mercoledì 31 gennaio 2018

Oscar 2018: Miglior Film Straniero

Una donna fantastica - Sebastian Lelio 9
Memorabile ritratto femminile di Daniel/Marina, che rivendica il diritto di piangere la persona che ama affrontando gli imbarazzi e i pregiudizi di una famiglia e di un'intera società. Lelio come il miglior Pedro: innamorato della sua protagonista, la segue mentre si batte per ritagliarsi il proprio spazio di dolore, di passione. Sobrio e delicato dramma transgender, che elabora il lutto con lucidità e determinazione, diretto con eleganza e visionarietà, interpretato dalla straordinaria Daniela Vega.

L'insulto - Ziad Doueiri 9
Scontro dettato da futili motivi tra un meccanico cristiano libanese e un operaio musulmano palestinese che si consumerà nell'aula di un tribunale, coinvolgendo politica e scatenando insurrezioni. Una delle sceneggiature più potenti degli ultimi anni sulla necessità e la complessità della convivenza. Un courtroom drama incalzante: ritmo hollywoodiano, attori eccezionali (Adel Karam e Kamel El Basha), senza vincitori né vinti. Perché nessuno ha l'esclusiva della sofferenza.

Loveless - Andrey Zvyagintsev 8
Un altro impietoso disegno umano e sociale firmato dal più importante cineasta russo d'inizio millennio: individualismo, superficialità, avidità e assenza d'amore sono le caratteristiche più grigie e inquietanti di una ricca borghesia ormai completamente spogliata di compassione e materialista. Lucidamente pessimista, Zvyagintsev rimarca in ogni scena il suo punto di vista, a rischio di soffocare lo spettatore: il rigore formale e la potenza espressiva però sono quelle di un autore unico.

Corpo e anima - Ildiko Enyedi 6
Vincitore dell'Orso d'oro al Festival di Berlino, un'opera ungherese indubbiamente affascinante, capace di coniugare riflessioni esistenziali e immagini oniriche di forte impatto. Ciononostante, il simbolismo sembra eccessivo, ribadito con troppa insistenza, e alcune trovate come la psicologa sexy e provocante rischiano di cedere il passo al trash d'autore: tutto però è troppo regolamentato e un po' prevedibile. E attenzione alle scene nel mattatoio, che impressioneranno gli animalisti più sensibili.

The Square - Ruben Ostlund 5
Palma d'oro dello scorso Festival di Cannes, che ha diviso piuttosto ampiamente: in sostanza, una sequenza di barzellette che hanno lo scopo di irridere la pretenziosità del vacuo mondo dell'arte radical-chic svedese, giungendo fino a una critica poco nitida sulla superficialità e la stupidità del nostro presente. Rispetto all'arguto e intelligente Forza maggiore, Ostlund va troppo a vanvera, il non-sense funziona preso singolarmente, ma la sensazione complessiva è di un gigantesco boh.



venerdì 26 gennaio 2018

Top 5: Gennaio 2018

5 - Paradise - Andrei Konchalovsky (voto 7)
Il "paradiso" di Konchalovsky è formalmente impeccabile e incontaminato, e il titolo rimanda a quello idealizzato dalla mostruosa utopia nazista, che auspicava la supremazia della sola razza ariana. Un bianco e nero elegante e pulito, uno sguardo asciutto, rigoroso, distaccato. Precisione stilistica e fascino visivo, ma i contenuti rimandano a cliché piuttosto noti, a partire dal ritratto dei due nazisti che sono ancora capaci di gesti umani e di sentimenti.

4 - Made in Italy - Luciano Ligabue (voto 7)
Dimenticate Radiofreccia e Da zero a dieci: il terzo film del rocker di Correggio è dimesso e privo di energia febbricitante. Ha il merito di raccontare in maniera cruda il Paese di oggi, senza scorciatoie consolatorie. I difetti sono molti, e le ambizioni si reggono su un filo fragile, ma va apprezzata la sincerità dell'operazione, e la capacità di descrivere una famiglia di provincia con una trasparenza struggente. Lo aiutano molto Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, un po' meno il resto del cast.

3 - L'ora più buia - Joe Wright (voto 7)
Indiscutibile prova da Oscar per Gary Oldman nei panni di Winston Churchill durante la graduale presa di consapevolezza dell'impossibilità di negoziare la pace con "quell'imbianchino" di Hitler. Potere alla parola, scritta e parlata: la regia di Wright pecca come sempre di un eccesso di teatralizzazione ma sa costruire anche sequenze d'antologia, come quella nella metropolitana. L'odio contro il nazismo scorre potente nelle vene: in questo caso, un film giustamente non pacifista.

2 - Ella & John - Paolo Virzì (voto 8)
Una delle migliori pellicole del regista livornese. In America e con temi a rischio come senilità e Alzheimer, attenua il suo stampo retorico e trova l'equilibrio perfetto tra commozione trattenuta e una comicità garbata e maldestra. Si abbandona affettuosamente all'indolenza raggrinzita di due interpreti meravigliosi come Helen Mirren e Donald Sutherland. E il loro viaggio finale dal Massachusetts alle Florida Keys è un omaggio non solo a Hemingway, ma a un intero universo letterario.

1 - Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Martin McDonagh (voto 9)
In un paesino del Missouri razzista e indifferente, la tragedia si stempera improvvisamente con la risata, così come la commozione si nasconde anche dietro personaggi imbastarditi e senzadio, che si affannano per combattere contro un Male invisibile, ma forse sono soltanto alla ricerca di speranza e amore. Martin McDonagh è il miglior erede dei fratelli Coen, guarda a Fargo ma senza scimmiottarlo e permette a un terzetto d'attori inarrivabile (McDormand, Rockwell, Harrelson) di puntare all'Oscar.