Lo onorano nell'unico modo che sanno fare: come soldato.
Non mi sorprende che Batman V Superman abbia lasciato spiazzati e perplessi buona parte dei fumettari di tutto il mondo. Non ci sono gulp!, sbamm!, wow! nelle due ore e mezza abbondanti dell'opera epocale e apocalittica di Zack Snyder. E, soprattutto, la grande assente è quell'ironia pop tipica dei prodotti Marvel, che ha generato mostruose creature cinematografiche come l'abominevole Deadpool con Ryan Reynolds. Batman V Superman è un assalto frontale alla leggerezza e alla solarità, alla battuta che smorza il ritmo e alla carineria utilizzata perché non si prenda mai tutto davvero sul serio. Snyder ristabilisce le gerarchie, puntando sulla centralità della narrazione e sulla descrizione di un universo cupo e soffocante: un kolossal è davvero tale nel momento in cui è in grado di cogliere lo spirito del tempo, e l'unico cinecomics che finora era stato capace di farlo è Il cavaliere oscuro di Nolan, con cui Snyder riallaccia un discorso attuale e nichilista. Batman e Superman sono due supereroi che non collaborano, che si temono e che emergono per i loro limiti e per quello che non sono: Bruce Wayne è un individuo non riconciliato, che si trascina il peso della morte dei genitori ed è caratterizzato dai difetti e dalle nevrosi di tutti gli uomini; Clark Kent è un diverso, uno straniero, un alieno e la sua maschera non aveva mai assunto tanto connotati così mistici ed esoterici. La loro contrapposizione rappresenta la lotta tra laicismo e cristianesimo, tra agnosticismo e fede, tra uomo e divino. Ma è una guerra tra poveri. Il sentimento che circonda Batman V Superman è quello di una resa, di una dichiarazione universale di impotenza, di un Male destinato a riprodursi continuamente nonostante l'illusione di poterlo sconfiggere. A tal proposito, il "cattivo" Lex Luthor rappresenta proprio l'imprevedibilità del Terrore, la scheggia impazzita, l'eventualità che la follia di uno possa essere sufficiente per la distruzione della nostra civiltà. Sembra così di essere arrivati a un punto limite, a un eccesso non rimarginabile per cui anche gli stessi supereroi appaiono incapaci e attoniti: la scelta finale di uno di loro mette i brividi e non è altro che un parziale atto di salvezza. Si può discutere all'infinito sulla fissità di Ben Affleck e di Henry Cavill, eppure la loro totale mancanza di espressività è un ulteriore ridimensionamento della figura di due supereroi costretti ad affrontare uno psicodramma personale che arriva ad assumere dimensioni globali. Di fronte alla possibilità di morire pur di far morire, non hanno più senso Krypton, Metropolis, Gotham City: non hanno più senso l'immaginazione e la creatività, e si disintegra la convinzione che una giustizia ultraterrena possa compensare quello che la giustizia sulla Terra non è stata in grado di compiere. Cadendo come un soldato sul campo di battaglia, Batman V Superman è la celebrazione del funerale di Dio.
Emiliano Dal Toso
Emiliano Dal Toso
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