giovedì 24 gennaio 2019

Oscar 2019: Miglior Film

Roma - Alfonso Cuaron 9
Il film della vita di uno dei registi più eclettici di oggi, un magniloquente specchietto retrovisore su una famiglia altoborghese di Città del Messico nel 1970, dove due donne di classi sociali diverse si ritrovano abbandonate e mamme, mentre sullo sfondo si consumano gli omicidi dei militari sui manifestanti dei movimenti studenteschi. Un'opera di estetica magnifica e impareggiabile, tecnica e cuore in sintonia miracolosa. Roots Bloody Roots.

BlacKkKlansman - Spike Lee 8
La storia vera di Ron Stallworth, detective nero che s'infiltra nel Ku Klux Klan fingendo al telefono una voce da bianco, è raccontata con toni da commedia poliziesca, tra la bromance e lo spy movie, ed è infarcita di colori e citazioni, umori e musiche che hanno formato la cultura di Spike Lee. Elegante e leggero, ovviamente politico e attualissimo: i riferimenti ai populismi di estrema destra di oggi non sono puramente casuali. Ed è anche una grande sceneggiatura sul camuffamento.

Green Book - Peter Farrelly 8
Il buddy movie è servito in maniera più disneyana che farrellyana: piacione e trasversale, adatto per accontentare i gusti di tutti. L'America vintage ritratta è un po' da favola e la confezione è edificante e politicamente corretta, soprattutto per chi in passato ha diretto Tutti pazzi per Mary. Ma è impossibile rimproverare ulteriori difetti: gli interpreti sono grandiosi, i dialoghi molto buoni e il tono non è mai troppo retorico e didattico ma garbato e accattivante. E poi c'è la mia adorata Linda Cardellini.

A Star is Born - Bradley Cooper 7
Un pugno di canzoni bellissime che spaziano dalla ballata rock springsteeniana al pop di plastica, una diva priva di trucco e parrucco combattuta tra il fuoco del successo e l'amore irrazionale, e soprattutto un Bradley Cooper in versione alcolizzata, barcollante e derelitta che innamorandosi si spegne lentamente. Un prodotto commerciale straordinario, un film a due facce meno rassicurante di quanto possa apparire: nessuna donna ha il potere di sostituire il demone dell'alcol. 

Bohemian Rhapsody - Bryan Singer 7
Freddie Mercury raccontato come un supereroe, senza uno sguardo autoriale e con la morte fuori campo: il genio e la sregolatezza, l'omosessualità e la trasgressione, la vanità del personaggio e la sensibilità dell'artista. Rami Malek è una furia istrionica e fragile, si divora ogni scena con una prova di mostruosa mimetica, aderenza fisica e trasporto emotivo. E negli ultimi venti minuti di concerto di fronte a 72.000 spettatori chiunque nella vita sia andato a "scuola di rock" fatica a non commuoversi.

Vice - Adam McKay 7
Brillante ricostruzione dell'ascesa al potere di Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti nell'era di Bush Jr., responsabile della nefasta e guerrafondaia politica estera del Paese: McKay insegue disperatamente uno stile originale e sarcastico, influenzato persino da Sorrentino, ma la sua riflessione sulla supremazia a stelle e strisce graffia in maniera troppo generica, confondendo linee temporali e accumulando episodi e personaggi. Certo, il cast è da fenomeni (Bale, Rockwell, Adams).

Black Panther - Ryan Coogler 6
Al di là degli effettivi meriti cinematografici, è il blockbuster di cui gli Academy Awards avevano bisogno in questo momento storico: un cinefumetto che celebra l'ideale del panafricanismo nell'era di Donald Trump. Divertente e stupidotto, addirittura pacchiano negli aspetti tecnici, sfiora qualche riflessione semiseria sulle responsabilità di un leader senza avere però il coraggio di approfondire i lati oscuri. La commistione tra epica shakespeariana e folklore afro, tutto sommato, è riuscita.

La favorita - Yorgos Lanthimos 5
Il film più irritante di Lanthimos, tanto manierista nella messa in scena quanto vuoto nei contenuti: un triangolo femminile morboso e perverso, che non aggiunge alcunché ai temi consumati delle regole della seduzione e dei meccanismi del potere. Storico senza un accenno di storia, lesbo-erotico senza esplicitarlo, è un romanzetto rosa e teatrale che si serve di un terzetto di attrici concitate e sopra le righe. Un autentico midcult, un Harmony per radical-chic nell'epoca delle Cinquanta Sfumature.




venerdì 4 gennaio 2019

Top 5: Gennaio 2019

5 - Vice - Adam McKay (voto 7)
Brillante ricostruzione dell'ascesa al potere di Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti nell'era di Bush Jr., responsabile della nefasta e guerrafondaia politica estera del Paese: McKay insegue disperatamente uno stile originale e sarcastico, influenzato persino da Il divo di Paolo Sorrentino, ma la sua riflessione sulla supremazia a stelle e strisce graffia in maniera troppo generica, confondendo linee temporali e accumulando episodi e personaggi. Lo aiuta però un cast di fenomeni (Christian Bale, Sam Rockwell, Amy Adams).

4 - Maria Regina di Scozia - Josie Rourke (voto 7)
I libri di storia ci hanno sempre raccontato un'ostilità viscerale tra Maria Stuarda e la cugina Elisabetta, l'opera prima della Rourke invece rilegge gli eventi in chiave femminista, soffermandosi sull'empatia e sulla solidarietà che s'instaurano tra le due. Narrazione un po' prevedibile, regia molto classica, ma le prove di Saoirse Ronan e Margot Robbie sono straordinarie: l'attrice australiana, in particolare, è protagonista di un "imbruttimento" che lascia increduli. 

3 - Il gioco delle coppie - Olivier Assayas (voto 7)
La fruizione della letteratura è destinata a perdere valore con l'economia digitale? La graduale scomparsa del supporto fisico è un destino da cui nessuno può scampare? Assayas sviluppa ulteriormente i temi del cambiamento tecnologico già affrontati nei precedenti Sils Maria e Personal Shopper, ma questa volta attraverso i toni della commedia alleniana trasferita in ambiente "bobo" parigino. Il motore comico è Vincent Macaigne, scrittore autoreferenziale buffo e stempiatissimo.

2 - La notte dei 12 anni - Alvaro Brechner (voto 7)
Film carcerario atipico, irregolare sulla drammatica lotta per la sopravvivenza di tre combattenti rivoluzionari Tupamaros durante la dittatura militare uruguayana degli anni Settanta. Tra di loro c'era anche il futuro presidente Pepe Mujica. Il regista Brechner lascia spazio all'impegno e all'indignazione soltanto nel finale e si concentra sulla resistenza fisica e sulla forza di volontà dei protagonisti, sospinti dagli ideali e dall'immaginazione.

1 - Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità - Julian Schnabel (voto 8)
Un film sul pittore Vincent van Gogh (grande Willem Dafoe), e non propriamente un biopic sulla sua vita: Schnabel è a suo agio con le visioni e le ispirazioni che hanno attraversato l'artista durante le fasi della sua creazione. Il risultato è un trip immaginifico, che restituisce tutta la poetica, la disperazione e la fragilità vangogghiana. Bellissime alcune soggettive che immergono nelle sensazioni del protagonista in estasi dinanzi alle meraviglie della natura, a livello oculare ed epidermico.





martedì 1 gennaio 2019

Top 10 Attori Preferiti - New Era

10 - Russell Crowe - Wellington, 1964 -4
Proprio lui. Non è soltanto un gladiatore, dentro e fuori dal set, ma anche una splendida icona maschile tutta d'un pezzo, ultima a morire; ricordiamolo soprattutto in Insider di Michael Mann, Master & Commander di Peter Weir, Cinderella Man di Ron Howard. Anche nei film meno riusciti, è uno spettacolare connubio di fragilità e durezze.

9 - Bradley Cooper - Filadelfia, 1975 NE
Non è più tempo di notti da leoni, Bradley ormai è uno degli attori di Hollywood più importanti di questo periodo storico: Il lato positivo lo ha rivelato come ottimo interprete, e con il tempo è riuscito a staccarsi l'etichetta di belloccio. Lo trovo straordinario anche in Come un tuono di Derek Cianfrance, mentre il pubblico di tutto il mondo lo ha consacrato come divo grazie alla sua rockstar derelitta di A Star is Born

8 - Vince Vaughn - Minneapolis, 1970 -3
Vorrei che fosse un mio amico, andare allo stadio con lui, prendermi una sbronza con lui dopo una delusione sentimentale, divertirmi e fare un po' di pazzie. Con quella faccia da simpatico bonaccione può fare tutti i ruoli comici che vuole: però io lo amo già dai tempi di Psycho, perché rifare così Norman Bates è da fuoriclasse. E ora si è reinventato una carriera da duro grazie ai cazzutissimi film di S. Craig Zahler, Cell Block 99 e Dragged Across Concrete.

7 - Casey Affleck - Falmouth, 1975 NE
Mi si è rivelato dodici anni fa con quel crepuscolare e meraviglioso western di L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford. Non avevo ancora visto Gerry di Gus Van Sant: che botta. Quella di Manchester by the Sea è una delle più grandi interpretazioni maschili e drammatiche degli ultimi anni, ed è superlativo anche in Storia di un fantasma dove recita avvolto in un lenzuolo bianco. Fratello di Ben, uno degli attori meno espressivi della storia del cinema. 

6 - Matthew McConaughey - Uvalde, 1969 +3
E pensare che a inizio carriera lo avrei messo nella chart degli attori più scarsi e insopportabili. Poi, Matthew ha deciso inaspettatamente di svoltare: basta commedie idiote, ruoli ruvidi grazie a cui sta scalando posizioni per garantirsi un posto nell'immortalità: Killer Joe, Magic Mike, Mud, The Wolf of Wall Street. E ovviamente il Rust Cohle di True Detective, tra i personaggi più clamorosi e iconici di questo decennio. Lo vedremo in The Beach Bum di Harmony Korine.

5 - Vincent Cassel - Parigi, 1966 -1
Il figlio di papà delle banlieue. Anticonformista, ribelle, implacabile seduttore: Vincent Cassel è un punto di riferimento per ogni uomo, nessuno escluso. Attore versatile e mai convenzionale: grazie a L'odio divenne immediatamente un simbolo, ma in Irreversible di Gaspar Noé e in Black Swan di Darren Aronofsky mostra a noi terrestri che cosa sia il lato oscuro su questo pianeta. Memorabile nel dittico sul gangster Jacques Mesrine Nemico pubblico N.1.

4 - Joaquin Phoenix - San Juan, 1974 -2
Si tratta indubbiamente dell'attore più bravo del nuovo millennio: Walk the Line, I padroni della notte, Two Lovers, The Master, Vizio di forma, l'imminente e commovente western I fratelli Sisters. Le ferite e le ossessioni di Joaquin sono le nostre: nessuno meglio di lui è capace di comunicare i demoni che abitano dentro di noi. Come Johnny Cash, nessuno sceglie il proprio amore: è una malattia non volontaria.

3 - Tom Cruise - Syracuse, 1962 =
Come Renée Zellweger, a me Tom aveva già convinto al ciao. Quel suo sorriso da eterno ventenne degli anni Ottanta lo si ama oppure lo si odia: beh, io ci sono cresciuto, senza di quello probabilmente mi sarei scelto altri interessi e altri passioni. Forse avrei raggiunto più traguardi, chissà. Ai critici faccio comunque una lista di alcuni registi che hanno lavorato con lui e per lui: Stanley Kubrick, Michael Mann, Brian De Palma, Paul Thomas Anderson, Steven Spielberg, Oliver Stone.

2 - Michael Fassbender - Heidelberg, 1977 NE
Lo scoprii in Bastardi senza gloria di Tarantino: da quel momento, il mio approccio al cinema non è più stato lo stesso. Se c'è Fassbender, quel film lo guardo. La vera icona maschile di questo decennio: Shame, A Dangerous Method, The Counselor, e soprattutto la straordinaria performance di Steve Jobs, in cui è riuscito a rendere straordinariamente affascinante un individuo che avevo sempre detestato. Le sfumature tormentate lo rendono davvero un attore e un pezzo di maschio unico.

1 - Colin Farrell - Castleknock, 1976 =
Per me Colin Farrell è una fede, una ragione per sopravvivere. Come la birra Guinness, Bruce Springsteen, il Milan. Mi rendo conto che la mia valutazione nei suoi confronti sia priva di obiettività: chissenefrega. Viva il cinema e viva i suoi idoli, viva i poster da appendere alle pareti, viva gli uomini che sanno rialzarsi dalle cadute. Ci basta la sua faccia - e come dice un caro amico, è sempre una questione di facce - per continuare a correre.