venerdì 29 novembre 2019

Top 20: La Superclassifica del 2019

20 - Vox Lux - Brady Corbet
Analisi lucida e spietata sulla mortifera capacità dell'America di superare i traumi con l'inganno dello show, nonostante il vestito sia cupissimo, inquietante, programmatico. Un'opera spiazzante e sgradevole sull'inconsistenza della superficie: mentre le stragi si consumano, la radio trasmette sempre la stessa canzone "over-prodotta" che rassicura e non fa pensare. Strepitosa Natalie Portman, a metà tra il look stravagante e dark di un'Arisa a stelle e strisce e il buio interiore di un cigno nero.

19 - Le Mans '66 - La grande sfida - James Mangold
Industria contro individuo, economia contro sport, pubblicità contro competizione. Un'impostazione classica e solida, che riprende gli schemi più tradizionali del cinema americano. Ma dietro a cui si nasconde il conflitto secolare tra gli ingranaggi e gli interessi di una produzione commerciale e il romanticismo dell'impresa, del racconto mitico, la passione della corsa e il miraggio della vittoria. Mangold non è un autore, ma un fabbricatore di emozioni e di sentimenti.

18 - Green Book - Peter Farrelly
Il buddy movie è piacione e adatto per accontentare i gusti di tutti. L'America vintage ritratta è favolistica e la confezione è edificante e rassicurante, ma è impossibile rimproverare ulteriori difetti: la coppia di interpreti è grandiosa, i dialoghi sono effervescenti e il tono non è mai retorico e didattico ma garbato e accattivante. E il finale natalizio, tra Frank Capra e Un biglietto in due, commuove e rientra nella miglior tradizione della commedia popolare.

17 - Ricordi? - Valerio Mieli
Un'opera visionaria, densa di allegorie e significati, ambiziosa e vertiginosa, che sorprende per alcune prodigiose soluzioni registiche e per le prove di un malinconico Luca Marinelli e di una luminosa Linda Caridi. Mieli compie il piccolo grande miracolo di riuscire a tradurre in immagini le irrazionali alchimie che alimentano un legame sentimentale e gli interrogativi e le briciole che rimangono dopo averlo vissuto.

16 - L'età giovane - Luc e Jean-Pierre Dardenne
Il ritratto di un adolescente islamista, per nulla empatico, privo di conflitti interiori, ripetitivo nei gesti e nei rituali, talmente integerrimo da riuscire a negarsi il piacere dei primi baci e delle prime esperienze sentimentali, in nome della fede del Corano. Ovvero: un vero e proprio racconto di formazione al rovescio, in cui i Dardenne portano avanti la loro idea di pedinamento in maniera asciutta, limpida, senza aver bisogno di pretesti e di appigli morali.

15 - Oro verde - C'era una volta in Colombia - Ciro Guerra, Cristina Gallego
Originalissimo e rutilante affresco malavitoso, dove le tradizioni della comunità indigena e contadina del deserto di Guajira vengono calamitate dai moderni codici di comunicazione, quelli della criminalità e della legge del mercato. Un ambizioso e shakespeariano racconto antropologico ed etnografico in cui i rituali tribali e le culture arcaiche si evolvono e si scontrano con la nascita dei cartelli del narcotraffico, perciò con l'avidità e con il sangue.

14 - Mademoiselle - Park Chan Wook
Maneggiando un tessuto narrativo che svela e rivela in continuazione secondi fini e cambi di prospettiva, il grande Park compone un intreccio sontuoso dove la questione storica si confonde con l'eccitazione dei corpi, i conflitti di genere e i rapporti di classe. Il sesso come dispositivo di lotta sociale, il sentimento come unico elemento imprevedibile, una mina vagante che può ribaltare ogni piano prestabilito e sovvertire ogni gerarchia. Cinema politico ed erotico agli apici.

13 - Climax - Gaspar Noé
Venti ballerini si ritrovano in un collegio in disuso per le prove di uno spettacolo. Il consumo collettivo di una sangria corretta con l'acido lisergico scatena il delirio e l'autodistruzione. Noé vuole rianimare gli organi e verificare la resistenza di chi guarda, mettendo in discussione la passività di un ruolo sempre più rassicurato e inebetito dagli standard delle serie tv. Un'esperienza psicofisica notevole, un gesto cinematografico che non necessita di visti e di permessi.

12 - Il traditore - Marco Bellocchio
Un punto di vista sulla mafia inedito e dinamico, che parte come un episodio di Narcos e si evolve in una tragicommedia processuale folgorante, un teatrino di maschere criminali che rappresenta un Paese in cui la forma mentis è intrinsecamente corrotta. Buscetta non è un eroe, né una vittima e neppure un pentito delinquente, ma soltanto un testimone senza patria che attraversa le ambiguità e le zone oscure di una redenzione impossibile.

11 - Martin Eden - Pietro Marcello
Un protagonista che impersona l'ideale individualista che si svincola dal collettivismo socialista: da solo contro tutti, alla ricerca di un mondo di cultura e istruzione che salvi gli uomini dalla gerarchizzazione economica e dalle ingiustizie. L'amore è un'illusione destinata a essere sconfitta dalla condanna di appartenere a un ruolo che non può sradicarsi dal proprio passato e dal contesto in cui si è cresciuti. Disperato, appassionato e senza etichette: in direzione ostinata e contraria.

10 - Il corriere - Clint Eastwood
Clint all'ennesima potenza: il tempo che passa, i rimorsi e i rimpianti di un'esistenza trascorsa a sottovalutare gli affetti, oppure a non avere il coraggio di viverli. Una lettera d'amore sincera e struggente che percorre le strade di un'America sempre più razzista e paranoica, all'interno di una società che tende a ghettizzare ogni minoranza, tra "nonni", "negri", "lesbiche" e messicani. Crepuscolare e testamentario senz'altro, ma anche di una coerenza marmorea e magistrale.

9 - Peterloo - Mike Leigh
Un monumento politico urgente e necessario sul massacro di St. Peter's Field, dove un gigantesco corteo di operai manifestò insieme a contadini, artigiani e donne per chiedere pane e suffragio universale. Lo sguardo del regista è distaccato e perciò ancor più straziante, e la morale non è di certo pacifista: nelle disparità, il confronto è sempre impari, l'unica possibilità è lo scontro. Una lucidità tagliente per un cinema di parola e di accuratissima ricostruzione storica.

8 - Midsommar - Ari Aster
La mazzata dell'anno. Horror ambientato interamente alla luce del sole, è l'elaborazione del lutto più estrema, lisergica, nauseante e fastidiosa vista di recente sullo schermo. Rituali pagani assurdi e repellenti, inesistenza di affetti e solidarietà: per tornare alla vita bisogna accettare il disgusto degli eventi e poi dargli fuoco. In equilibrio tra parodia e orrendo, può irritare, ma è una visione capace di imbarazzare e trasmettere incredulità. La 23enne britannica Florence Pugh, ex Lady Macbeth, è un'attrice pazzesca.

7 - I fratelli Sisters - Jacques Audiard
Audiard realizza il film dei sogni di ogni cineasta europeo, rivitalizzando la colonna vertebrale dei nostri padri e, con rispetto e ammirazione, sconfessando la poetica western: gli uomini sanno anche essere fragili, abbandonare le armi, tornare a casa. In epoca di "girl power" a ogni costo, il regista francese mette a nudo i sentimenti e i dubbi che ognuno nasconde sotto il costume di cowboy, preferendo i battiti del cuore alle fondine per la pistola.

6 - Ad Astra - James Gray
L'elogio dello spreco del capitale: all'apparenza, una produzione sci-fi ad alto budget; in realtà, un film intimo e sensibile sul peso dell'eredità e sulla necessità di rompere i legami, liberarsi dei ricordi, combattere le emozioni. Gray insegue, ancora una volta, il sogno di un cinema impossibile, in cui quello che conta è l'immagine mancante: un'opera umanista e romantica, che celebra l'ossessione di raggiungere le stelle e di rifiutare il destino, sfidando la tecnologia e la vita terrena.

5 - L'ufficiale e la spia - Roman Polanski
Odissea giudiziaria in cui tutto ciò che dovrebbero rappresentare il diritto, il giusto, le regole è irrimediabilmente inficiato dalla natura umana corrotta e tesa all'interesse nazionale, a un'organizzazione dettata dalla convenienza, personale e statale. Uno dei più potenti ed emozionanti film di Polanski: la Storia è un circolo vizioso che si ripete, l'illusione di un mondo migliore verrà sempre sacrificata in nome dell'affare e del consenso. Irriconoscibili e bravissimi Jean Dujardin e Louis Garrel.

4 - C'era una volta a Hollywood - Quentin Tarantino
Sinuoso, sontuoso e malinconico affresco sulla fine di un'epoca, sull'amicizia fraterna di due perdenti che si muovono in un mondo all'apparenza eccitante e dorato. La forza dei sogni a occhi aperti è quella di poter riscrivere il corso degli eventi. E così, in maniera mai così sincera e fragile, Quentin mette da parte i botti e i fuochi d'artificio per cullare e coccolare lo spettatore nella magnificenza dei dettagli, nell'ammirazione della bellezza di Sharon Tate, nell'amore sconfinato per la Settima Arte.

3 - Dolor y gloria - Pedro Almodovar
Trasparente e incredibile autobiografia di Pedro, che mettendo in scena la propria crisi artistica ritrova lo struggimento e le lacrime che incendiano il suo cinema: un colpo al cuore che travolge e che ingloba ogni tema e ogni aspetto del senso del regista spagnolo per la vita. Ricordo, sogno, emozione: l'atto creativo è il luogo dove finalmente i dolori trovano un bel posto. Banderas è di un equilibrio espressivo superlativo, il monologo teatrale di Alberto Crespo è autentica poesia.

2 - La casa di Jack - Lars von Trier
Etichettato come provocatore, LvT realizza il film definitivo sul dolente conflitto interiore tra autocontrollo e pulsione. Un'operazione di chirurgia all'interno delle inquietudini umane, capace di sviscerare ciò che nella vita di tutti i giorni è inaccettabile e scandaloso e di estirparlo abbattendo imposizioni etiche. Un raggelante Dante/Matt Dillon si fa guidare da Verge/Bruno Ganz verso la dannazione eterna, in una mezz'ora finale di rutilante meraviglia visiva. Una beffarda e divina commedia di un illusionista finissimo e di un cineasta fondamentale.

1 - Joker - Todd Phillips
La performance estrema e perversa di Joaquin Phoenix incarna un'insanità mentale che oltrepassa i limiti della comprensione psicoanalitica. Ma il suo Arthur Fleck è anche l'emblema dell'individuo calpestato e ignorato dalla società americana di oggi, il reietto che diventa suo malgrado il simbolo di un odio di classe che non ha coordinate né modelli di riferimento. Il capolavoro pop che uccide i padri, i cinecomix e Martin Scorsese, ripartendo dalle umiliazioni della strada e registrando un sentimento confuso che è alla radice dei mostri del populismo dei giorni nostri.


MIGLIOR ATTORE: Joaquin Phoenix
MIGLIOR ATTRICE: Florence Pugh

I FILM DELL'ANNO DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'

2011: Il cigno nero - Darren Aronofsky
2012: Un sapore di ruggine e ossa - Jacques Audiard
2013: The Master - Paul Thomas Anderson
2014: Boyhood - Richard Linklater
2015: La scomparsa di Eleanor Rigby: Lei/Lui - Ned Benson
2016: Frantz - Francois Ozon
2017: Personal Shopper - Olivier Assayas
2018: Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche
2019: Joker - Todd Phillips




mercoledì 27 novembre 2019

Flop Ten: Le Delusioni del 2019

10 - I morti non muoiono - Jim Jarmusch
Come diventare la parodia di se stessi. Jarmusch si rivolge ormai soltanto al proprio ego e al proprio pubblico di fedelissimi, che lo adora incondizionatamente, senza se e senza ma. In questa cialtronata zombie, mascherata da metaforona sull'ambiente, non si ride, si sprecano omaggi, citazioni e strizzatine d'occhio, ma l'inconsistenza del contenuto lascia esterrefatti. Un teatrino sterile che coinvolge vecchi e nuovi amichetti (Murray, Swinton, Driver). Il cinema non abita più qui.

9 - Il primo re - Matteo Rovere
La cafonata dell'anno. Appoggiato da tutto il sistema e da ogni tipo di media, si rivela un pasticciaccio all'amatriciana che mescola Revenant, Valhalla Rising, La passione di Cristo e Apocalypto. Sfondando abbondantemente le barriere del ridicolo involontario - a partire dall'utilizzo goffo e pretenzioso del proto latino - Rovere confonde il senso dell'epica con un'estetica calcata, una confezione pacchiana e location completamente sprecate, scordandosi di interessare lo spettatore.

8 - Ted Bundy - Fascino criminale - Joe Berlinger
Il piattume assoluto. Come rendere del tutto priva di attrattiva, sporcizia ed eccitazione, la storia di uno dei serial killer più brutali del Ventesimo Secolo. C'è chi si accontenta: io invece penso che buttare via un materiale potenzialmente così ambiguo e stratificato sia un autentico delitto. Tra tutte le possibilità di racconto, si sceglie quella fiacca degli scontri giudiziari, banalizzando con il bel faccino di Zac Efron le molteplici sfumature di un vero e proprio simbolo del Male.

7 - Serenity - L'isola dell'inganno - Steven Knight
Allucinante. Da non credere. Il regista? Steven Knight, autore di Locke, sceneggiatore de La promessa dell'assassino, creatore di Peaky Blinders. Proprio lui. Il protagonista? Matthew McConaughey, il Rust Cohle di True Detective. Proprio lui. La protagonista? Anne Hathaway, la Catwoman de Il cavaliere oscuro, sensualità allo stato puro. Proprio lei. Il risultato? Un'opera vergognosa, incomprensibile e ingiustificabile che "percula" l'intelligenza di chi guarda.

6 - Le verità - Hirokazu Koreeda
Il maestro giapponese, vincitore della Palma d'oro dell'anno scorso, se ne va in Francia e decide di tediare il pubblico cinefilo, ridefinendo le definizioni di noia, snobismo e radical-chic. Parole, parole, parole: nelle chiacchiere inutili di due protagoniste ricche, viziate e mai interessanti (la Deneuve e la Binoche non sono mai state così insopportabili) si sbugiarda l'idea di un cinema volto a rassicurare gli spiriti e i vizi alto-borghesi piuttosto che a destabilizzarne le convinzioni.

5 - Se la strada potesse parlare - Barry Jenkins
Eccoli qua, belli serviti, i danni del politicamente corretto e degli hashtag su Twitter. Dopo il generoso Oscar per il dignitoso Moonlight, Jenkins rivela tutta la sua debole statura, facendosi portabandiera di un nuovo cinema afroamericano pedante, didattico, schematico, teatralizzante e mai davvero rabbioso e infuocato. Chi ha osato criticare BlacKkKlansman di Spike Lee chieda subito perdono. Quando si dissangua il melodramma con un manifesto programmatico: mi vengono i brividi.

4 - Doctor Sleep - Mike Flanagan
Il libro di Stephen King è magnifico, superiore di gran lunga a Shining. Le premesse erano ottime: un buon cast, un regista di genere, la volontà di allacciarsi sia alle pagine scritte che alle immagini e alle icone del film con Nicholson. Il risultato è un autentico stupro necrofilo del capolavoro di Stanley Kubrick: due ore e mezza di sbadigli mai così insistenti e ripetuti, un'estetica horror che mi fa rimpiangere i vampiri di Twilight, uno sviluppo dei personaggi del tutto inesistente. Atroce.

3 - Il professore e il pazzo - P.B. Shemran
Esilarante, tutto da ridere. Il film comico involontario più divertente dell'anno. Sean Penn sembra la parodia di Ascanio Celestini ne La pecora nera, Mel Gibson non perde l'occasione di rendersi sempre più uno stereotipo. Un vero capolavoro di trucco e parrucco, degno del miglior Maccio Capatonda. Ed era impresa davvero ardua rendere patetica e risibile una storia potenzialmente avvincente. Il nome del regista è uno pseudonimo: possiamo comprenderne i motivi.

2 - Suspiria  - Luca Guadagnino
Eccolo qui, invece, l'affronto palese, diretto e dichiarato alla grandezza di Dario Argento. Un'oscena e delirante accozzaglia di pretenziose e inadeguate riflessioni storiche, deflagrazioni stregonesche e arrogante riscrittura di un soggetto che è il modello di riferimento per chiunque ami l'horror: per Guadagnino, invece, è il pretesto per mettere in mostra il suo esibizionismo e la sua vanità. Un'operazione inaccettabile, che sostituisce la patina alla sporcizia, la maniera alla sensibilità visiva.

1 - La mia vita con John F. Donovan - Xavier Dolan
Noi ti abbiamo creato, noi adesso ti distruggiamo, Xavier. L'enfant prodige, il talento più osannato dalla nicchia cinefila di tutto il mondo, arriva all'appuntamento che stavamo aspettando: non il passo falso (poteva esserlo Juste la fin du monde), ma la sòla, il bidone, la boiata pazzesca. La spudorata anima pop dell'autore canadese è ormai fuori controllo: il risultato è una fiction colesterolica e soporifera persino per il primo pomeriggio di Canale 5. Lo sguardo fisso, inespressivo di Kit Harington spoglia senza pietà tutta la nuda fragilità di un autodidatta.

PEGGIOR ATTORE: Sean Penn 
PEGGIOR ATTRICE: Anne Hathaway 

I BIDONI D'ORO DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011 - La pelle che abito - Pedro Almodovar
2012 - Le belve - Oliver Stone
2013 - Solo Dio perdona - Nicolas Winding Refn
2014 - 12 anni schiavo - Steve McQueen
2015 - Crimson Peak - Guillermo del Toro
2016 - Revenant - Redivivo - Alejandro G. Inarritu
2017 - Collateral Beauty - David Frankel
2018 - Escobar - Fernando Leon de Aranoa
2019 - La mia vita con John F. Donovan - Xavier Dolan