Ed eccoci arrivati a questa bella rassegna milanese, accompagnata dall'aria che anticipa l'estate, che propone poche settimane dopo la presentazione ufficiale alcuni dei film che sono passati in concorso, o fuori concorso, all'ultimo Festival Di Cannes. Cominciamo col botto, e affrontiamo subito il vincitore, la Palma D'Oro, 'Amour' (voto 5) di Michael Haneke. Il tocco del regista austriaco è immediatamente percepibile: salotti borghesi, grande eleganza stilistica, un sottile senso di fastidio pronto ad esplodere in tragedia. Se nei precedenti lavori, però, il centro del discorso era smascherare le ipocrisie, provocare i suoi personaggi affinchè emergesse il loro lato peggiore, talvolta mostruoso, occultato dai formalismi derivanti dalla loro educazione e dal loro status sociale, con 'Amour' il dramma conturbante non è più la conseguenza degli eventi ma il presupposto dal quale, poi, tratteggiare i comportamenti dei protagonisti. I pur bravi Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva sono due ottantenni e potrebbero essere benissimo gli stessi personaggi, un po' cresciuti, di 'Funny Games' o di 'Niente da nascondere': rispetto ai film precedenti, Haneke ribalta la prospettiva, e offre una descrizione meravigliosamente umana del modo con cui il primo si prende cura della moglie malata. Il senso di pietas come unica possibile rappresentazione dell'amore, autentico, immacolato. Peccato che per giungere a questa conclusione, Haneke ci impieghi due ore e un quarto lunghissime, interminabili, nelle quali non succede praticamente niente. Non ci sorprendiamo che un radical-chic come Nanni Moretti si sia entusiasmato di fronte ad 'Amour', malgrado i suoi film siano indubbiamente più inventivi e originali. Convince decisamente di più 'Moonrise Kingdom' (voto 8) di Wes Anderson, vero e proprio regista di culto, al settimo film dopo i bellissimi 'Il treno per il Darjeeling' e 'Fantastic Mr. Fox'. Anche in questo caso, sono presenti i classici topoi del regista, stilistici e contenutistici: i soliti meravigliosi colosi, le solite meravigliose geometrie, il solito geniale utilizzo della colonna sonora, da una parte; la solita conflittualità genitori-figli, la solita malinconia che pervade ogni singolo passaggio, dall'altra. Direi che 'Moonrise Kingdom' è un Wes Anderson all'ennesima potenza, e questo può essere sia il pregio che il difetto del film. Personalmente, adoro come il regista americano concepisce la macchina da presa, uno strumento per fotografare stati d'animo, umori, nostalgie attraverso, soprattutto, l'aspetto visivo. Ogni sequenza del film ha un tocco geniale, marcatamente personale. A tal proposito, credo che Wes Anderson sia insieme a Quentin Tarantino il regista americano che ha maggiormente definito un proprio stile, negli ultimi vent'anni. Così come lo spettatore riconosce immediatamente un film di Tarantino, può riconoscere subito anche un film di Wes Anderson. Una menzione speciale è dovuta a un cast delizioso, irresistibile, da un Bruce Willis sceriffo solitario a un Edward Norton capo-scout ossessionato, passando per il solito monumentale genio di Bill Murray. Concludiamo con il primo capolavoro della rassegna, 'De Rouille Et D'Os' ('Ruggine e Ossa') (voto 10) di Jacques Audiard. E' così che vanno fatti i film. Audiard parla della vita per quella che è, senza intellettualismi, senza fronzoli. Racconta di uomini e di donne sempre al limite, ai margini, che si affannano e che sono disperatamente alla ricerca di un appoggio per poter stare nel mondo, a loro modo. Questo accadeva nei strepitosi lavori precedenti ('Sulle mie labbra', 'Tutti i battiti del mio cuore', 'Il profeta'), questo accade in 'De Rouille Et D'Os'. Sa parlare di persone, sa raccontare la sconfitta e il riscatto. E' un regista pieno, che non dimentica che il cinema è anche genere, azione, intreccio narrativo, tensione, oltre a essere uno specchio dell'esistenza. Conferma di avere tutto, dalla sensibilità autoriale all'abilità tecnica. Mi vengono in mente pochi altri registi contemporanei che hanno questa eccezionale capacità di coniugare l'espediente della finzione, dell'intrattenimento, con quello della rappresentazione della realtà; forse ce ne sono soltanto a livello hollywoodiano (Michael Mann, Martin Scorsese). Nel cinema europeo, è un caso più unico che raro. La protagonista Marion Cotillard offre un'interpretazione che ha a che fare con la passione, oltre che con il talento. All'opposto dei silenzi e della sottrazione di 'Amour' di Haneke', 'De Rouille Et D'Os' è un tripudio di esperienza vissuta.
Emiliano Dal Toso