ne La grande bellezza. Mi sono dovuto ricredere dopo aver visto la sua esibizione di Un'emozione da poco di Anna Oxa in Lo chiamavano Jeeg Robot e, soprattutto, dopo il meraviglioso Ricordi? di Valerio Mieli, che ho adorato all'ultima Mostra di Venezia e la cui uscita è prevista per la prossima primavera.

4 - Riccardo Scamarcio - Andria, 1979 NE
Fino a pochi anni fa lo detestavo. Che cos'è successo? Boh, mi sembra che sia diventato il più bravo ad azzeccare ruoli adatti alle sue corde: il Sergio Morra di Loro, che ricalca l'imprenditore Gianpaolo Tarantini, è memorabile e Sorrentino è riuscito nell'impresa di rendere funzionale la sua poca espressività. Sta intraprendendo un percorso attoriale intelligente: Pericle il nero, Euforia e Il testimone invisibile sono scelte per nulla facili e convenzionali.

3 - Alessandro Borghi - Roma, 1986 NE
Non mi aveva entusiasmato in Non essere cattivo e neppure in Suburra. Ma sull'interpretazione di Stefano Cucchi in Sulla mia pelle che cosa puoi dirgli? Scompare completamente dietro il fisico devastato e martoriato del suo personaggio: un'impresa attoriale estrema e che capita di vedere di rado, non soltanto in Italia. E allora, caro Alessandro, ti auguro un grande futuro, e mi sei piaciuto molto anche in The Place di Paolo Genovese.

2 - Stefano Accorsi - Bologna, 1971 +6
Gli voglio bene come a un fratello maggiore. Quando ero bambino per me era il teenager innamorato e fesso (Jack Frusciante), quando ero teenager per me era il trentenne simpatico e cazzone (L'ultimo bacio, Santa Maradona). Per il suo Freccia continuo a versare fiumi di lacrime. E negli ultimi anni ha raggiunto gli apici: Leonardo Notte di 1992 e 1993 è un personaggio geniale, il Ballerino di Veloce come il vento è semplicemente un mito.

1 - Toni Servillo - Afragola, 1959 +1
A un certo punto, qualcuno lo ha definito "il miglior attore del mondo". A volte, però, sembra troppo accademico; ciononostante, ha tenuto in piedi il cinema italiano d'inizio millennio e continua a farlo: tutto Sorrentino, Gomorra, La ragazza del lago, Il gioiellino, Viva la libertà. Ed è convincente anche come Silvio Berlusconi in Loro, nonostante sia molto più alto: la sola scena della telefonata alla sconosciuta vale l'intera carriera di attoruncoli senza genio e fantasia.




giovedì 27 dicembre 2018

Top 10 Attrici Italiane Preferite - New Era

10 - Valeria Solarino - Morro de Barcelona, 1978 -7
Nata in Venezuela, padre siciliano e madre torinese. Un mito per ogni liceale milanese che nel 2004 abbia amato il cult Fame chimica: il suo nudo frontale non si dimentica. Bellissima e molto brava ne La febbre di Alessandro D'Alatri e in Signorina Effe di Wilma Labate, ed è stata anche la pupa perfetta di Vallanzasca. Sicuramente non sfruttata in pieno, ha partecipato a molte produzioni poco incisive.

9 - Alba Rohrwacher - Firenze, 1979 -4
Una delle attrici tecnicamente più brave d'inizio millennio. Davvero memorabile la sua prova fisica ne La solitudine dei numeri primi, ma si era già fatta apprezzare in Io sono l'amore, Giorni e nuvole, L'uomo che verrà. Ed è anche tra le più eclettiche, perfetta sia in commedie corali come Perfetti sconosciuti che in drammi come Hungry Hearts. Negli ultimi anni, però, ha sbagliato molti film (Vergine giurataFiglia miaTroppa grazia).

8 - Linda Caridi - Milano, 1988 NE
Due soli film mi fanno puntare a occhi chiusi sul futuro di questa giovane attrice: Antonia. di Ferdinando Cito Filomarino, dove interpreta la poetessa Antonia Pozzi negli anni Trenta a Milano; e soprattutto il meraviglioso Ricordi? di Valerio Mieli, visto all'ultima Mostra di Venezia e la cui uscita è prevista per la prossima primavera, una raccolta di frammenti onirici, disarticolati e disomogenei di una storia d'amore. Rubando il cuore nostro e di Luca Marinelli.

7 - Sara Serraiocco - Pescara, 1990 NE
Rivelatasi con Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, mi ha convinto in modo particolare nel ruolo della giovane Testimone di Geova de La ragazza del mondo, combattuta tra rispetto delle regole religiose e istinti ormonali. Ha un viso perfetto per la ragazza semplice di cui è facile innamorarsi: se fossimo in America sarebbe già stata scritturata in diverse commedie sentimentali. Il cinema italiano sarà in grado di sfruttare il suo potenziale? Staremo a vedere.

6 - Matilda De Angelis - Bologna, 1995 NE
Tra le emergenti mi sembra la più lanciata: perfettamente a suo agio nel ruolo da Chloe Grace Moretz imolese nell'entusiasmante Veloce come il vento di Matteo Rovere, ma anche nel videoclip della battutissima Felicità puttana dei Thegiornalisti. In questo momento è il volto che rappresenta meglio la nuova gioventù, ma sarà in grado di maturare e diventare anche una grande attrice? Finora le premesse ci sono tutte.

5 - Matilda Lutz - Milano, 1991 NE
Attenzione, perché Matilda è già proiettata verso Hollywood. Papà americano, ha studiato recitazione a New York e si è subito conquistata il cuore degli amanti dell'horror come "scream girl" di The Ring 3 e come lolita cazzutissima e vendicativa di RevengeL'estate addosso di Muccino e la serie I Medici hanno contribuito a far accrescere la sua popolarità. Il futuro è suo, non penso in Italia.

4 - Ilenia Pastorelli - Roma, 1985 NE
Può diventare "la dea dell'amore" del nostro cinema. Carlo Verdone, che ha un occhio sveglissimo per le attrici giovani e bellissime, lo ha capito subito e l'ha lanciata in Benedetta follia: peccato che il film non fosse un granché. Ma Ilenia sembra essersi già ben inserita ed è talmente bella e coatta che non avrà di sicuro problemi a ritagliarsi uno spazio importante. Di sicuro è molto simpatica. E la vedremo presto in Non ci resta che il crimine e in Brave ragazze.

3 - Miriam Leone - Catania, 1985 NE
Ex Miss Italia, la sua sconfinata bellezza rischia addirittura di limitare le buone capacità recitative. Non c'è dubbio che rispetto agli esordi sia diventata davvero molto brava: la Veronica Castello di 1992 e 1993 è un personaggio cult, ma è nella serie Non uccidere che ha dimostrato di avere talento, grinta e determinazione. Ne Il testimone invisibile ha avuto finalmente un ruolo considerevole anche sul grande schermo.

2 - Isabella Ragonese - Palermo, 1981 =
Bella e bravissima, semplice e autentica, mi ero preso proprio una cotta per lei dopo quel piccolo capolavoro sentimentale di Dieci inverni. Ha mantenuto le promesse, in parte: La sedia della felicità, Il giovane favoloso e Sole cuore amore sono bei film, ma le manca ancora il grande ruolo che riesca a fare breccia nel cuore di un pubblico più vasto. Non può certamente bastare Rocco Schiavone.

1 - Jasmine Trinca - Roma, 1981 =
Sarebbe sufficiente soltanto Miele di Valeria Golino: mai visto in Italia un personaggio femminile così audace e cazzuto, così fico. E lei è fica ma anche meravigliosamente brava: già dai tempi de La stanza del figlio sembrava di un livello superiore. Altri titoli rafforzano il primato indiscusso: Romanzo criminale di Placido, Un giorno devi andare di Diritti. Riesce a salvare dal fallimento persino Fortunata di Castellitto. Mi espongo: è diventata la nostra Kristen Stewart.



Top 10 Attrici Preferite - New Era

10 - Michelle Williams - Kalispell, 1980 =
Ai tempi di Dawson's Creek le preferivo Katie Holmes, oggi mi sembra assurdo. Poi Michelle si è rivelata in tutta la sua bravura e la sua malinconica bellezza. Tra le attrici drammatiche più intense degli ultimi anni: La terra dell'abbondanza, Io non sono qui, Blue Valentine, Take This Waltz, Manchester by the Sea. Dolce, elegante, bellissima: gran classe.

9 - Maggie Gyllenhaal - New York, 1977 NE
La pasionaria, la femminista, l'alternativa. Nessuna più di lei incarna la Hollywood che si batte per le cause buone e giuste. E non è un caso che scelga soltanto ruoli in cui rispecchiarsi in pieno: la pasticciera anarchica di Vero come la finzione mi ha fatto battere il cuore per la prima volta, dopo sono arrivate la prostituta emancipata della serie The Deuce e, di recente, la maestra poetessa di Lontano da qui.

8 - Margot Robbie - Dalby, 1990 NE
Pensavo fosse una Barbie, invece era un'attrice. E che attrice: la parte di Tonya vale l'intera carriera della maggior parte delle colleghe, perché nessuna aveva mai trasmesso con questa forza bellezza esteriore, disperazione sottopelle e abitudine allo squallore. Quentin Tarantino si è già innamorato di lei: sarà Sharon Tate nell'attesissimo Once Upon a Time in Hollywood

7 - Rachel McAdams - London, 1978 -3
Bionda, rossa o bruna, superficiale o nichilista, la amo da impazzire. Il primo a notarla fu il nostro Paolo Virzì per My name is Tanino: onore al merito. Quanti bei film: le commedie Morning Glory e Questione di tempo, Passion di De Palma, Midnight in Paris di Woody, il bollente mélo lesbo Disobedience. Ed è la devastante Ani Bezzerides della seconda stagione di True Detective

6 - Kristen Stewart - Los Angeles, 1990 =
Brava Kristen, dopo Twilight ti avevano già etichettata come una gattamorta inespressiva. E invece, hai fregato tutti: musa magnifica e contemporanea per Olivier Assayas nei capolavori Sils Maria e Personal Shopper, ma mi avevi già fatto esplodere il cuore in Adventureland e in Into the Wild. E pure in On the Road, dai. Anche il buon Woody ti adora: sei la luce del suo Café Society.

5 - Alicia Vikander - Goteborg, 1988 =
Deliziosa svedesina capace di far perdere la testa non soltanto a me ma anche a un certo Michael Fassbender. Il cyborg di Ex Machina non va più via, seducente e diabolico. Predilige il melodramma (The Danish Girl, La luce sugli oceani) ma veste i panni dell'acrobatica Lara Croft molto meglio di Angelina Jolie. Un incanto e al suo attivo ha già un Oscar.

4 - Keira Knightley - Teddington, 1985 -2
Amatissima oppure odiatissima. Io la adoro sconsideratamente da quando era teenager e tirava calci dietro a un pallone in Sognando Beckham. Molto eclettica, passa con disinvoltura dai ruoli in costume di Espiazione, Anna Karenina, Colette a quelli romantici di Love Actually e Tutto può cambiare. Ma è la sua Sabina Spielrein di A Dangerous Method che mi ha fatto perdere il lume della ragione.

3 - Natalie Portman - Gerusalemme, 1981 -2
Avevo quattordici anni e Padmé Amidala mi ha sbattuto in faccia il significato della parola amore, senza concedermi sconti. Per tanto tempo, forse troppo, ho continuato a pagarne le conseguenze. Hanno occupato i miei sogni e le mie fantasie la spogliarellista di Closer, la ribelle di V per Vendetta, la ballerina di Black Swan. Sarai sempre un angelo, ma ora è arrivato il momento di guardarsi altrove.

2 - Marion Cotillard - Parigi, 1975 +1
Una dea. Attrice immensa, vincitrice di un Oscar per La vie en rose, in cui riesce a imbruttirsi in modo considerevole. Come direbbe un caro amico, a different class. Amore autentico, duraturo, incancellabile. Tutti i suoi personaggi sono donne di forti passioni: Nemico pubblico, Inception, Midnight in Paris, Un sapore di ruggine e ossa. L'apoteosi è Due giorni, una notte dei Dardenne.

1 - Emily Blunt - Londra, 1983 NE
Wow. Pensavo che fosse soltanto brava. Poi ho visto Sicario. Poi ho visto Il ritorno di Mary Poppins. Poi mi sono chiesto quale altra attrice possiede la sua vis comica (The Five-Year Engagement), recita in film di fantascienza (Looper, Edge of Tomorrow) o dell'orrore (A Quiet Place), non importa, e riesce a farmi arrivare alla fine de La ragazza del treno. Poi l'ho guardata meglio e ho capito: Emily è il punto magico in cui bellezza e talento s'incontrano rendendo questo mondo un posto migliore.







giovedì 6 dicembre 2018

I Film del 2018 degli Amici e Lettori

Vittoria netta per Dogman di Matteo Garrone, che con 10 segnalazioni diventa il secondo film italiano a essere il più votato dai lettori del blog tre anni dopo Youth di Paolo Sorrentino, il grande sconfitto di quest'anno del derby più cinefilo d'Italia (Loro non ha ricevuto neppure un voto). Le scelte ricadono sempre di più su cineasti raffinati e d'autore: al secondo posto, a pari merito, troviamo Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson e Mektoub, My Love - Canto Uno di Abdel Kechiche, con 7 segnalazioni; al quarto, ecco l'ultimo Leone d'oro Roma di Alfonso Cuaron con 6 segnalazioni; al quinto coabitano il "caso" Sulla mia pelle di Alessio Cremonini e la Palma d'oro Un affare di famiglia di Hirokazu Koreeda, entrambi con 5 preferenze; seguono al settimo e all'ottavo posto due film americani molto poco convenzionali come Tonya di Craig Gillespie (4 voti) e Storia di un fantasma di David Lowery (3 voti). L'isola dei cani di Wes Anderson si ferma a 2 preferenze, mentre il fin troppo celebrato Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino riceve soltanto una segnalazione. Tra gli assenti, anche il vincitore dell'Oscar per miglior film La forma dell'acqua

Alvise Wollner
Il filo nascosto
A Star is Born
Un affare di famiglia

Andrea Sanarelli
Lazzaro felice
Mektoub, My Love - Canto Uno
Dogman

Antonio Morra
First Reformed
Il filo nascosto
Il sacrificio del cervo sacro

Arianna Montanari
Un sogno chiamato Florida
Tonya
Sulla mia pelle

Astrid Ardenti
Un affare di famiglia
Roma
Mektoub, My Love - Canto Uno

Carlo Galbiati
Storia di un fantasma
Tre volti
L'albero dei frutti selvatici

Carlos Menezes
Il filo nascosto
The Post
Roma

Claudio Balboni
Mission: Impossible - Fallout
John McEnroe - In the Realm of Perfection
Dogman

Davide Arata
Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Dogman 
Widows - Eredità criminale

Davide Giordano
Mektoub, My Love - Canto Uno
Avengers: Infinity War
BlacKkKlansman

Fabio Beninati
Mektoub, My Love - Canto Uno
Un affare di famiglia
Sulla mia pelle

Gabriele Zaffarano
Roma
Dogman
Un affare di famiglia

Giovanni Dal Toso
Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Dogman
Sulla mia pelle

Juxhin Myzyri
Tonya
Il filo nascosto
Mektoub, My Love - Canto Uno

Leonardo Strano
L'isola dei cani
Ready Player One
First Man

Linda Pola
Sulla mia pelle
Ella & John
Dogman

Lorenzo Gramatica
Dogman
Annientamento
The Disaster Artist

Luca Recordati
Mektoub, My Love - Canto Uno
The Post
BlacKkKlansman

Marco Dal Toso
Il giovane Karl Marx
Mektoub, My Love - Canto Uno
Sulla mia pelle

Marco Solé
Dogman
Tonya
Il filo nascosto

Marina Forte
Il filo nascosto
Roma 
Dogman

Massimiliano Gavinelli
The Disaster Artist
Tonya
Storia di un fantasma

Mattia De Gasperis
Il sacrificio del cervo sacro
Chiamami col tuo nome
Montparnasse femminile singolare

Mattia Pisano
L'isola dei cani
Il Grinch
Deadpool 2

Melis Rossi
A voce alta - La forza della parola
A Private War
Il filo nascosto

Rebecca Ricci
Lady Bird
Cold War
Hereditary - Le radici del male

Simone Carella
Dogman
Roma
Storia di un fantasma

Tommaso Santambrogio
Cold War
Roma
Un affare di famiglia

10 Dogman
7 Il filo nascosto, Mektoub, My Love - Canto Uno
6 Roma
5 Un affare di famiglia, Sulla mia pelle
4 Tonya
3 Storia di un fantasma
2 BlacKkKlansman, Cold War, The Disaster Artist, L'isola dei cani, The Post, Il sacrificio del cervo sacro, Tre manifesti a Ebbing, Missouri
1 A Star is Born, Lazzaro felice, First Reformed, Un sogno chiamato Florida, Tre volti, L'albero dei frutti selvatici, Mission: Impossible - Fallout, John McEnroe - In the Realm of Perfection, Widows - Eredità criminale, Avengers: Infinity War, Ready Player One, First Man, Ella & John, Annientamento, Il giovane Karl Marx, Chiamami col tuo nome, Montparnasse femminile singolare, Il Grinch, Deadpool 2, A voce alta - La forza della parola, A Private War, Lady Bird, Hereditary - Le radici del male

I FILM DEGLI AMICI E LETTORI DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011 - Melancholia - Lars von Trier
2012 - Moonrise Kingdom - Wes Anderson
2013 - Django Unchained - Quentin Tarantino
2014 - The Wolf of Wall Street - Martin Scorsese
2015 - Youth - Paolo Sorrentino
2016 - Io, Daniel Blake - Ken Loach
2017 - Manchester by the Sea - Kenneth Lonergan
2018 - Dogman - Matteo Garrone





martedì 4 dicembre 2018

Top 20: La Superclassifica del 2018

20 - Tre volti - Jafar Panahi
Lo sguardo acuminato, lucido e brillante, mai didascalico e manicheo, dell'iraniano Panahi verte questa volta sul retroterra rurale e culturale di una galleria di individui ancorata al passato: si alternano incontri talvolta esilaranti, altre volte di sconvolgente intransigenza e oscurantismo. Tra fiction e realtà, un'ironica e struggente testimonianza di una società sottomessa dal potere istituzionale e in cui l'arte e la libera espressione sono osteggiate.

19 - Il vizio della speranza - Edoardo De Angelis
Un'Italia 2018 inimmaginabile, mostrata attraverso un percorso cristologico che eccede ma per questo brucia. De Angelis sceglie lo schiaffo da cui è difficile riprendersi, lungo il fiume dove risuonano le canzoni di Miriam Makeba e Enzo Avitabile tra le colorate e poverissime baracche che accolgono le prostitute vendute e tenute schiave con il voodoo. Meravigliosa Pina Turco. Un film di femmine derelitte e madonne, che fa male, e poi rinasce.

18 - In guerra - Stéphane Brizé
La rabbia di 1100 lavoratori abbandonati all'improvviso da un'azienda che produce profitto ma che per la scarsa competitività sul mercato globale decide di delocalizzare. Non c'è vita oltre la fabbrica: il lavoro invade ogni aspetto dell'esistenza, e Brizé costruisce un film di sola lotta e protesta, serrato come un thriller, che contrappone l'ira e la passione di chi deve sopravvivere ogni giorno all'ipocrisia di chi è ricco e vuole esserlo ancora di più.

17 - Disobedience - Sebastian Lelio
Storia d'amor proibito, perduto e poi ritrovato, che per esistere deve nascondersi dall'ortodossia di un credo e di un'educazione restrittiva e frustrante. Lelio si sofferma sui dettagli dell'irrequietezza delle due magnifiche Rachel Weisz e Rachel McAdams, evidenziandone la frustrazione e il desiderio. E, dopo il bellissimo Una donna fantastica, si conferma come il principale erede di Pedro e del melodramma erotico.

16 - Capri-Revolution - Mario Martone
Tre racconti di formazione paralleli sull'isola di Capri nel 1914, dove gli interrogativi politici e filosofici arricchiscono la mente e lo spirito di tre personaggi alla ricerca di definire il loro posto nel mondo. Un cinema italiano di cui essere orgogliosi, alto e stimolante, che restituisce il valore filmico dei luoghi e dei paesaggi, al di là della sola bellezza estetica ma sottolineando la loro importanza storica ed evocativa. Danza, scienza, misticismo: un'alchimia di dialettica e suggestioni.

15 - Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Martin McDonagh
La tragedia si stempera con la risata, la commozione si nasconde anche dietro personaggi imbastarditi e senzadio, che si affannano per combattere un Male invisibile, ma forse stanno soltanto cercando un po' di speranza e amore. McDonagh è il vero erede dei Coen di una volta, guarda a Fargo ma senza scimmiottarlo e offre a un terzetto d'attori inarrivabile (Harrelson-Rockwell-McDormand) delle maschere memorabili.

14 - Oltre la notte - Fatih Akin
Una mazzata emotiva, che si confronta che la macchia nazista che si è pericolosamente diffusa in alcune zone d'Europa negli ultimi anni. Una potenza di racconto e una capacità di coinvolgimento che capitano sempre più di rado: gran parte del merito è della straordinaria Diane Kruger, madre e moglie addolorata e ferita, che combatte per la giustizia ma è costretta alla vendetta. Un dramma privato secco e politico di cui abbiamo bisogno.

13 - The Disaster Artist - James Franco
La miglior espressione del genio incostante di James Franco, nei panni di Tommy Wiseau, regista pretenzioso e privo di talento, individuo a dir poco misterioso. Un'esilarante opera sul confine sottile che separa successo e insuccesso, bellezza e bruttezza, riflettendo sulla contemporaneità: l'abbattimento delle scale di valore e di merito permette a chiunque di avere le luci della ribalta. Perché il sapore del trash spesso è quello più gustoso.

12 - Storia di un fantasma - David Lowery
Il punto di vista è inedito e folgorante: non di chi elabora il lutto, ma di chi se n'è andato. Con un tono struggente e una calma ipnotica, lo spettro di Casey Affleck è testimone inerte del dolore di Rooney Mara. Un horror dell'anima, che penetra nella paura più viscerale, inconfessabile e autentica: perdere per sempre chi amiamo. E riesce a trasmettere quel senso dell'immortalità che appartiene al mistero del sentimento.

11 - L'isola dei cani - Wes Anderson
La stop motion è il terreno dove l'estro di Wes si esprime al suo meglio: i suoi mondi e le sue ossessioni trovano maggiore compiutezza, recuperando quella malinconia e quel'ironico senso di precarietà esistenziale che caratterizzavano i film di inizio carriera. Questo poi è il suo lavoro più politico: un omaggio commovente all'universo canino, che è anche una dichiarazione d'amore nei confronti di tutte le minoranze e delle differenze linguistiche e culturali.

10 - Sulla mia pelle - Alessio Cremonini
Raggelante e rigorosa messa in scena degli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi, incarnato da un irriconoscibile Alessandro Borghi. Un calvario raccontato soltanto da tutto ciò che è giuridicamente accertato: la visione è scioccante e getta una luce mesta e livida su un Paese assassino, inetto di fronte allo spegnimento graduale di un ragazzo di trentuno anni, morto non per cause naturali mentre era affidato alla responsabilità degli organi di Stato.

9 - Foxtrot - Samuel Maoz
Il trauma della perdita e l'orrore della guerra raccontati attraverso la disperazione di un padre e la vita immobile in un checkpoint sperduto in mezzo al deserto. Il sangue si tramanda di generazione in generazione: un loop inesauribile dove si torna sempre al punto di partenza. Ma l'assurdità della violenza e l'ineluttabilità del fato si possono esorcizzare con la danza e con i racconti goliardici di gioventù. 

8 - BlacKkKlansman - Spike Lee
La storia vera di Ron Stallworth, detective nero che s'infiltra nel Ku Klux Klan fingendo al telefono una voce da bianco, è raccontata con toni da commedia poliziesca, tra il buddy e lo spy movie, ed è infarcita di colori e citazioni, umori e musiche che hanno formato la cultura di Spike. Elegante e leggero, ovviamente politico e attualissimo: i riferimenti ai movimenti populisti di estrema destra non sono puramente casuali. Ad ogni modo, un grande film sul camuffamento.

7 - Opera senza autore - Florian Henckel von Donnersmarck
Il regista de Le vite degli altri torna in Germania per affrontare gli scheletri nell'armadio di una Nazione sopravvissuta agli orrori del nazismo e alle fratture tra comunismo dell'Est e consumismo dell'Ovest, adottando i tumulti del melodramma. Tre ore appassionate che riportano al desiderio del racconto, tra pubblico e privato, e dell'ampio respiro dell'epica. Un'esperienza narrativa in cui specchiarsi nelle vite dei personaggi, ribadendo il significato di socialdemocrazia.

6 - Roma - Alfonso Cuaron
Il film della vita di uno dei registi più eclettici di oggi, un maestoso specchietto retrovisore su una famiglia altoborghese di Città del Messico nel 1970, dove due donne di classi sociali diverse si ritrovano abbandonate e mamme, mentre sullo sfondo si consumano gli omicidi dei militari sui manifestanti dei movimenti studenteschi. Un'opera di estetica magnifica e impareggiabile, tecnica e cuore in sintonia miracolosa. Roots Bloody Roots.

5 - Widows - Steve McQueen
America oggi, quella dove il sogno obamiano di un mondo migliore è inaspettatamente fallito, e dove saranno sempre i soldi, le armi e gli inganni a dettare le regole dei giochi. Un heist movie al femminile infuocato e vendicativo, che reagisce alla disfatta del capitalismo con gli archetipi del noir, quello in cui si ripristina il bene facendo il male, tra l'adrenalina di Michael Mann e l'ironia mortuaria di The Departed. Incredibile cast corale, tra cui spiccano la rabbia e l'orgoglio di Viola Davis e i malaffari di Colin Farrell e Robert Duvall. Sceneggiatura geniale.

4 - Il filo nascosto - Paul Thomas Anderson
L'inafferrabilità e l'invisibilità legano lo stilista Woodcock e la sua musa, moglie e poi carnefice Alma: l'amore non è uno scontro, ma la tessitura di un intreccio che non segue un percorso logico e razionale. Il capovolgimento dei ruoli è continuo e imprevedibile; la forza ipnotica di Paul Thomas Anderson, ormai alla stregua dei più grandi di sempre, non ha eguali nel cinema di oggi. Fondamentale il supporto delle raffinatissime musiche di Jonny Greenwood, tra Nelson Riddle e Bach. Sublime addio al cinema di Daniel Day-Lewis.

3 - Tonya - Craig Gillespie
Lo scandalo sportivo dell'aggressione alla pattinatrice Nancy Kerrigan, che coinvolse la sua diretta rivale Tonya Harding, è lo spunto per un manifesto sull'America più emarginata e povera, senza possibilità di riscatto, nello stesso tempo vittima e colpevole. Semplicemente perfetto: ironico senza diventare grottesco, dolente e impietoso senza diventare patetico. Margot Robbie è suadente e derelitta: nessuna aveva mai trasmesso con questa forza bellezza esteriore, disperazione sottopelle e abitudine allo squallore.

2 - Dogman - Matteo Garrone
Il pugno nello stomaco di Garrone, finalmente. Una sintesi implacabile tra tenerezza e crudeltà, tra romanticismo e cinismo: il destino degli sfortunati è miseria. E lo sguardo è inedito per il cinema italiano, lontano dagli stereotipi e dal sensazionalismo pulp, affettuoso nei confronti del protagonista ma senza concedere alternative di fuga alla sua gabbia esistenziale. Senza epica e retorica, ma partendo da un particolare episodio di cronaca nera di provincia e diventando un ampio panorama sulle condizioni precarie e instabili dell'essere umano. 

1 - Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche
Abbacinante romanzo di educazione estiva ed erotica, inno definitivo alla giovinezza e alla sensualità del corpo femminile, complessa e problematica riflessione sulla contemplazione (e la frustrazione) di chi guarda. Un Kechiche mai così radicale e audace, in equilibrio tra sublime e superficie, tra sacro, profano e dance anni Novanta. Puro cinema inteso come visione sovversiva e liberatoria: un La La Land di corpi in fiore e tensione sessuale, di friccicolii nello stomaco e battiti cardiaci accelerati, che non chiude, ma lascia i puntini di sospensione. Perché dopo qualsiasi esperienza, effimera o dolorosa, la vita va avanti.

MIGLIOR ATTORE: Daniel Day-Lewis

MIGLIOR ATTRICE: Margot Robbie

I BELLISSIMI DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011 - Il cigno nero - Darren Aronofsky
2012 - Un sapore di ruggine e ossa - Jacques Audiard
2013 - The Master - Paul Thomas Anderson
2014 - Boyhood - Richard Linklater
2015 - La scomparsa di Eleanor Rigby: Lei/Lui - Ned Benson
2016 - Frantz - Francois Ozon
2017 - Personal Shopper - Olivier Assayas
2018 - Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche





sabato 1 dicembre 2018

Flop Ten: Le Delusioni del 2018

10 - Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) - Tom Edmunds
Sulla carta, un esordio che potrebbe rientrare nella miglior tradizione della black comedy britannica; a visione terminata, una sceneggiatura con il fiato cortissimo all'insegna di situazioni rocambolesche che si ripetono e annoiano, sfumando l'occasione di un potenziale cult e banalizzando le aspettative di partenza. E la memoria torna malinconicamente a vent'anni fa, quando dalla Gran Bretagna arrivavano per Natale commedie irriverenti e intelligenti come Svegliati Ned L'erba di Grace.

9 - Downsizing - Alexander Payne 
Primo flop d'autore dell'anno, firmato dal regista di Sideways e Nebraska, che non trova l'equilibrio giusto tra farsa e riflessione ambientalista, e finisce per perdersi tristemente per la strada ecumenica del politicamente corretto. Non morde, si rifugia in scelte convenzionali, ma nello stesso tempo i temi sono tanti e troppo pretenziosi per un semplice e divertente intrattenimento. Matt Damon in versione sempre più bolsa e brizzolata non aiuta. 

8 - Soldado - Stefano Sollima
Nonostante gli estimatori di Sollima lo abbiano decretato un cult prima della sua uscita, il sequel di Sicario è l'esempio lampante della lontananza che intercorre tra un regista che riesce a far emergere sottotesti e suggestioni (Denis Villeneuve) e un furbo mestierante: non sempre la mancanza di velleità garantisce una confezione solida e avvincente, e il regista romano si perde tra stereotipi, confusione e ambiguità razziste. Chi scrive, sia chiaro, non ha mai avuto il sospetto che fosse un fenomeno.

7 - Don't Worry - Gus Van Sant
La delusione che fa più male arriva da uno dei cineasti più amati degli ultimi trent'anni, e dall'attore più straordinario del cinema americano contemporaneo: Van Sant precipita nel tono più strappalacrime, paraculo e accomodante, mentre Joaquin Phoenix offre un'interpretazione sopra le righe che sfiora il patetismo. Jonah Hill ha perduto del tutto la carica iconoclasta di Suxbad e The Wolf of Wall Street, adeguandosi a personaggi di hollywoodiana banalità.

6 - Charley Thompson - Andrew Haigh
Dopo un melodramma struggente come 45 anni, l'inglese Haigh prova a rimodellare un immaginario di provincia americana che non gli appartiene, ribadendo la sua estraneità in ogni sequenza. Senza sporcizia e ruvidezza, il suo romanzo di formazione on the road irrita per perbenismo e lentezza, forzando in sensibilità e silenzi pseudo-autoriali la storia de La ballata di Charley Thompson di Willy Vlautin, che avrebbe meritato tutt'altro furore e coinvolgimento.

5 - Solo: A Star Wars Story - Ron Howard
Il peggior film di tutto l'universo di Star Wars. Il difetto maggiore però nasce sin dall'origine: Alden Ehrenreich è privo dell'ironia e del carisma che caratterizzavano il personaggio del primo Harrison Ford. Il suo Han è scialbo e tristemente monoespressivo. Tutto procede senza sorprese, tra battaglie spaziali grigie ed estenuanti e battute infantili che confondono l'irresistibile spacconeria dell'icona di Solo con puerili strizzatine d'occhio al target dei più piccoli.

4 - L'uomo che uccise Don Chisciotte - Terry Gilliam
Spiace davvero, ma la cruda verità è che Terry Gilliam ha terminato il suo percorso con Paura e delirio a Las Vegas. Difficile anche commentare un film così, talmente sgangherato, sfilacciato e senza ritmo da fare un po' di tenerezza, considerati poi gli interminabili travagli produttivi che l'hanno preceduto. Ma sono più di due ore di un nulla autoreferenziale che paiono non terminare mai: un lungo viaggio soporifero senza meta e direzione.

3 - La ballata di Buster Scruggs - Joel ed Ethan Coen
I Coen continuano a rifugiarsi nel citazionismo fine a se stesso, nella pura maniera, nella strizzatina d'occhio, rivolgendosi soltanto a un pubblico selezionato, in grado di cogliere la quantità industriale di riferimenti cinematografici, letterari e biblici. Sei teatrini sterili, indecisi se omaggiare o parodiare il mito della Frontiera e lo spaghetti-western: non c'è più traccia di acuminato nichilismo e disilluso sarcasmo sul mondo, ma soltanto di stanca e meccanica professionalità.

2 - Ore 15:17 - Attacco al treno  - Clint Eastwood
Mai più Clint, mai più. Un film teoricamente interessante ma che risulta di rara bruttezza: la scelta di far interpretare il ruolo dei protagonisti ai veri ragazzi americani che nel 2015 sventarono un attacco terroristico su un treno in viaggio da Amsterdam a Parigi si rivela fallimentare, al di là di ogni previsione. I dialoghi sono agghiaccianti, la retorica militarista e guerrafondaia fa accapponare la pelle. Ogni passaggio del film è un assist per il ridicolo involontario. 

1 - Escobar - Il fascino del male - Fernando Leon de Aranoa
Ma anche la patetica soap opera Tutti lo sanno dell'irriconoscibile Asghar Farhadi (immaginatela in un ipotetico undicesimo posto). La coppia Penélope Cruz & Javier Bardem ha oltrepassato il limite di sopportazione, dentro e fuori dal set: questo scadente biopic su Pablo Escobar arriva molto dopo Narcos e nessuno ne sentiva il bisogno. Entrambi sono clamorosamente fuori ruolo in una pellicola didascalica e televisiva, un gangster movie di seconda mano già pronto per la proiezione nei cinema di parrocchia, nonostante il nome del regista e l'importanza della produzione.

PEGGIOR ATTORE: Javier Bardem

PEGGIOR ATTRICE: Penélope Cruz

I BIDONI D'ORO DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011 - La pelle che abito - Pedro Almodovar
2012 - Le belve - Oliver Stone
2013 - Solo Dio perdona - Nicolas Winding Refn
2014 - 12 anni schiavo - Steve McQueen
2015 - Crimson Peak - Guillermo del Toro
2016 - Revenant - Redivivo - Alejandro G. Inarritu
2017 - Collateral Beauty - David Frankel
2018 - Escobar - Il fascino del male - Fernando Leon de Aranoa





mercoledì 14 novembre 2018

Top 5: Novembre 2018

5 - Summer - Kirill Serebrennikov (voto 7)
Il punk e la controcultura russa anni Ottanta, la tensione emozionale di una generazione ribelle verso il fascino dell'Occidente da consumarsi attraverso il rock, gli album e le canne. E il triangolo sì, lo avevamo considerato. Serebrennikov, regista inviso a Putin, realizza un affresco d'epoca con grande sapienza registica e un po' troppa patina, considerato il furore e l'anticonformismo che vorrebbe raccontare. Ma le trascinanti canzoni e la simpatia complessiva dell'operazione meritano la visione.

4 - Il vizio della speranza - Edoardo De Angelis (voto 8)
Un'Italia 2018 inimmaginabile, mostrata attraverso un percorso cristologico che eccede ma per questo brucia. Dopo Indivisibili, De Angelis sceglie lo schiaffo da cui è difficile riprendersi, lungo il fiume dove risuonano le canzoni di Enzo Avitabile e Miriam Makeba tra le colorate e poverissime baracche che accolgono le prostitute vendute e tenute schiave con il voodoo. Un film di donne, che fa male, e poi rinasce. Meravigliosa Pina Turco. Vincitore dell'ultima Festa del Cinema di Roma.

3 - In guerra - Stéphane Brizé (voto 8)
Tutta la rabbia di 1100 lavoratori abbandonati all'improvviso da un'azienda che produce profitto ma che per la scarsa competitività sul territorio globale decide di "delocalizzare". Non c'è spazio per la vita oltre la fabbrica: il lavoro invade ogni aspetto dell'esistenza, e Brizé costruisce un film di sola lotta e protesta, serrato come un thriller, che contrappone l'ira e la passione di chi deve sopravvivere ogni giorno all'ipocrisia e al garbo di facciata di chi è ricco e vuole esserlo ancora di più.

2 - Disobedience - Sebastian Lelio (voto 8)
Storia d'amor proibito, perduto e poi ritrovato, che per esistere deve nascondersi dall'ortodossia di un credo e di un'educazione restrittiva e frustrante, per la quale attrazione fisica, autonomia femminile e omosessualità sono sinonimi di scandalo. Lelio si sofferma sui dettagli dell'irrequietezza delle due immense protagoniste Rachel Weisz e Rachel McAdams, evidenziandone la frustrazione e il desiderio. E, dopo Una donna fantastica, si conferma come il principale erede di Pedro e del melodramma erotico.

1 - Widows - Eredità criminale - Steve McQueen (voto 9)
America di oggi, quella dove il sogno obamiano di un mondo migliore è inaspettatamente fallito, e dove saranno sempre i soldi, le armi e gli inganni a dettare le regole dei giochi. Un heist movie al femminile infuocato e vendicativo, che reagisce alla disfatta del capitalismo con gli archetipi del noir, quello per cui si ripristina il bene facendo il male, tra l'adrenalina di Michael Mann e l'ironia mortuaria di The Departed. Incredibile cast corale, tra cui spiccano l'orgoglio di Viola Davis, il dolore di Michelle Rodriguez e i malaffari di Robert Duvall e Colin Farrell. Sceneggiatura geniale.



martedì 23 ottobre 2018

Book Corner: Nel fuoco si fanno gli uomini


Il futuro del noir in Italia? Lo abbiamo letto, e si chiama Ivan Brentari. Trent'anni, milanese nato e cresciuto nel quartiere di Corvetto, Ivan ha esordito quest'anno in solitaria nella narrativa con Nel fuoco si fanno gli uomini (ed. Piemme), dopo l'ottimo successo ottenuto con Wu Ming 2 per la raccolta di racconti operai Meccanoscritto. Un romanzo che brucia, e che è testimonianza di un'altra Milano, quella delle periferie e senza Fuorisalone, spesso poco interessante per media e politici, ma perfetta per un grande racconto di genere. Per questo, consigliamo a tutti i lettori del blog di recuperarlo.

Com’è nata l’idea del romanzo e qual è stata la sua gestazione? 

Nel fuoco si fanno gli uomini l’ho scritto sette anni fa, poi l’ho rivisto e cambiato negli anni successivi, fino a quando Piemme ha deciso di pubblicarlo. È la storia dell’omicidio di una prostituta russa che si intreccia con la scomparsa di un sindacalista della Fiom. Alessandro Valtorta – il commissario che indaga sulla vicenda, un ex-eroinomane mezzo delinquente del quartiere Corvetto – diventa una sorta di occhio che scandaglia Milano per com’è oggi. O almeno per come io la vedo oggi. 

Perché hai voluto raccontare una Milano lontana dallo stereotipo e meno celebrata?

Perché la Milano efficiente e da cartolina, quella dei grattacieli di Porta Nuova, mi sta sul cazzo. E poi non la frequento, non mi appartiene. È un’iconografia falsa ad uso e consumo del potere. Un drappo che oscura tutti quei quartieri e quelle realtà più popolari che non rispecchiano il modello. Meglio la Milano di chi si arrangia, di quelli che sbagliano. Lì ci trovi più storie.

Cos’è per te il noir? Mi pare che tu ne abbia una concezione abbastanza rigorosa.

Il giallo dice: per fare il bene devi fare il giusto. Il noir dice: per fare il bene devi fare l’ingiusto. Fino al paradosso: per fare il bene devi fare il male. Nel giallo classico il crimine è il sovvertimento dell’ordine, e la sua soluzione il ripristino dell’ordine. Una visione un po’ borghese, se vuoi. Nel noir non c’è niente da ripristinare, il disordine è la regola. La morale noir è più sfuggente, più contraddittoria, a volte meno condivisibile, ma più vicina alla realtà. Quindi, tornando alla tua domanda, per me il noir è un genere letterario essenzialmente morale che presenta una visione onesta del mondo.

- Ti sei ispirato a qualche scrittore e Valtorta rispecchia un personaggio già esistito?

Valtorta è un personaggio dichiaratamente sopra le righe. Si sente responsabile per la morte del fratello a seguito di un’overdose di ero, e per quella di altre persone a lui care. Nel corso dell’indagine cercherà di regolare vecchi conti in sospeso. È un individuo violento in lotta col proprio passato. In fondo è un uomo perso che cerca un approdo. E forse l’indagine che ha davanti potrà darglielo. Sotto forma di una donna: le donne salvano sempre gli uomini. Sai, è difficile dire “mi sono ispirato chiaramente a questo autore o a quest’altro”. Posso dirti che sono sempre rimasto impressionato da due scrittori, diversissimi fra loro: James Ellroy e Manuel Vázquez Montalbán; il primo per la struttura della trama e la direzione etica delle sue storie, il secondo per la poesia che riusciva a mettere nei personaggi.

Se ho ben capito, a Valtorta dedicherai una trilogia. I prossimi romanzi avranno la stessa struttura? Cambierai i temi affrontati?

Sì, vorrei che Valtorta fosse protagonista di una trilogia. I temi cambieranno e la struttura dei romanzi, via via, diventerà più ampia. Immagino una progressione che passi attraverso tre grandi monoliti: Colpa/Ambizione/Paura.





venerdì 12 ottobre 2018

Top 5: Ottobre 2018

5 - Venom - Ruben Fleischer (voto 7)
Sembra un blockbuster degli anni Novanta? Non ha niente a che vedere con i cinecomics di oggi? Forse proprio per questo è migliore degli altri. Un tono cazzaro e ironico per la genesi di un antieroe, sfiorando riflessioni cronenberghiane più serie del solito (il contagio, il mostro dentro di noi), evitando appesantimenti nello script e sottotrame prolisse. Si fa vedere con piacere divertendo, senza la pretesa di essere un capitolo fondamentale della storia del cinema. 

4 - A Star is Born - Bradley Cooper (voto 7)
Terzo remake di un classico di William A. Wellman del 1937, al servizio del prepotente ingresso di Lady Gaga nello star system hollywoodiano. Funziona tutto, niente da dire, tranne il finale spudoratamente strappalacrime: un prodotto paraculo studiato in ogni minimo dettaglio, ma Bradley Cooper in versione alcolizzata e derelitta è uno spettacolo, le canzoni sono bellissime e le scene dei concerti valgono da sole il prezzo del biglietto.

3 - Il verdetto - Richard Eyre (voto 8)
Dilemmi interiori professionali e sentimentali di un eminente giudice dell'Alta Corte Britannica, che combatte l'estremismo religioso di due genitori contrari alla trasfusione di sangue che potrebbe salvare la vita al loro unico figlio. Tratto da un romanzo di Ian McEwan, l'ottavo film di Richard Eyre, dallo stile rigoroso ed essenziale, è il commovente ritratto di una donna integerrima e sensibile, dal divino distacco e dalla diabolica perspicacia. Emma Thompson è elegante, dolente, superlativa.

2 - BlacKkKlansman - Spike Lee (voto 8)
Bentornato Spike. La storia vera di Ron Stallworth, detective nero che s'infiltra nel Ku Klux Klan fingendo al telefono una voce da bianco, è raccontata con toni da commedia poliziesca, tra il buddy e lo spy movie, ed è infarcita di colori e citazioni, umori e musiche che hanno formato la cultura del cineasta afroamericano. Elegante e leggero, ovviamente politico e attuale: i riferimenti ai movimenti populisti di estrema destra di oggi non sono puramente casuali.

1 - Opera senza autore - Florian Henckel von Donnersmarck (voto 9)
Il regista de Le vite degli altri torna in Germania per affrontare gli scheletri nell'armadio di una Nazione sopravvissuta agli orrori del Nazismo e alle fratture tra comunismo dell'Est e consumismo dell'Ovest, adottando i tumulti del melodramma e del grande romanzo popolare. Tre ore di passione, che riportano al desiderio del racconto, tra pubblico e privato, e dell'ampio respiro dell'epica. Un'esperienza visiva e narrativa in cui specchiarsi nei personaggi, vibrare insieme a loro nel nome dell'arte, ribadendo il significato di socialdemocrazia.




giovedì 13 settembre 2018

Top 5: Settembre 2018

5 - Revenge - Coralie Fargeat (voto 7)
Pazzesca Matilda Lutz: una Lolita che si trasforma in Lara Croft dopo essere stata stuprata, concedendo fisico, sudore, saliva e urina alle trovate perverse di un rape and revenge movie che oggi è celebrato come uno dei manifesti cinematografici del #MeToo, ma forse qualche decennio fa sarebbe stato insultato. I modelli della regista sono Mad Max: Fury Road e l'horror francese di Alexandre Aja: frullateli e avrete un esordio di genere finalmente da evidenziare.

4 - Resta con me - Baltasar Kormakur (voto 7)
Lotta drammatica e disperata tra l'uomo e la natura durata 41 giorni, opera struggente d'amore e di sopravvivenza dove l'antagonista è l'oceano, profondo e infinito, mentre i protagonisti sono i suoi prigionieri dispersi. La vicenda è già nota ma grazie a un'abile alternanza dei piani narrativi non è resa in maniera prevedibile. Bravissima Shailene Woodley, che si conferma la giovane attrice americana dalle sfumature drammatiche più complesse e raffinate.

3 - Lucky - John Carroll Lynch (voto 7)
Il commiato dello splendido Harry Dean Stanton, memorabile faccia wendersiana di Paris, Texas: ci lascia con un dolceamaro elogio della lentezza nel ruolo di un novantenne veterano della Seconda Guerra Mondiale che ama essere solo ma non vuole sentirsi solo, tra esercizi di yoga e Bloody Mary, sorridendo alla vita nonostante la fine sia già scritta per tutti. Un ritratto della provincia americana non nuovo, però divertente, semplice. E quando parte Johnny Cash è facile che scenda la lacrima.

2 - Mission: Impossible - Fallout - Christopher McQuarrie (voto 7)
Siamo arrivati al numero sei, e ciò che sorprende è che la saga non mostra cedimenti: ogni volta che va avanti sembra di trovarsi di fronte all'episodio migliore. Merito delle più adrenaliniche sequenze action di tutti i tempi: questa volta è un assurdo ed entusiasmante inseguimento tra due elicotteri a lasciare senza parole. Che mondo sarebbe senza Tom Cruise: l'unico divo a essere sempre stuntman di se stesso. Nel cinema, e forse anche nella vita di tutti i giorni.

1 - Sulla mia pelle - Alessio Cremonini (voto 8)
Raggelante e rigorosa messa in scena degli ultimi sette giorni vita di Stefano Cucchi, incarnato da un irriconoscibile e incredibile Alessandro Borghi. Un calvario raccontato soltanto da tutto ciò che è giuridicamente accertato: per questo, la visione è scioccante e getta una luce mesta e livida su un Paese assassino, inetto di fronte allo spegnimento graduale di un ragazzo di trentuno anni, morto non per cause naturali mentre è affidato alla responsabilità degli organi di Stato. Un film necessario, che partendo dalla scandalosa tragedia di un singolo arriva a demolire le basi portanti del nostro vivere.



mercoledì 15 agosto 2018

Top 5: Agosto 2018

5 - Shark - Il primo squalo - Jon Turteltaub (voto 7)
Non è un b-movie e non diventerà uno (s)cult come Sharknado, ma è un prodotto divertente dalla brezza anni Novanta per famiglie, diretto dal regista di Cool Runnings e Faccia a faccia: il ruolo ideale per Jason Statham, ex tuffatore, oggi uno dei pochi baluardi difensivi del cinema action. Buon ritmo, molta ironia e un indimenticabile megalodonte, l'antenato preistorico dello squalo bianco: la scena della spiaggia invasa di turisti asiatici cita il capolavoro di Spielberg senza velleità pop.

4 - Ocean's 8 - Gary Ross (voto 7)
Piacciono tutte le protagoniste, in modo particolare: Sandra Bullock, che esce di galera e finge subdolamente di rompere i fili con la sua famiglia di ladri; Helena Bonham Carter, fashion designer che scimmiotta le nevrosi dell'intera categoria; Rihanna, hacker alternativa che sembra uscire da un centro sociale berlinese; Sarah Paulson, mamma rassicurante che cede alla tentazione di un grande colpo gobbo. E infine Anne Hathaway, strepitosa, in versione di vanesia e insopportabile diva.

3 - Estate 1993 - Carla Simon (voto 7)
Esordio autobiografico di una promettente regista catalana: elaborazione del lutto di una bambina di sei anni, costretta a lasciare la luccicante Barcellona per trasferirsi in campagna dagli zii. Il dolore interiore non esplode fino alla disperata liberazione di pianto nell'ultima scena: la sconvolgente presa di consapevolezza di essere rimasti orfani è graduale, e lo sguardo naturalistico permette di approfondire il senso di isolamento della piccola protagonista e il suo percorso interiore.

2 - Una luna chiamata Europa - Kornél Mundruczo (voto 7)
Il regista ungherese del meraviglioso White God perde la misura, abbandonandosi a un'ambizione tanto spropositata quanto sgangherata, quella di realizzare un'opera allegorica definitiva sull'accoglienza, denunciando le barriere culturali e nazionali: il migrante siriano che levita è una trovata fin troppo didascalica e non è sostenuta da una scrittura adeguata. Nonostante tutto, prevale l'idea di un cinema libero dal rigore e sconfinato, audace e che non teme confronti con il presente.

1 - La terra di Dio - Francis Lee (voto 8)
Storia d'amore perduta tra le nebbie della desolante campagna dello Yorkshire, tenera e fisica senza sentimentalismi, dove un giovane contadino semi-alcolizzato scopre il selvaggio e sconosciuto bisogno di una condivisione umana e sessuale con un coetaneo rumeno, che ribalti l'ostile monotonia della brughiera. Un Brokeback Mountain ruvido e senza patina: la potenza del melodramma interiore è una ragione per cui sopravvivere, mettersi in discussione e capovolgere le prospettive.



martedì 10 luglio 2018

Top 5: Luglio 2018

5 - Papillon - Michael Noer (voto 7)
Un remake classico, corretto e privo di sorprese, però ben confezionato e godibile: chi non conosce il film con Steve McQueen e Dustin Hoffman si emozionerà, e forse le nuove generazioni rimarranno affascinate dal respiro di un cinema epico, d'altri tempi. Il merito della riuscita operazione va soprattutto ai bravi Rami Malek e Charlie Hunnam, che non scimmiottano gli illustri predecessori e dimostrano di volersi smarcare del tutto dai rispettivi ruoli di Mr. Robot e Sons of Anarchy.

4 - La terra dell'abbastanza - Damiano e Fabio D'Innocenzo (voto 7)
Un'opera prima che sarebbe piaciuta molto a Pier Paolo Pasolini e Claudio Caligari sulla vita di anime pure impossibilitate a evitare un destino già scritto. Qui non si fanno sconti e gli sguardi disorientati e spaventati dei giovani protagonisti (Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano) feriscono più del caos e della violenza. Un esordio promettente, che racconta una tragedia di periferia con uno sguardo autentico e senza ruffianerie pulp.

3 - Stronger - David Gordon Green (voto 7)
Retorica a stelle e strisce, ma anche analisi della spettacolarizzazione di un dramma privato, attraverso la descrizione di una famiglia bostoniana disperatamente alla ricerca di popolarità. E così, l'unico spiraglio di umanità per Jeff Bauman, rimasto senza gambe dopo l'attentato terroristico alla maratona di Boston, è sempre quello: l'amore, seppur complicato e conflittuale. Cinema americano medio e professionale, rassicurante e senza sbavature: il colpo di fulmine è Tatiana Maslany.

2 - Unsane - Steven Soderbergh (voto 7)
Cineasta fin troppo operoso e discontinuo, Soderbergh questa volta azzecca la metafora di una società dove non si può evitare di condividere ogni dato personale: tra stalking e denunce al sistema ospedaliero americano, trova una sua chiave stilistica nel thriller psicologico con derive horror, filtrato dallo sperimentale utilizzo dell'iPhone al posto della macchina da presa. Qualche incongruenza e un po' di confusione nel finale, ma è uno dei suoi lavori più stimolanti.

1 - Tully - Jason Reitman (voto 8)
Il regista di Tra le nuvole e Young Adult torna ai toni della commedia umana e beffarda, e ritrova quella lieve amarezza che manca sempre di più al cinema di oggi: questo ritratto di mamma già al di là di una crisi di nervi è gentile e crudele, affettuoso e impietoso, ed è un altro intelligente tassello di una filmografia rara, dedicata agli ostacoli quotidiani della vita. Anche grassa e stravolta, Charlize Theron riesce a essere meravigliosa: i duetti con Mackenzie Davis sono teneri e fiammeggianti.



mercoledì 6 giugno 2018

Top Ten: Classifica Primo Semestre 2018

10 - Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Martin McDonagh
In un paesino del Missouri razzista e indifferente, la tragedia si stempera all'improvviso con la risata, così come la commozione si nasconde anche dietro personaggi imbastarditi e senzadio, che si affannano per combattere un Male invisibile, ma forse sono soltanto alla ricerca di speranza e amore. McDonagh è il vero erede dei fratelli Coen, guarda a Fargo ma senza scimmiottarlo e offre a un terzetto d'attori inarrivabile (Rockwell, Harrelson, McDormand) delle maschere memorabili.

9 - Oltre la notte - Fatih Akin
Dramma secco e politico, il genere che è più congeniale ad Akin: una mazzata emotiva, che si confronta con la macchia nazista che si sta pericolosamente diffondendo in alcune zone d'Europa. Una potenza di racconto e una capacità di coinvolgimento che capitano sempre di più rado: gran parte del merito è della straordinaria Diane Kruger, premiata al Festival di Cannes, madre e moglie addolorata e ferita, in cerca di giustizia e costretta alla vendetta.

8 - The Disaster Artist - James Franco
La miglior espressione del genio irrefrenabile e disordinato di James Franco, nei panni di Tommy Wiseau, regista pretenzioso e privo di talento, individuo a dir poco misterioso. Un'esilarante e intelligente opera sul confine sottile che separa successo e insuccesso, bellezza e bruttezza, riflettendo sulla contemporaneità: l'abbattimento delle scale di merito e di valore, che permette a chiunque di avere le luci della ribalta. Perché il sapore del trash spesso è quello più gustoso.

7 - Storia di un fantasma - David Lowery
Distribuito direttamente in home video, ma destinato a diventare un cult. Il punto di vista è inedito e folgorante: non di chi elabora il lutto, ma di chi se n'è andato. Con un tono struggente e una calma ipnotica, lo spettro di Casey Affleck è testimone inerte del dolore di Rooney Mara. E attende. Un horror dell'anima, che penetra nella paura più autentica: perdere chi amiamo. Riuscendo però a trasmettere quel senso dell'immortalità che appartiene al mistero del sentimento.

6 - L'isola dei cani - Wes Anderson
Ormai la stop motion è il terreno dove l'estro di Wes può essere meglio valorizzato: i suoi mondi e la sua ossessione per i dettagli trovano maggiore compiutezza, recuperando quella poesia malinconica e quell'ironica precarietà esistenziale che lo caratterizzavano a inizio carriera. Ed è il suo lavoro più politico: un omaggio commovente al mondo canino, che è anche una dichiarazione d'amore nei confronti di tutte le minoranze e delle differenze linguistiche e culturali.

5 - Foxtrot - Samuel Maoz
Il trauma della perdita e l'orrore della guerra raccontati attraverso la disperazione di un padre e la vita immobile in un checkpoint sperduto in mezzo al deserto. Il sangue si tramanda di generazione in generazione: un loop inesauribile dove si torna sempre al punto di partenza. Ma l'assurdità della violenza e l'ineluttabilità del fato si possono esorcizzare con la danza e con i racconti goliardici di gioventù. Meritato Gran Premio alla Mostra di Venezia, scandalosamente dimenticato agli Oscar.

4 - Il filo nascosto - Paul Thomas Anderson
Il più sottile e raffinato lavoro di PTA, che riconosce i limiti della Settima Arte di poter spiegare e rappresentare le dinamiche relazionali e la complessità degli esseri umani. L'inafferrabilità e l'invisibilità legano legano lo stilista Woodcock e la sua musa, vittima, moglie e poi carnefice Alma: l'amore non è uno scontro, ma la tessitura di un intreccio che non segue un percorso logico e razionale. Il capovolgimento dei ruoli è continuo e imprevedibile; la forza ipnotica del regista, ormai alla stregua dei più grandi di sempre, non ha eguali nel cinema di oggi.

3 - Tonya - Craig Gillespie
Lo scandalo sportivo dell'aggressione alla pattinatrice Nancy Kerrigan, che coinvolse la sua diretta rivale Tonya Harding, è lo spunto per un manifesto sull'America più emarginata e povera, in cerca di identità e senza possibilità di riscatto, nello stesso tempo vittima e colpevole. Un film semplicemente perfetto: ironico senza diventare grottesco, dolente e impietoso senza diventare patetico. Margot Robbie era da Oscar: nessuna aveva mai trasmesso con questa forza bellezza esteriore, disperazione sottopelle e abitudine allo squallore. La sorpresa dell'anno.

2 - Dogman - Matteo Garrone
Il pugno nello stomaco di Garrone, finalmente. Una sintesi implacabile tra tenerezza e crudeltà, tra romanticismo e cinismo: il destino degli sfortunati è la miseria. E lo sguardo è assolutamente inedito per il cinema italiano, lontano dagli stereotipi del neorealismo e dal sensazionalismo pulp, affettuoso nei confronti del meraviglioso protagonista (Marcello Fonte, premiato con merito al Festival di Cannes) ma senza concedere alternative di fuga alla sua gabbia esistenziale. Senza epica, ma con il respiro ampio di un racconto che parte dal particolare per farsi popolare e universale.

1 - Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche
Abbacinante romanzo di educazione estiva ed erotica, inno definitivo alla giovinezza e alla sensualità del corpo femminile, complessa e problematica riflessione sulla contemplazione (e la frustrazione) di chi guarda. Un Kechiche mai così radicale e audace, in miracoloso equilibrio tra sublime e superficiale, tra sacro, profano e dance anni Novanta. Puro cinema inteso come visione sovversiva e liberatoria, e come testimonianza: un La La Land di corpi in fiore e tensione sessuale, di friccicolii nello stomaco e battiti cardiaci accelerati, che non chiude, ma lascia i puntini di sospensione. Perché dopo qualsiasi esperienza, effimera o dolorosa, la vita va avanti.



giovedì 10 maggio 2018

Top 5: Maggio 2018

5 - Si muore tutti democristiani - Il Terzo Segreto di Satira (voto 7)
Un esordio come vorremmo vederne di più oggi: mai pretenzioso, eppure con il coraggio giusto, sacrosanto, di raccontare un Paese in difficoltà morale e materiale, contraddittorio, dove gli ideali non hanno più senso e per fare carriera è necessario far finta di nulla. Una commedia contemporanea, dolceamara, che ha il pregio raro di affrontare il tema del lavoro senza banalità e qualunquismo. Si ride, ma neppure troppo: il miglior esempio di ironia YouTube adattato al cinema. Bravi.

4 - Loro 1 e Loro 2 - Paolo Sorrentino (voto 7)
Un film spaccato in due, che alterna passaggi di grandeur sorrentiniana ad allegorie sconcertanti. Criticata, ma la prima ora di miraggio berlusconiano, tra droghe e festini, è la più interessante: tra The Wolf of Wall Street e Spring Breakers, Silvio è fuoricampo ma sempre presente (ottimo Scamarcio). Quando la maschera indossata da Servillo si prende la scena fagocita tutto e, seppur divertente, l'operazione diventa fine a se stessa, sgonfiandosi nella seconda parte e perdendo guizzi e mordente.

3 - Storia di un fantasma - David Lowery (voto 8)
Distribuito direttamente in home video, ma destinato a diventare un cult di questi anni. Il punto di vista è inedito e folgorante: non di chi elabora il lutto, ma di chi se n'è andato. Con un tono struggente e una calma ipnotica, lo spettro di Casey Affleck è testimone inerte del dolore di Rooney Mara e attende. Un horror dell'anima, capace di penetrare nella paura più autentica: perdere chi amiamo. Riuscendo però a trasmettere quel senso di immortalità che appartiene al mistero del sentimento.

2 - L'isola dei cani - Wes Anderson (voto 8)
Ormai la stop motion è il terreno dove il genio di Wes può essere meglio valorizzato: i suoi mondi e i loro dettagli trovano maggiore compiutezza e recuperano quella poesia malinconica e quell'ironica precarietà esistenziale dei film migliori, a inizio carriera. Questo, inoltre, è il suo lavoro più politico: un omaggio commovente al mondo canino, che è anche una dichiarazione di amore nei confronti dei deboli e di tutte le minoranze, in un Giappone distopico che assomiglia molto all'America di Trump.

1 - Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche (voto 10)
Meraviglioso romanzo di educazione estiva ed erotica, inno definitivo alla giovinezza e alla sensualità del corpo femminile, complessa e problematica riflessione sulla contemplazione (e la frustrazione) di chi guarda. Un Kechiche mai così radicale e audace, in miracoloso equilibrio tra sublime e superficiale, tra sacro, profano e dance anni Novanta. Puro cinema inteso come sguardo sovversivo e liberatorio: un La La Land di corpi in fiore e tensione sessuale, di friccicolii nello stomaco e battiti cardiaci accelerati, che non chiude, ma lascia i puntini di sospensione. Perché dopo qualsiasi esperienza, effimera o dolorosa, la vita va avanti. 



sabato 7 aprile 2018

Top 5: Aprile 2018

5 - Molly's Game - Aaron Sorkin (voto 7)
Esordio dietro la macchina da presa del grande sceneggiatore di The Social Network e Steve Jobs: le aspettative non si smentiscono. Perché il ritmo è incalzante, i dialoghi sono brillanti e cinici, la storia è un potente ritratto di America che si destreggia tra il limite della legalità e l'apologia del successo. Peccato però che si senta la mancanza di uno sguardo autoriale che sfugga da alcune scelte convenzionali. Brava come sempre Jessica Chastain.

4 - L'amore secondo Isabelle - Claire Denis (voto 7)
La travagliata vita sentimentale di una bella pittrice cinquantenne (la grande Juliette Binoche), in confusione emotiva e alla ricerca di un amore definitivo. Una pellicola radical-chic per signore? Senza dubbio, ma l'eleganza formale e l'attenzione alla caratterizzazione di tutti i personaggi non sono da trascurare: il girotondo di maschi che entrano ed escono di scena visti da un occhio femminile sincero e passionale meritano l'attenzione di chiunque.

3 - La casa sul mare - Robert Guédiguian (voto 7)
Il manifesto di Guédiguian, tra impegno politico, malinconia, gesti di solidarietà ancora presenti in un mondo cattivo e ingiusto dove è sempre più complicato essere buoni e giusti. Un cinema limpido e coerente, sincero: quasi due ore in cui si assaporano esistenze molto simili alle nostre, in bilico tra affetti speciali e ideali perduti, avvalendosi di dialoghi memorabili e della splendida location marsigliese della calanque de Méjean, luogo dell'anima del regista francese.

2 - I segreti di Wind River - Taylor Sheridan (voto 8)
Un western contemporaneo che riflette su un pezzo di Stati Uniti senza speranza, dove l'unico tipo di liberazione possibile è di natura animalesca. La statura è quella del classico eastwoodiano, in grado di lasciare attoniti e commossi: al centro, un dolore privato che arriva alla consapevolezza di una sconfitta umana che riguarda ogni miraggio di convivenza e accettazione. Jeremy Renner mai così ruvido, Elizabeth Olsen coraggiosa e indifesa investigatrice alle prese con un mondo di lupi.

1 - Il giovane Karl Marx - Raoul Peck (voto 8)
Non c'è felicità senza rivolta. Ma anche oggi l'uomo che non ha niente è niente. Finalmente un degno film sull'elaborazione di quel pensiero che ha contaminato l'Europa a metà Ottocento portando allo scontro borghesia e proletariato. E poi godibili e umanissimi momenti di bromance comedy: perché dietro a Karl Marx e Freddy Engels c'erano due ragazzi, amanti del bere e delle donne, legati da una commovente unione intellettuale e rivoluzionaria. Per fortuna, qualcuno era comunista.



venerdì 9 marzo 2018

Top 5: Marzo 2018

5 - All These Sleepless Nights - Michal Marczak (voto 7)
Uno dei nuovi manifesti della nicchia techno-minimal, forse il documento più sincero e crudo insieme a Eden di Mia Hansen-Love. Le scorribande di due ventenni per la Varsavia dei rave, tra notti e albe, fuochi d'artificio e solitudine. Una lente d'ingrandimento su quella parentesi dalla vita reale che chiunque di noi può aver trascorso, quando conta soltanto ballare incessantemente e non pensare, e tutto ciò che è passato o futuro sembra non avere importanza.

4 - Dark Night - Tim Sutton (voto 8)
La giornata di alcuni sconosciuti precedente al massacro di Aurora in Colorado del 2012, poco prima della proiezione del film Il cavaliere oscuro - Il ritorno. Uno stile minimalista e "vansantiano" che si insinua a poco a poco sottopelle, ci fa immergere nell'oscenità quotidiana di una Nazione che non è in grado di fare i conti con il vuoto pneumatico dell'esistenza dei suoi abitanti, ovvero individui che conoscono soltanto il linguaggio dell'(auto)distruzione per poter avere le luci della ribalta.

3 - Oltre la notte - Fatih Akin (voto 8)
Ritorno del regista turco-tedesco al dramma secco e politico, il genere che più gli è congeniale: una mazzata emotiva, che si confronta con la macchia nazista che si sta pericolosamente diffondendo in alcune zone d'Europa. Diviso in tre atti, non privo di singole ingenuità, ma con una potenza generale di racconto che capita sempre più di rado: gran parte del merito è della straordinaria prova di Diane Kruger, premiata a Cannes, donna addolorata e ferita, in cerca di giustizia e costretta alla vendetta.

2 - Foxtrot - Samuel Maoz (voto 9)
Il trauma della perdita e l'orrore della guerra raccontati attraverso la disperazione di un padre e la vita immobile in un checkpoint perduto in mezzo al deserto. Il sangue si tramanda di generazione in generazione in un loop dove si torna sempre al punto di partenza. Ma per l'israeliano Maoz, l'assurdità della violenza e l'ineluttabilità del fato si possono esorcizzare con la danza e con i racconti di gioventù. Meritato Gran Premio alla Mostra di Venezia, dimenticato agli Oscar.

1 - Tonya - Craig Gillespie (voto 10)
La più grande sorpresa del cinema americano degli ultimi anni. Lo scandalo sportivo dell'aggressione alla pattinatrice Nancy Kerrigan, che coinvolse la sua diretta rivale Tonya Harding, è lo spunto per una riflessione sull'America più emarginata e povera, in cerca di identità e senza possibilità di riscatto, nello stesso tempo vittima e colpevole. Un film semplicemente perfetto: il tono è ironico senza diventare grottesco, dolente e impietoso senza diventare patetico. La ricreazione dei primi anni Novanta, tra musiche e costumi, è impeccabile. Margot Robbie era da Oscar: nessuna come lei trasmette così bene bellezza, disperazione e squallore.



sabato 24 febbraio 2018

Oscar 2018: Pronosticoni

MIGLIOR FILM

Emiliano Dal Toso: la sfida è tra La forma dell'acqua e Tre manifesti a Ebbing, Missouri. Mi sembra molto aperta, darei un 50 per cento a ciascuno. Tra i due, però, preferisco decisamente il film di Martin McDonagh, quindi dico Tre manifesti a Ebbing, Missouri.

Massimiliano Gavinelli:
Tre manifesti a Ebbing, Missouri è l'unico candidato che non cerca di estremizzare la forma a discapito del contenuto e sarà l'umore dei giurati a decidere se ciò sia un bene oppure un male. Opto per la seconda opzione e dico La forma dell'acqua, insidiato da Dunkirk che tuttavia dovrebbe prendersi qualche soddisfazione in ambito tecnico.

MIGLIOR REGIA

E.D.T.: chi la meriterebbe? Paul Thomas Anderson, che ne Il filo nascosto dà una lezione di regia sofisticata, elegante, sempre funzionale al contenuto. Chi è il più bravo? Christopher Nolan, che in Dunkirk realizza un prodigio tecnico. Chi vincerà? Guillermo del Toro, perché la sensazione è che Hollywood sia rimasta fin troppo incantata dai trucchi de La forma dell'acqua.

M.G.: si sfidano la cura maniacale del dettaglio di Paul Thomas Anderson, la direzione puntuale degli attori di del Toro e la maestosa invasività corale di Nolan. Tre registi formidabili e tutti meritevoli. Secondo me vincerà Christopher Nolan per Dunkirk.

MIGLIOR ATTORE

E.D.T.: la verità è che Daniel Day-Lewis meriterebbe di portarsi a casa il quarto Oscar. Ne Il filo nascosto è impressionante. Sarebbe un'uscita di scena da fuoriclasse assoluto, come un calciatore che vince un Mondiale e poi decide di ritirarsi. Ma noi speriamo che Daniel ci ripensi: e allora, potrebbe essere l'anno di Gary Oldman che ne L'ora più buia è un Winston Churchill altrettanto incredibile.

M.G.: vincerà Gary Oldman grazie alla sua interessante opera di immedesimazione e trasformazione, nonostante a mio avviso lo meritino l'espressività, la puntualità e l'innata capacità di esprimere il mondo con una smorfia di Daniel Day-Lewis.

MIGLIOR ATTRICE

E.D.T.: si ripropone la gara tra La forma dell'acqua e Tre manifesti: Sally Hawkins contro Frances McDormand. Dovrebbe vincere quest'ultima, premiata finora un po' dappertutto. Il mio cuore però batte fortissimo per Margot Robbie in Tonya: semplicemente immensa. Mi sembrano più staccate Saoirse Ronan e Meryl Streep.

M.G.: non dovrebbe esserci gara, Frances McDormand è favorita ed è giusto che vinca. Attenzione a Sally Hawkins, estremamente brava e potente nel suo assordante silenzio. Poche chance per la Robbie nonostante lo spessore dato alla sua Tonya. Saprà rifarsi in futuro.

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

E.D.T.: la categoria in cui mi sento di espormi maggiormente, perché tifo dichiaratamente per Sam Rockwell e sono convinto che riuscirà a portarsi a casa la statuetta. Il suo Dixon è uno di quei personaggi per cui amiamo il cinema. Al limite del patetico la presenza in cinquina di Christopher Plummer per Tutti i soldi del mondo, che ha sostituito in extremis il bandito Kevin Spacey.

M.G.: Sam Rockwell merita la vittoria. Il suo personaggio è uno dei più indelebili dell'anno, fortemente empatico e a tratti poetico. L'unico che potrebbe fargli le scarpe è il suo compagno di set Woody Harrelson. Intensità batte anzianità: vince Sam Rockwell.

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA

E.D.T.: forse la categoria più equilibrata, non mi sento di escludere nessuna candidata. Le più brave sono Allison Janney per Tonya e Lesley Manville per Il filo nascosto. Qui però potrebbe farsi sentire la quota black: corsa al fotofinish tra Octavia Spencer e la sorpresa Mary J. Blige? La Spencer però lo ha già vinto, e allora rischio la Blige per Mudbound.

M.G.: bel duello in questa categoria tra due ruoli di donne forti grazie alle proprie debolezze e deboli grazie alle proprie forze, al limite costante di un autocontrollo necessario e irrinunciabile: le bravissime Allison Janney di Tonya e Lesley Manville de Il filo nascosto. Tifo per la prima, ma vincerà la seconda.

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE

E.D.T.:
per simpatia e amore nei confronti del film mi verrebbe da dire The Big Sick. Più razionalmente dico Tre manifesti a Ebbing, Missouri, già vincitore alla Mostra di Venezia.

M.G.: meriterebbe la statuetta The Big Sick, per brillantezza e freschezza dello script. Può vincere La forma dell'acqua, una storia tutt'altro che nuova per quanto ben scritta, ma sono convinto che alla fine vincerà Tre manifesti a Ebbing, Missouri e ne sarò felice.

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

E.D.T.: meriterebbe la rocambolesca, geniale, inquietante storia del fallimento di successo di The Room al centro di The Disaster Artist. Qui però i fan di Chiamami col tuo nome potrebbero esultare: attenzione però, perché l'Oscar va a James Ivory e non a Luca Guadagnino.

M.G.: vincerà meritatamente Chiamami col tuo nome. Occhio soltanto alla possibile sorpresa Mudbound.

MIGLIOR FOTOGRAFIA

E.D.T.: voto Dunkirk, per distacco.

M.G.: il prontuario di illuminotecnica di Dan Laustsen (La forma dell'acqua) batterà la sostanza visiva di Hoyte Van Hoytema (che in generale resta secondo me il più bravo dei due). Molto indietro il Maestro Roger Deakins (Blade Runner 2049), la cui improbabile e - per una volta - immeritata vittoria non sarebbe tuttavia una sorpresa.

MIGLIOR MONTAGGIO

E.D.T.: Dunkirk, non ci sono dubbi.

M.G.: Dunkirk stramerita la statuetta. Non dovrebbe avere rivali e se ce li dovesse avere (unico rivale, anche qui, La forma dell'acqua) sarebbe un vero e proprio furto.

MIGLIOR FILM STRANIERO

E.D.T.: una cinquina che delizia i palati più cinefili. I miei preferiti sono L'insulto e Una donna fantastica. Ho amato anche Loveless, seppur non penso sia il capolavoro di Zvyagintsev. Il mio timore è che possa vincere il sopravvalutato The Square, già Palma d'oro a Cannes.

M.G.: L'insulto è straordinario e deve vincere. Non vedo alternative.