giovedì 27 giugno 2013

Top Ten Di Metà Anno 2013

10  - Passioni E Desideri - Fernando Meirelles
Pressochè massacrato da chiunque, eppure diversi passaggi mi sono rimasti. Fantastico il personaggio della prostituta Mirka, così come quello dello stupratore appena uscito di galera interpretato da Ben Foster. Gran classe da parte di Hopkins, bellissima come sempre Rachel Weisz, ottimo pure Jude Law. Insomma, un cast della madonna unito a una sceneggiatura ottimamente calibrata. Un film come si deve, storie di vita vissuta a 360 gradi.

9 - Stoker - Park Chan Wook

Rimane in classifica dopo la prima scrematura di metà anno ma, considerato che Park Chan Wook è uno dei miei registi preferiti, è una piccola delusione. Forse, va visto come una esplicita dichiarazione del favoloso autore coreano dell'impossibilità di affrontare Hollywood senza adattarsi ai canoni hollywoodiani. Per farlo e rimanere intatti, ci si può mascherare dietro il (comunque) eccezionale citazionismo hitchcockiano.

8 - Come Un Tuono - Derek Cianfrance

Nonostante Gosling, è un film che parla di cadute, di sconfitte e di polvere, che omaggia la grande tradizione letteraria americana, i viaggi, la crescita, i denti stretti. Un romanzone quasi fuori dal tempo, appassionante e densissimo, che se ne frega di essere scostante e, a tratti, sbrodolone. Bradley Cooper è uno dei nostri nuovi idoli assoluti, per lui un'altra sorprendente prova d'attore sofferta e dolorosa, dopo Il lato positivo.

7 - La Migliore Offerta - Giuseppe Tornatore

Non credo che sia un capolavoro, forse è stato eccessivamente sovrastimato. Tanto diabolicamente perfetto e coinvolgente quanto sapientemente controllato e programmato. Ciononostante, non si può neanche negare che si tratti di un cinema formalmente elegante e contenutisticamente raffinato. E, ad ogni modo, è certamente un film sulle conseguenze tragiche ed impietose dell'amore. Geoffrey Rush grandioso.

6 - Miele - Valeria Golino
E' stata osannata la prova registica della Golino ma va detto sinceramente che se il film è talmente riuscito ed emozionante è tutto merito di una magnifica, trascinante, fighissima Jasmine Trinca. I temi sono complessi e ambiziosi, non sempre sostenuti da una altrettanta profondità nella gestione narrativa. Però, alcuni singoli momenti scuotono e lasciano a bocca aperta. Molta voglia di allontanarsi dalla medietà e dalla retorica dell'autorialismo italiano politicamente corretto.

5 - Flight - Robert Zemeckis
La vera grande sorpresa di questa prima parte dell'annata cinematografica, un monumentale Denzel Washington, un profondissimo Robert Zemeckis, che porta la sua idea di cinema spettacolare ai massimi vertici. Tanto alcool, tanti demoni che non si scacciano, troppe debolezze, eppure possiamo comunque evitare un disastro aereo. Molto bravi a salvare la vita degli altri, molto meno a provare rispetto per la nostra.

4 - No - I Giorni Dell'Arcobaleno - Pablo Larrain

Via la dittatura di Pinochet, dentro la schiavitù del consumismo, delle pubblicità e della superficie. E' comunque meglio così, ma l'illusione di un altro mondo possibile non può nemmeno essere concepita senza un'abile strategia di marketing. Grande film, che conclude la trilogia di Larrain sulla recente e drammatica Storia cilena. E a Gael Garcia Bernal voglio davvero bene, sin dai tempi di Y tu mama tambien e I diari della motocicletta.

3 - Django Unchained - Quentin Tarantino

Il trionfo della poetica fanzinara di Quentin Tarantino. Puro Cinema che si nutre di Cinema regalando Cinema. Ogni altro tipo di lettura interpretativa è assolutamente fuori luogo. Così come Bastardi senza gloria non era un film sul nazismo, Django Unchained non è un film sulla schiavitù. Sono pretesti per omaggiare, citare, autocompiacersi, esaltarsi e creare sogni. Il semplice gusto dell'avventura, del racconto, nient'altro.

2 - Spring Breakers - Harmony Korine

Il primo vero Zeitgeist degli anni Dieci. La celebrazione assoluta dell'estetica, della bellezza, della futilità, della consistenza della superficie, che non può essere meglio rappresentata che dalle adolescenti sopravvissute ma deformate dal terrorismo cerebrale di High School Musical e di Disney Channel. Un'opera visivamente epocale, che ha la struttura e la sensibilità di un capolavoro pop, distante anni luce da facili moralismi e gratuite provocazioni.

1 - The Master - Paul Thomas Anderson
Amore a prima vista, già un classico per me, tra i miei film preferiti di tutti i tempi. Quelle opere d'arte che vanno in direzione ostinata e contraria, che può darsi abbia creduto di comprendere soltanto io. Ma, d'altronde, non mi interessa se Paul Thomas abbia invece voluto comunicare qualcosa d'altro. A me basta Joaquin Phoenix, vera anima persa, vero volto di sconfitta e di redenzione, che vaga senza meta, sale su una nave e si ubriaca. Questo è il mare.
 



 

giovedì 13 giugno 2013

Palma D'Oro 2013: La Vie D'Adele

Se ho avuto un atteggiamento un po' disilluso nei confronti del cinema nell'ultimo periodo è stato perchè era da tempo che non vedevo un film che riuscisse a influenzarmi all'esterno della sala cinematografica, a emozionarmi e a farmi riflettere sui significati delle cose e a prenderne maggiore consapevolezza. Resto convinto che il cinema non insegni, non faccia migliorare lo spettatore ma lo aiuta a rispecchiarsi e a cogliere determinati aspetti della vita che fino a quel momento gli erano sfuggiti. 'La vie d'Adele' è un film che non pone distanze tra sè e lo spettatore. Il sottotitolo suggerisce che sia diviso in due capitoli e, seppur non venga ribadito durante la visione, si può immaginare che la prima parte sia quella dell'innamoramento e della passione, mentre la seconda quella della sofferenza e della mancanza. Va da sè che al centro del nuovo film di Abdellatif Kechiche, Palma D'Oro al Festival di Cannes, sia l'amore, descritto in tutte le sue forme. Argomento certamente non nuovo, se non fosse che il regista franco-algerino si sia sforzato di descriverlo nei suoi aspetti più naturali, semplici, usufruendo di uno sguardo che è sempre leggero ma profondo, attento e minuzioso. La bellissima e bravissima protagonista Adele Exarchopoulos, diciottenne all'ultimo anno di liceo, si innamora della venticinquenne Emma (Lea Seydoux), studentessa di Belle Arti. Ricambiata, verranno entrambe travolte dalle emozioni più travolgenti e dalla passione più accesa. Kechiche non risparmia alcune lunghe sequenze piuttosto "calde", mantenendo però sempre una profonda tenerezza e individuando il punto di contatto tra attrazione fisica e irruenza emotiva. Non c'è niente di voyeuristico, di gratuito. Ogni passaggio de 'La vie d'Adele' è la conseguenza immediata di quello che si è visto, vissuto prima. Non mi viene in mente nessun altro film che sia stato in grado di cogliere in maniera tanto completa tutti i passaggi dell'amore, inclusa la sua fine. Guardando 'La vie d'Adele' si assapora la vita, perchè è un film immediato, diretto, eppure straordinariamente dettagliato. E, come nei suoi film precedenti, è proprio l'attenzione ai dettagli che rende il cinema di Kechiche prezioso e speciale. Partendo da storie che non hanno bisogno dell'originalità a tutti i costi per essere raccontate, Kechiche pone la macchina da presa sulla quotidianità e su quanto non siano necessari i fuochi d'artificio per renderla colma di sapore, di gioia e di sofferenza. E' un cinema onesto, autentico, sensibile. Erotico e antiretorico. Steven Spielberg, regista hollywoodiano e presidente della Giuria, se n'è accorto e ne ha riconosciuto il giusto valore.

Emiliano Dal Toso


sabato 1 giugno 2013

Riflessioni Spiazzanti: Il Fuori Campo

E' finito, per me, il momento di idolatrare, di mitizzare e di angelizzare. Una volta presa totalmente consapevolezza del fatto che non riuscirò mai a fidanzarmi con nessuna delle mie attrici preferite, mi domando quale siano alcuni degli ingredienti principali che mi fanno amare incommensurabilmente il cinema. Molte volte, le cose importanti che ci riguardano non accadono sotto i nostri occhi. Quando andavo a scuola, immaginavo soltanto quello che i professori dicevano di me durante i consigli di classe, intuendo chi voleva promuovermi e chi invece voleva bocciarmi. Lo presumevo, ma non potevo averne la certezza. Veniva presa una decisione che riguardava me, il mio futuro, ma io non potevo assistere a confronti e discussioni. Non avevo voce in capitolo perchè io non c'ero. Le immagini erano esclusivamente nella mia testa. Nella stessa maniera, un fidanzato può soltanto immaginare quello che combina la sua ragazza quando non è con lui. Non assisterà mai a un tradimento di quest'ultima, a meno che non sia per coglierla in flagranza oppure per puro masochismo. Però, lo immaginerà e, presumibilmente, ne soffrirà. Soffrirà per qualcosa che non ha visto direttamente. Una cosa che adoro del cinema è quello che non mi fa vedere. Ovvero, il fuori campo. Il fuori campo è tutto ciò che accade fuori dal campo visivo ma è presente nell'immaginario spazio adiacente. Può sembrare un paradosso, ma l'utilizzo del fuori campo, di ciò che c'è ma non si vede, è una caratteristica tipica di tutti i più grandi. Il primo che mi viene in mente è Takeshi Kitano, in modo particolare i suoi primi film. Nelle sparatorie, Kitano pone la macchina da presa sull'azione del carnefice, non sulla vittima. In questo modo, lo spettatore può soltanto immaginare la condizione di quest'ultima. Mi sembra che questo modo di raffigurare la violenza sia nello stesso tempo di grande onestà, ma anche di gran classe. Non è un regista che amo particolarmente, ma un altro che utilizza alla grande il fuori campo è Michael Haneke. Penso alla sequenza de 'Il Nastro Bianco' quando si sentono soltanto le frustrate che vengono date a un bambino che sta ricevendo una sanzione corporale, perchè la macchina da presa riprende invece la porta chiusa della stanza nella quale sta avvenendo l'azione. Magnifica. E' bellissimo pensare al fatto che proprio ciò che nella vita reale è di solito oggetto di delusioni o di amarezze, cioè tutto ciò che accade lontano da noi e di cui noi siamo costretti a rimanere passivi benchè diretti interessati, nel cinema si tramuta, diventa qualcosa che non vediamo ma ci emoziona.

Emiliano Dal Toso