mercoledì 27 luglio 2016

Consigli per Netflix: 10 Serie da non perdere

Bloodline - Glenn Kessler, Todd A. Kessler, Daniel Zelman
Un grande, dolente, romanzo americano, dai tempi più dilatati rispetto a molte serie, interessato soprattutto alle psicologie dei personaggi, ai loro demoni interiori. Sangue inteso come legame famigliare, ma anche come inevitabile conseguenza del Fato: rimorsi, rancori, sensi di colpa che arricchiscono ogni episodio di una tensione costante, destinata a esplodere. Sullo sfondo, il paradiso (perduto) delle Florida Keys. Memorabili Ben Mendelsohn e Linda Cardellini. Voto 9

Flaked - Will Arnett
Una comedy dalle sfumature drammatiche scritta su di sé da Will Arnett, simpatico cialtrone ex alcolizzato che cerca di avere una seconda possibilità dalla vita elargendo consigli per Venice Beach a individui in difficoltà esistenziale. Si ride, si sogna la California e si riflette sugli ingannevoli percorsi dei rapporti d'amicizia: niente di indimenticabile, ma, senza accorgersene, si finisce per voler bene a tutti i personaggi. Voto 7

Freaks and Geeks - Paul Feig, Judd Apatow
Eroico recupero di Netflix, che rilancia la prima e unica stagione della serie cult del 1999, ignorata all'epoca e mitizzata con il tempo, dopo l'esplosione della bromantic comedy: ci sono Jason Segel, James Franco e Seth Rogen poco meno che ventenni negli anni Ottanta, e molto altro. Diciotto episodi irresistibili, esilaranti e agrodolci che forse erano la risposta più realistica agli adolescenti di Dawson's Creek. Un punto cruciale per l'evoluzione della comicità made in Usa del nuovo millennio. Voto 9

Love - Judd Apatow
Tenera, credibile analisi di una costruzione di un amore un po' goffo e improbabile nell'era digitale. La bella Gillian Jacobs è una tipica trentenne di oggi, sfrontata e grezza, mentre Paul Rust uno sfigato vecchio stampo, sensibile e imbranato, che finisce per essere cool, come tutti gli eroi della commedia di Judd Apatow, nella loro versione più romantica possibile: sono sempre le incomprensioni e le piccolezze a rendere le cose preziose. Voto 8

Marseille - Florent Siri
Colpi bassi e vendette nella corsa per la poltrona a sindaco di Marsiglia tra Gérard Depardieu e Benoit Magimel, prima alleati e poi avversari interessati più ad affossarsi che a vincere. Un crime politico serrato e avvincente, tragico e shakespeariano, che descrive una Francia spaccata in due e particolarmente spaesata, governata da una classe politica corrotta e avvelenata. Sesso, droga, violenza, Islam: un calderone fin troppo pieno ma senza dubbio godibile. Voto 8

Master of None - Aziz Ansari
Le confessioni di Aziz Ansari, trentenne americano medio di origini indiane, newyorchese interessato a tutto ma che non eccelle in niente: un attore mediamente bravo, un amico mediamente affidabile, un figlio e un fidanzato mediamente amorevole. E per questa medietà, per questo disincanto di fondo, la serie è uno dei manifesti generazionali più convincenti di oggi. Seppur con diversi slanci di poesia: il sesto episodio chiamato Nashville sembra Frank Capra. Voto 8

Narcos - Carlo Bernard, Chris Brancato, Doug Miro
Un capolavoro assoluto, dopo True Detective un altro esempio di grande cinema a tutti gli effetti, un film di dieci ore che assomiglia al miglior Michael Mann o al miglior Martin Scorsese. Wagner Moura è Pablo Escobar, mito, icona, leggenda, narcotrafficante: una caccia all'uomo descritta come un'ossessione e, nello stesso tempo, l'analisi di una scollatura sempre più netta tra il popolo e le istituzioni. Impeccabile nella ricostruzione, rigoroso nell'utilizzo di documenti d'archivio alternato a scene d'azione dal ritmo infernale: una produzione entusiasmante. Voto 10

Peaky Blinders - Steven Knight
L'Inghilterra degli anni Venti - violenta e violentata dall'orrore della prima guerra mondiale, perennemente in conflitto con l'IRA, e costantemente scossa dai tumulti di anarchici e comunisti - dal punto di vista di una famiglia criminale, guidata dall'intelligenza e dalla scaltrezza del leader Thomas Shelby (Cillian Murphy, nel ruolo che vale una carriera). Ma anche i più duri cedono alle tentazioni d'amore. Un mood umido, sporco, alcolico, supportato da una colonna sonora portentosa. Grande serie. Voto 9

Stranger Things - The Duffer Brothers
Chi è all'allergico all'universo degli anni Ottanta ne stia lontano: è la serie con il maggior numero di rimandi, omaggi e citazioni che sia mai stata realizzata. I Goonies, E.T., Incontri ravvicinati, Stand By Me, Donnie Darko, Twin Peaks, Super 8, War Games, addirittura Under the Skin: frullateli e otterrete Stranger Things. Ma dopo il sospetto di programmaticità dei primi episodi, l'emozione e la commozione prendono il largo: in fondo, è un altro struggente romanzo di formazione, che si focalizza sul momento in cui amore e morte entrano con prepotenza nelle nostre vite. Voto 9

Wet Hot American Summer: First Day of Camp - Michael Showalter, David Wain
Una pura idiozia con alcuni passaggi di totale genio, altri di completo imbarazzo: in pratica, è il sequel di un film demenziale del 2001 sulla vita di un campeggio estivo. La trovata non-sense è che gli attori di allora, invecchiati (male) di quindici anni, sono gli stessi di oggi e recitano insieme ad adolescenti fingendo di essere loro coetanei. Un trionfo di hippie-freak-debosciati, che spesso non ha neppure una direzione ma riesce comunque a far scatenare qualche risata. Imperdibili i due episodi con Michael Cera nei panni dell'avvocato Johnny Piscione. Voto 7




domenica 24 luglio 2016

Chi l'ha visto? Top 5: Gli Inediti 2015-2016

5 - Lamb - Ross Partridge 
Può un uomo di mezza età stringere una forte relazione d'amicizia e complicità con una ragazzina di undici anni senza essere sospettato di pedofilia? Questa è la domanda che si pone il regista e attore Ross Partridge, e la risposta è un road movie provocatorio ma sensibile, tenero, a tratti poetico. Merito anche della bravissima protagonista Oona Laurence. Visto al Torino Film Festival 2015.

4 - Taj Mahal - Nicolas Saada
Stacy Martin, dopo la giovane Joe di Nymphomaniac, è una ragazza francese di buona famiglia intrappolata in una stanza del Taj Mahal Palace Hotel a Mumbai durante l'attacco terroristico del novembre del 2008. Teso, avvincente thriller nello stile realistico di Paul Greengrass. Uscito soltanto in Francia poche settimane dopo la strage al Bataclan, merita di essere recuperato. Visto alla Mostra di Venezia 2015.

3 - Right Now, Wrong Then - Hong Sang-soo
Pardo d'oro al Festival di Locarno del 2015, è un gioco narrativo di straordinaria intelligenza e ironia, dove la stessa storia viene raccontata due volte in maniera diversa, cambiando dettagli, carattere dei personaggi e colori emotivi. Non un semplice esercizio di stile, ma la prova di una capacità di cogliere sfumature e temperature dell'anima con rara sensibilità. 

2 - The Ecstasy of Wilko Johnson - Julien Temple
La storia unica e incredibile di Wilko Johnson, ex chitarrista dei Dr. Feelgood, a cui viene diagnosticato un cancro incurabile: lui reagisce andando in tour per un'ultima volta. Perché vivere aiuta a non morire. I puzzle musicali di Julien Temple sono tra i punti più alti del cinema contemporaneo: un frullato di citazioni ed entusiasmante storytelling, debordante di punk e anticonformismo. Visto al Torino Film Festival 2015.

1 - Love - Gaspar Noé
Non è un porno, ma un altro tentativo di un poeta nichilista come Gaspar Noé di superare i limiti della Settima Arte, di andare oltre, riprendendo corpi che si masturbano e scopano: una visione soffocante e meravigliosa, recitata da attori che non sono professionisti del settore e concedono carne e fiato, passione e paranoia, droghe, gelosia e autodistruzione. Un altro trip ipnotico, dopo Enter the Void. Un'altra dichiarazione d'amore per la libertà d'espressione.

GLI INEDITI DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'

2011 Thirst - Park Chan-wook
2012 Take This Waltz - Sarah Polley

2013 Starlet - Sean Baker
2014 The Spectacular Now - James Ponsoldt
2015 Enemy - Denis Villeneuve
2016 Love - Gaspar Noé



venerdì 8 luglio 2016

Top 5: Luglio 2016

5 - Cattivi vicini 2 - Nicholas Stoller (voto 7)
Ancor più caotico e anarchico del suo predecessore, questo sequel è un puro trionfo di risate slapstick, per merito soprattutto di quel magnifico corpo comico che è Seth Rogen, in grado di sopperire alla mancanza di battute con una fisicità dirompente. La variazione femminile sul tema della confraternita è indovinata e non deluderà gli amanti del genere. 

4 - Tokyo Love Hotel - Hiroki Ryuichi (voto 7)
Solitudini e anime perse che si ritrovano nell'Atlas, albergo dell'amore di Kabukicho, quartiere a luci rosse di Tokyo: prostitute, troupe di film porno, amanti clandestini e adolescenti in fiore. Ma non c'è sensazionalismo né moralismo, soltanto tanto affetto per un'umanità sperduta ma ancora capace di inaspettati slanci di romanticismo. E lo sguardo è lieve, fluido, leggiadro.

3 - Tom à la ferme - Xavier Dolan (voto 8)
Il giovane Xavier, prima di Mommy, mostra già una notevole maturità registica (nel lavoro con gli spazi, con il sonoro, negli improvvisi sbalzi di tensione) e una dimestichezza impressionante con le dinamiche psicologiche dei personaggi. Continui ribaltamenti di ruolo, complessi edipici, sindromi di Stoccolma, omosessualità esplicita e latente: et voilà il Dolan Touch.

2 - Mississippi Grind - Ryan Fleck, Anna Boden (voto 8)
Ben Mendelsohn (un'altra prova enorme, dopo il Danny di Bloodline) e Ryan Reynolds (nella sua miglior interpretazione) sono due giocatori di poker, due scommettitori incalliti on the road che costeggiano il Mississippi, dove le autostrade sembrano non finire mai e le insegne indicano soltanto motel, taverne, bordelli o bingo e slot machines. E i registi, riflettendo sull'imprevedibilità del fato, inneggiano a quel briciolo di solidarietà umana che tiene in piedi il mondo.

1 - It Follows - David Robert Mitchell (voto 9)
Senza esagerare, il miglior horror del nuovo millennio. Costruito sulla paranoia, sulle allucinazioni, sul senso di colpa connaturato all'inevitabilità della crescita, dell'attrazione fisica, delle prime esperienze sessuali. Mitchell si focalizza su uno stato d'animo generazionale e incornicia un mood soffocante e plumbeo, puntellato da una fotografia elettrica e notturna e dall'ambientazione di una provincia americana sempre più fuori dal mondo. Che cosa (non) significa avere vent'anni.



giovedì 7 luglio 2016

Cronaca nera, segreti di Stato e miti cinefili. Intervista allo scrittore Ivan Brentari

Ivan Brentari, ventotto anni, ha appena pubblicato 'L'insolita morte di Erio Codecà' (Sperling & Kupfer) insieme ad Aldo Giannuli, un giallo storico basato su fonti d'archivio originali. I temi? Segreti industriali, grandi aziende e spie, contrabbando e principi che volano da finestre di alberghi romani. La scrittura di Ivan è colta e avvincente, precisa e sfaccettata. Questo libro accompagna il lettore all'interno di uno dei misteri più oscuri del nostro Paese. E con una struttura narrativa che si avvicina molto a quella cinematografica.

Partiamo da L'insolita morte di Erio Codecà. Come ti sei avvicinato a questa vicenda e perché hai deciso di raccontarla?

Aldo Giannuli, esperto di storie segrete d'Italia, mi ha proposto di collaborare a questo progetto. Abbiamo cercato insieme di ricostruire attraverso l'assassinio di Erio Codecà, un alto dirigente della Fiat, avvenuto nel 1952, il clima della Guerra Fredda in Italia: abbiamo utilizzato documenti autentici per riportare i fatti avvenuti, ma ci siamo divertiti a raccontare questo "cold case" con le indagini di un bizzarro cenacolo di investigatori dilettanti. La loro vicenda si svolge nel 1999 ma, con una narrazione volutamente cinematografica, si aprono diversi flashback su episodi che spaziano dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, dalla Romania alla Costa Azzurra.

Proprio questo sguardo cinematografico è uno dei punti di forza del libro. Credi che sia importante avere un approccio orizzontale tra diverse forme artistiche?

Chiunque abbia scritto dalla seconda metà del Novecento è stato influenzato dal cinema. C'è sempre stata un'osmosi tra queste due maniere di comunicare. Personalmente, ho sempre apprezzato molto i film di Elio Petri, da Todo modo a La classe operaia va in paradiso, anche se il mio preferito in assoluto è l'Antonioni di Blow Up: anche lì c'è un soffio noir e prevale l'idea che la verità per essere trovata debba essere ricercata, malgrado spesso non sia possibile.

Due anni fa hai pubblicato la biografia di Giuseppe Sacchi, segretario della Fiom negli anni Sessanta e deputato comunista. Che cosa ti ha colpito di questo personaggio e che cos'ha rappresentato per te quest'incontro?

Sacchi è nato nel 1917, tra di noi ci sono settant'anni di differenza ma si è trattato dell'incontro politicamente più importante della mia vita, oltre che umanamente. Ha diretto le più rilevanti lotte metalmeccaniche del dopoguerra ed è uno dei padri dello Statuto dei lavoratori. Ci siamo visti proprio recentemente alla festa nazionale della Fiom a Milano dove ho partecipato a un reading insieme a Wu Ming 2.

I Wu Ming sono uno dei casi letterari degli ultimi anni. Che cosa pensi dei loro progetti e che cosa apprezzi del loro lavoro?

I Wu Ming lavorano molto sulla Storia e con le storie. Quello che, in piccolo, abbiamo provato a fare io e Giannuli. L'armata dei sonnambuli è uno dei romanzi italiani più riusciti degli ultimi anni. Con Giovanni Cattabriga (Wu Ming 2) e la Fiom di Milano stiamo lavorando a un progetto in comune: qualche anno fa ritrovai in un archivio dei racconti che venivano da un concorso letterario del '63 indetto dalla Fiom di cui proprio Giuseppe Sacchi era all'epoca segretario. Nella giuria c'erano anche Luciano Bianciardi e Umberto Eco. Oggi, a cinquant'anni di distanza, un laboratorio di scrittura collettiva tenuto da Giovanni ha prodotto degli altri racconti. Il nostro obiettivo è portare queste storie di diverse epoche sulla carta.

Hai scritto anche una raccolta di racconti (Quindici brevi, due lunghi, quattro medi e uno brutto), dove spiccano riferimenti musicali e calcistici, da Memphis Slim a Mario Balotelli.

Sì. è vero. Balotelli mi è sempre stato simpatico. Mi piace il fatto che abbia un grande talento ma lo abbia dissipato: è un po' il fascino dell'imperfezione che io spesso e volentieri subisco. Il blues, invece, è una delle mie passioni e mi piace perché è una musica semplice e il ritorno alla semplicità dovrebbe essere una regola valida per tutte le arti. Il problema è che questa regola è molto difficile da rispettare e bisogna essere molto bravi per farlo.

Emiliano Dal Toso



lunedì 4 luglio 2016

Serie: Billions

Da un punto di vista giuridico, l’insider trading è la compravendita di titoli di una determinata società da parte di soggetti che, per la loro posizione all’interno di essa o per la loro professione, sono a conoscenza di informazioni riservate non di dominio pubblico. Queste informazioni concedono la possibilità di posizionarsi su un livello privilegiato rispetto a investitori concorrenti, risparmiatori o consumatori. Questa pratica, in Italia, viene accomunata al reato di aggiotaggio, mentre negli Stati Uniti soltanto dagli anni Settanta è stata sanzionata dalla Corte Suprema, includendola tra le frodi che riguardano la compravendita di valori mobiliari. Cinematograficamente, l’insider trading è il principale spunto narrativo di Billions, serie americana attualmente in onda su Sky Atlantic, che trasmette ogni martedì due episodi in prima visione. L’ottimo successo avuto negli Stati Uniti dalla prima stagione ha reso possibile che venisse rinnovata per una seconda.
Il protagonista è Paul Giamatti (La versione di Barney, 12 anni schiavo), uno degli attori americani più versatili di Hollywood, dalle magnifiche sfumature tragicomiche, forse troppo spesso sottoutilizzato in ruoli secondari, di contorno. In Billions interpreta l’avvocato Chuck Rhoades, un irreprensibile procuratore distrettuale del Southern District di New York: un vero e proprio uomo di diritto, secondo cui la legge deve sempre e comunque avere la precedenza sull’aspetto umano e privato. Il suo antagonista è l’attore britannico Damian Lewis, volto noto per gli amanti di serie tv per Homeland, nei panni di Bobby Axelrod, un importante magnate, piuttosto popolare per essersi fortunosamente salvato dagli attentati dell’undici settembre;  un miliardario su cui però si cela, appunto, lo spettro di frode per insider trading. Rhoades non si è quasi mai occupato di questo genere di reati, forse per timore di mettersi contro il mondo dell’alta finanza; ma il dilemma più affascinante che pone questo avvincente e formalmente elegantissimo legal-drama scritto da Brian Koppelman, David Levien e Andrew Ross Sorkin è un altro. La moglie di Rhoades (la splendida Maggie Siff vista in Mad Men e Sons of Anarchy), infatti, lavora per Axelrod, è una consulente a pagamento e svolge anche un particolare ruolo da personal coach per i suoi uomini. L’avvocato si trova, così, di fronte a un bivio: istintivamente, non avrebbe alcun dubbio a portare avanti le indagini. Ciononostante, appare palese sin dalla prima scena che Chuck Rhoades  non sia poi così cristallino, abbia più di qualche scheletro nell’armadio, e sia un individuo sessualmente perverso, appassionato praticante di pissing e sadomaso. E così, come nelle più entusiasmanti serie americane degli ultimi anni, il bene e il male si inseguono e si confondono, i lati oscuri emergono gradualmente e senza soluzione di continuità. Sullo sfondo, domina una New York di piani alti e di guerre tra la magistratura e uomini ricchi e potenti, diversa dagli intrighi politici della Washington di House of Cards, ma altrettanto sgradevole e corrotta.
La forza di Billions consiste nella cura dei dettagli (anche giuridici) e nella credibile caratterizzazione dei personaggi. Dopo il suicidio di un amico del padre in procinto di essere condannato, Rhoades avverte i suoi collaboratori: “Continuate a perseguire i reati con forza, non vacillate.” E gli autori si divertono a provocare questa etica, conducendola fino all’esasperazione: il diritto deve e può essere sempre perseguito, ignorando affetti ed effetti personali? E la legge è davvero uguale per tutti, oppure un po’ più uguale per alcuni?


Emiliano Dal Toso