lunedì 28 marzo 2016

Batman V Superman: Dawn of Justice

Lo onorano nell'unico modo che sanno fare: come soldato.

Non mi sorprende che Batman V Superman abbia lasciato spiazzati e perplessi buona parte dei fumettari di tutto il mondo. Non ci sono gulp!, sbamm!, wow! nelle due ore e mezza abbondanti dell'opera epocale e apocalittica di Zack Snyder. E, soprattutto, la grande assente è quell'ironia pop tipica dei prodotti Marvel, che ha generato mostruose creature cinematografiche come l'abominevole Deadpool con Ryan Reynolds. Batman V Superman è un assalto frontale alla leggerezza e alla solarità, alla battuta che smorza il ritmo e alla carineria utilizzata perché non si prenda mai tutto davvero sul serio. Snyder ristabilisce le gerarchie, puntando sulla centralità della narrazione e sulla descrizione di un universo cupo e soffocante: un kolossal è davvero tale nel momento in cui è in grado di cogliere lo spirito del tempo, e l'unico cinecomics che finora era stato capace di farlo è Il cavaliere oscuro di Nolan, con cui Snyder riallaccia un discorso attuale e nichilista. Batman e Superman sono due supereroi che non collaborano, che si temono e che emergono per i loro limiti e per quello che non sono: Bruce Wayne è un individuo non riconciliato, che si trascina il peso della morte dei genitori ed è caratterizzato dai difetti e dalle nevrosi di tutti gli uomini; Clark Kent è un diverso, uno straniero, un alieno e la sua maschera non aveva mai assunto tanto connotati così mistici ed esoterici. La loro contrapposizione rappresenta la lotta tra laicismo e cristianesimo, tra agnosticismo e fede, tra uomo e divino. Ma è una guerra tra poveri. Il sentimento che circonda Batman V Superman è quello di una resa, di una dichiarazione universale di impotenza, di un Male destinato a riprodursi continuamente nonostante l'illusione di poterlo sconfiggere. A tal proposito, il "cattivo" Lex Luthor rappresenta proprio l'imprevedibilità del Terrore, la scheggia impazzita, l'eventualità che la follia di uno possa essere sufficiente per la distruzione della nostra civiltà. Sembra così di essere arrivati a un punto limite, a un eccesso non rimarginabile per cui anche gli stessi supereroi appaiono incapaci e attoniti: la scelta finale di uno di loro mette i brividi e non è altro che un parziale atto di salvezza. Si può discutere all'infinito sulla fissità di Ben Affleck e di Henry Cavill, eppure la loro totale mancanza di espressività è un ulteriore ridimensionamento della figura di due supereroi costretti ad affrontare uno psicodramma personale che arriva ad assumere dimensioni globali. Di fronte alla possibilità di morire pur di far morire, non hanno più senso Krypton, Metropolis, Gotham City: non hanno più senso l'immaginazione e la creatività, e si disintegra la convinzione che una giustizia ultraterrena possa compensare quello che la giustizia sulla Terra non è stata in grado di compiere. Cadendo come un soldato sul campo di battaglia, Batman V Superman è la celebrazione del funerale di Dio.

Emiliano Dal Toso




mercoledì 16 marzo 2016

I Magnifici Sette: Gennaio - Marzo 2016

Steve Jobs - Danny Boyle: terzo capitolo di Aaron Sorkin su uomini visionari e sulla contemporaneità, dopo The Social Network e Moneyball. Tre atti shakespeariani, cinici, senza cuore, travolgenti. Una canzone rap tradotta in immagini, parole mitragliate, vere e proprie rasoiate che attraversano uno dei personaggi più controversi e decisivi per quello che siamo oggi. La vita è sempre dietro le quinte, sul palcoscenico va in scena solo una versione dei fatti, quella più commerciabile e concorrenziale.

The End of the Tour - James Ponsoldt: folgorante gioco di specchi, stima reciproca e invidie tra lo scrittore David Foster Wallace e il giornalista David Lipsky. Riflessioni dolorose di un'anima fragile, controversa e geniale su successo, depressione e relazioni umane, delineando i contorni di un'America innevata di fast food, televisione e grandi magazzini. Il distacco tra noi stessi e gli altri, tra noi stessi e la realtà, l'importanza che diamo alla percezione che gli altri hanno di chi siamo: sono solo parole, ma fanno male e tramortiscono.

Anomalisa - Charlie Kaufman, Duke Johnson: flusso di coscienza in stop motion dell'intellettualissimo Charlie Kaufman che, nella dimensione animata, trova la chiave poetica per esprimere al meglio le proprie ossessioni e la propria idea di cinema. Aeroporti, viaggi in taxi, stanze d'albergo, solitudini: tra sogno e realtà, teniamo stretti nel cuore le anomalie delle nostre vite, e ci commuoviamo per Girls Just Wanna Have Fun.

1981: Indagine a New York - J.C. Chandor: fino a che punto possono coesistere la rettitudine e un mondo sempre più orientato verso il mito dell'affermazione economica e la violenza? Un magnifico Oscar Isaac è il self-made man che non rinuncia al confronto e alla razionalità, e che ribadisce l'onestà come base fondamentale del proprio successo. Attorno a sé, le regole della sopraffazione, della competizione e del sangue hanno preso il sopravvento.

L'ultima parola - Jay Roach: Papà, ma è vero che sei comunista? Sì. Jay Roach dirige un biopic tanto classico quanto emozionante, rispolverando la sacrosanta funzione pedagogica del cinema: non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire. Il Bryan Cranston di Breaking Bad è un Dalton Trumbo indimenticabile e avrebbe meritato molto di più di DiCaprio l'Oscar per miglior attore protagonista.

Fuocoammare - Gianfranco Rosi: Orso d'oro a Berlino, dopo il Leone per Sacro GRA, per uno dei più grandi documentaristi di oggi. Lo sguardo di Rosi è umile e mai retorico né ricattatorio, e ha il coraggio di credere ancora nella forza etica della Settima Arte attraverso la potenza delle immagini. E così l'occhio pigro del piccolo Samuele assume un significato universale, che parte da Lampedusa e arriva a riflettere sul valore della dignità umana.

Desconocido - Dani de la Torre: thriller privato e politico, pura adrenalina dinamitarda in questa giornata d'ordinaria follia di un direttore di banca senza scrupoli ma buon padre di famiglia, bloccato con i figli da una telefonata anonima dentro la sua automobile. Un'ora e quaranta in apnea, ribaltando i ruoli e mischiando le carte in tavola: non è soltanto cinema di genere, ma un grande esempio di rigore hitchcockiano e militanza anarchica.