venerdì 27 settembre 2013

I Magnifici Sette: Luglio - Settembre 2013

Rush, Ron Howard: un film di uomini per uomini. Per tutti coloro che da piccoli amavano "fare le gare" con le macchinine e facevano vincere sempre il loro pilota preferito, esaltandosi. Per tutti coloro che intendono lo sport non solo come un gesto fisico, atletico, ma come l'espressione di un modo di intendere il lavoro, la fatica, il sacrificio, la vita. Il trionfo di un'epoca che trasudava di passione, rappresentata da due piloti indimenticabili dalla personalità opposta: il viveur, il donnaiolo, tutto genio e sregolatezza (James Hunt) contro il calcolatore, il freddo, il professionista che va sempre a letto presto (Niki Lauda). Un Cinema classico, entusiasmante, come non se ne fanno più. Ron Howard recupera la sua verve più appassionante (quella della conflittualità di 'Frost/Nixon' unita a quella dei sogni persi di 'Apollo 13') e firma il suo Capolavoro, che non offre risposte ma soltanto possibili soluzioni, mai completamente vincenti.

Mood Indigo - La Schiuma Dei Giorni, Michel Gondry: Gondry al pieno compimento del suo ideale di Cinema, impossibile ma non grottesco, fantastico ma non fantasy. Niente come l'amore o l'illusione dell'amore è un ingrediente fondamentale per scatenare la creatività. Il mondo surreale di Boris Vian non poteva che essere il campo migliore per dare libero sfogo al genio sconfinato del regista francese e alla sua sostanza poetica, il punto più lontano da una psicosi a due.

Sacro Gra, Gianfranco Rosi: uno sguardo straordinariamente pudico e umile al servizio di una umanità ai margini, raccontando individui buffi, estremi ma sempre autentici. Rosi fotografa un'Italia dimenticata, esteticamente brutta, che non pare nemmeno essere troppo interessata a integrarsi. Più di un paio di personaggi destinati a rimanere nella memoria (il pescatore di anguille, il nobile piemontese, il veterano di fotoromanzi) in uno dei migliori Leone D'Oro degli ultimi anni.

Facciamola Finita, Seth Rogen & Evan Goldberg: folle, eccessivo, geniale debutto alla regia del grande Seth Rogen, che prende in giro se stesso e la sua compagnia di amici con i quali è approdato al cinema, immaginando una fine del mondo assurda, che non ha pietà di nessuno. Sana volgarità, un numero impressionante di rimandi e citazioni, un ritmo indiavolato per quello che è molto probabilmente il film comico dell'anno.

Starbuck, Ken Scott: altro film per uomini, un buddy movie particolarmente divertente e garbato, Ken Scott pare la risposta canadese meno sboccata a Judd Apatow. Storia di un quarantenne calciofilo che vent'anni prima era stato un donatore per una banca del seme, padre biologico di 533 figli, cento dei quali, adesso, vogliono conoscere la sua identità. Grandissimo successo in patria, già pronto il remake hollywoodiano con Vince Vaughn.

Kick-Ass 2, Jeff Wadlow: svanito l'effetto novità, il sequel del film per ragazzi più violento di tutti i tempi si regge in piedi grazie all'irrefrenabile personaggio di Hit Girl, impersonato da una Chloe Grace Moretz destinata davvero a fare grandi cose. Puro intrattenimento, che si distanzia dagli altri comics movie per un interesse particolare nei confronti delle inquietudini adolescenziali, delle turbe giovanili di ragazzi emarginati, losers poco propensi ad essere alla moda.

Questi sono i 40, Judd Apatow: ovvero 'Scene da un matrimonio' nell'America obamiana finto-pacifista e sodomizzata da Steve Jobs e da Mark Zuckerberg. Judd Apatow nel suo film meno divertente, più conformista, eppure specchio di una borghesia ormai completamente asettica, molto più vicino a James L. Brooks che ai fratelli Farrelly. Paul Rudd è un perfetto attore da commedia umana, che amaramente mostra il banale e il quotidiano.



 

mercoledì 25 settembre 2013

Venezia 2013 - Seconda parte: Miss Violence, The Unknown Known, La Jalousie, The Canyons

Questa seconda tornata della rassegna non è stata soddisfacente come la prima. E' mancato un film sorpresa come 'Tom à la ferme' del giovane talento Xavier Dolan, il mio Leone D'Oro personale. La prima grande delusione è stata 'Miss Violence' (voto 5) di Alexandros Avranas, vincitore del Leone D'Argento per la miglior regia e della Colpa Volpi per l'interpretazione maschile di Themis Panou. Se quest'ultimo premio può anche essere condivisibile, lo stile del regista greco è molto programmatico e manierista. Mi è sembrato un modo di intendere il cinema in maniera troppo rigorosa ma anche un po' ricattatoria, a cominciare dalle inaspettate scene di violenza, inserite ad arte per impressionare lo spettatore. Uno di quei lavori che vorrebbero turbare e scandalizzare ma non sono mai in grado di coinvolgere ed emozionare, troppo freddi e calcolati per entrare sottopelle. Abbastanza ridicola, poi, la scena della ragazza incinta che vomita mentre in sottofondo ascolta 'L'italiano' di Toto Cutugno. Non mi ha convinto nemmeno l'acclamato 'The Unknown Known' (voto 5) di Errol Morris su Donald Rumsfeld, la persona più giovane e più anziana allo stesso tempo ad aver ricoperto l'incarico di segretario alla difesa americano. Non mi è sembrata nè un'operazione contro Rumsfeld, nè a difesa di Rumsfeld, quanto piuttosto un riepilogo didascalico della sua carriera. Non c'è il coinvolgimento passionario di un Ken Loach ma nemmeno di un Michael Moore, e non ne esce neppure un ritratto particolarmente carismatico del protagonista. Può essere, comunque, interessante per chi non è a conoscenza delle vicende di politica estera degli Stati Uniti, così come alla stessa maniera può essere interessante un reportage di Mentana su La7. Un grandissimo plauso va a Philippe Garrel per il suo 'La Jalousie' (voto 8), opera autobiografica nella quale l'autore francese racconta le proprie tormentate vicissitudini sentimentali da attore trentenne scapestrato. Lo fa, però, con il suo senso per il cinema: raffinato, profondo, essenziale. Una capacità di sintesi narrativa impressionante, accompagnata come al solito dalla bellezza di un bianco e nero di gran classe. Bravissimo il figlio Louis nei suoi panni, splendida Anna Mouglalis nel ruolo della donna prima perdutamente innamorata e poi perduta. Un film semplice, che racconta la Vita, andando immediatamente al suo (non) significato. Il Leone D'Oro per il miglior Scult va, invece, a 'The Canyons' (voto 3) di Paul Schrader, regista di ottimi film come 'Adam Resurrected' e sceneggiatore di capolavori come 'Taxi Driver' e 'Toro Scatenato'. Sotto tutti i punti di vista, un lavoro davvero scadente. Patinato marcio. Meravigliosamente sfatta Lindsay Lohan, maialona di proporzioni cosmiche. Eppure, risulta essere l'unica ad avere un'idea di recitazione se confrontata al resto del cast. Orribile la sceneggiatura di Bret Easton Ellis, tremenda la fotografia. Ciononostante, mi ha sicuramente divertito di più rispetto a Emma Dante e a Gianni Amelio, presuntuosi, moralisti e politicamente corretti, pronti per un prime time da Fabio Fazio.

Emiliano Dal Toso



venerdì 20 settembre 2013

Venezia 2013 - Prima Parte: Via Castellana Bandiera, Sacro Gra, Trap Street, Tom à La Ferme

Settembre è tempo di ripensamenti, come cantava Guccini, ma grazie al cielo ancora nessuno ha pensato di toglierci anche la rassegna milanese dei film di Venezia, appuntamento doc per la viva e vegeta borghesia cinefila, che sarà pure snob e con la puzza sotto il naso ma per fortuna c'è. Per mia sfortuna, invece, il primo film di quest'anno è stato 'Via Castellana Bandiera' (voto 4) di Emma Dante, premiato con la Coppa Volpi per l'interpretazione femminile di Elena Cotta. Il film della Dante racchiude tutto ciò che più odio del cinema italiano: intellettualismo, retorica, patetiche allegorie. Quello che poteva essere sulla carta un divertente spunto surreale viene addomesticato con una supponenza e una mancanza di ironia davvero inquietante. In mezzo, c'è anche una storia d'amore lesbo assolutamente non necessaria. Inspiegabile il premio alla Cotta, completamente assorta in un ruolo passivo e poco interessante. Molto più condivisibile il Leone D'Oro assegnato a 'Sacro Gra' (voto 8) di Gianfranco Rosi, documentario che racconta le vite che si muovono, i mondi invisibili che abitano il Grande Raccordo Anulare di Roma. Uno sguardo straordinariamente pudico e umile si mette a servizio di una umanità ai margini, raccontando individui buffi, estremi ma sempre autentici. Rosi fotografa un'Italia dimenticata, esteticamente brutta, che non pare nemmeno essere troppo interessata a integrarsi. Alcuni personaggi si rivelano indimenticabili: dall'intellettuale nobile piemontese al pescatore di anguille, dal veterano di fotoromanzi alle vecchie prostitute annoiate. Il presidente della Giuria Bernardo Bertolucci deve averne riconosciuto il significato politico, che va nella direzione opposta di quella di un cinema cerchiobottista e politicamente corretto (vedi Cotta e 'L'intrepido' di Amelio, cioè gli altri due film italiani in concorso). Una piccola sorpresa è arrivata, invece, dalla Cina con 'Trap Street' (voto 7) di Vivian Qu, che parte da uno spunto originale e arriva ad una riflessione sull'inquietudine e il senso di paranoia che attanaglia gli abitanti delle grandi città cinesi, sottoposti a un ossessionante controllo da parte degli organi di Stato. Dinamica narrativa coinvolgente, non banale, ottimi interpreti. Ma il miglior lavoro di questa prima tornata è sicuramente 'Tom à La Ferme' (voto 8) del ventiquattrenne canadese Xavier Dolan. E' la prima volta che amo un film il cui regista è più giovane del sottoscritto. Sto invecchiando. A parte questa dolente presa di consapevolezza, il giovane Xavier mostra una notevole maturità registica (nel lavoro con gli spazi, con il sonoro, negli improvvisi sbalzi di tensione) e una dimestichezza con le dinamiche psicologiche dei personaggi impressionante. Continui ribaltamente di ruolo, complessi edipici, sindromi di Stoccolma, omosessualità esplicita e latente. Si sfilaccia un po' nel finale, ciononostante rimane predominante un'idea di Cinema di assoluta intelligenza e carica emotiva.

Emiliano Dal Toso