lunedì 4 luglio 2016

Serie: Billions

Da un punto di vista giuridico, l’insider trading è la compravendita di titoli di una determinata società da parte di soggetti che, per la loro posizione all’interno di essa o per la loro professione, sono a conoscenza di informazioni riservate non di dominio pubblico. Queste informazioni concedono la possibilità di posizionarsi su un livello privilegiato rispetto a investitori concorrenti, risparmiatori o consumatori. Questa pratica, in Italia, viene accomunata al reato di aggiotaggio, mentre negli Stati Uniti soltanto dagli anni Settanta è stata sanzionata dalla Corte Suprema, includendola tra le frodi che riguardano la compravendita di valori mobiliari. Cinematograficamente, l’insider trading è il principale spunto narrativo di Billions, serie americana attualmente in onda su Sky Atlantic, che trasmette ogni martedì due episodi in prima visione. L’ottimo successo avuto negli Stati Uniti dalla prima stagione ha reso possibile che venisse rinnovata per una seconda.
Il protagonista è Paul Giamatti (La versione di Barney, 12 anni schiavo), uno degli attori americani più versatili di Hollywood, dalle magnifiche sfumature tragicomiche, forse troppo spesso sottoutilizzato in ruoli secondari, di contorno. In Billions interpreta l’avvocato Chuck Rhoades, un irreprensibile procuratore distrettuale del Southern District di New York: un vero e proprio uomo di diritto, secondo cui la legge deve sempre e comunque avere la precedenza sull’aspetto umano e privato. Il suo antagonista è l’attore britannico Damian Lewis, volto noto per gli amanti di serie tv per Homeland, nei panni di Bobby Axelrod, un importante magnate, piuttosto popolare per essersi fortunosamente salvato dagli attentati dell’undici settembre;  un miliardario su cui però si cela, appunto, lo spettro di frode per insider trading. Rhoades non si è quasi mai occupato di questo genere di reati, forse per timore di mettersi contro il mondo dell’alta finanza; ma il dilemma più affascinante che pone questo avvincente e formalmente elegantissimo legal-drama scritto da Brian Koppelman, David Levien e Andrew Ross Sorkin è un altro. La moglie di Rhoades (la splendida Maggie Siff vista in Mad Men e Sons of Anarchy), infatti, lavora per Axelrod, è una consulente a pagamento e svolge anche un particolare ruolo da personal coach per i suoi uomini. L’avvocato si trova, così, di fronte a un bivio: istintivamente, non avrebbe alcun dubbio a portare avanti le indagini. Ciononostante, appare palese sin dalla prima scena che Chuck Rhoades  non sia poi così cristallino, abbia più di qualche scheletro nell’armadio, e sia un individuo sessualmente perverso, appassionato praticante di pissing e sadomaso. E così, come nelle più entusiasmanti serie americane degli ultimi anni, il bene e il male si inseguono e si confondono, i lati oscuri emergono gradualmente e senza soluzione di continuità. Sullo sfondo, domina una New York di piani alti e di guerre tra la magistratura e uomini ricchi e potenti, diversa dagli intrighi politici della Washington di House of Cards, ma altrettanto sgradevole e corrotta.
La forza di Billions consiste nella cura dei dettagli (anche giuridici) e nella credibile caratterizzazione dei personaggi. Dopo il suicidio di un amico del padre in procinto di essere condannato, Rhoades avverte i suoi collaboratori: “Continuate a perseguire i reati con forza, non vacillate.” E gli autori si divertono a provocare questa etica, conducendola fino all’esasperazione: il diritto deve e può essere sempre perseguito, ignorando affetti ed effetti personali? E la legge è davvero uguale per tutti, oppure un po’ più uguale per alcuni?


Emiliano Dal Toso



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