venerdì 30 dicembre 2016

Riflessioni Spiazzanti: Guilty Pleasures

Senza guilty pleasures il cinema sarebbe meno interessante. I giudizi sarebbero ancora più uniformi di quanto lo siano oggi, arrivando a istituzionalizzare il pensiero unico, ovverosia la fine del dialogo, del confronto, ma anche del litigio e dell'indignazione, espressioni sempre più in via di estinzione di un'umanità autentica e indipendente. Da quando seguo il cinema non mi sono mai vergognato di amare un film, seppur sbertucciato dalla critica; nello stesso modo, non nascondo eventuali perplessità di fronte a un'opera acclamata e celebrata dalla maggioranza. Ma vado oltre: la vita senza guilty pleasures sarebbe molto più piatta. E le ragioni per cui ci si trova a difendere o a innamorarsi di un film di media fattura sono molto più personali rispetto a quelle per cui apprezziamo qualcosa che è diffusamente riconosciuta di alto valore artistico. Una delle mie pellicole del cuore degli ultimi anni è Questione di tempo di Richard Curtis, per la facilità con cui mi sono identificato nel protagonista interpretato da Domhnall Gleeson, un ventunenne che scopre dal padre che i membri maschi della loro famiglia possono viaggiare indietro nel tempo e rimediare alle occasioni perse. Non è possibile modificare il corso degli eventi nella vita reale, ma si può comunque cercare di rimediare agli errori commessi. Eppure, la grandezza del cinema è un'altra: quella di farti emozionare per storie che sono molto lontane dalla nostra vita di tutti i giorni. L'ho pensato dopo aver visto Dopo l'amore di Joachim Lafosse, che sarà dal 19 gennaio nei cinema ed è già uno dei miei film preferiti del 2017: è il racconto di un divorzio e delle emozioni che attraversa una coppia di genitori dopo che è finito l'amore, entrambi costretti a una convivenza seppur temporanea. Non ho mai convissuto, non ho figli e non ho mai vissuto una storia d'amore così importante come quella dei due protagonisti: ciononostante, mi sono commosso per una vicenda che non mi appartiene ma di cui ho percepito una sensibilità comune. Però penso anche a tanti finali di film di Woody Allen, come Hannah e le sue sorelle oppure Basta che funzioni, dove il trascorrere del Tempo ricuce le ferite emotive dei protagonisti, e le incomprensioni e le sofferenze appartengono magicamente a un luogo passato, per cui si può perdonare e di cui si può sorridere. Probabilmente ho un po' di confusione in testa. Volevo dedicare queste riflessioni spiazzanti a un elogio dei guilty pleasures, ma sono finito a parlare d'altro. Forse perché etichette e definizioni non hanno alcun senso.

Emiliano Dal Toso


venerdì 23 dicembre 2016

Playlist: Top 10 Serie 2016

10 - Black Mirror 3 - Charlie Brooker
Terza stagione per il più inquietante specchio dei nostri tempi, non proprio un'analisi dei rischi dell'avanzamento tecnologico quanto più del vuoto pneumatico mentale, emotivo e sentimentale che caratterizza l'individuo contemporaneo, privo di contatto fisico, carnale e materiale con ciò che lo circonda. Va detto però che questa volta non tutti gli episodi lasciano il segno: lo fa senz'altro una raggelante Bryce Dallas Howard nel primo, devastante Nosedive. Su Netflix.

9 - Billions - Brian Koppelman, David Levien, Andrew Ross Sorkin
Il bene e il male si inseguono e si confondono, i lati oscuri emergono gradualmente e senza soluzione di continuità. Sullo sfondo, una New York di piani alti e di guerre tra la magistratura e uomini ricchi e potenti: Paul Giamatti è l'uomo di diritto, secondo cui la legge deve sempre avere la precedenza sull'aspetto umano e privato, ma è sessualmente perverso; Damian Lewis è l'amato miliardario su cui si cela lo spettro di frode per insider trading. Avvincente e giuridicamente precisa. Su Sky Atlantic.

8 - Marseille - Florent Siri
Colpi bassi e vendette nella corsa per la poltrona a sindaco di Marsiglia tra Gérard Depardieu e Benoit Magimel, prima alleati e poi avversari più interessati ad affossarsi che a vincere. Un crime politico serrato e incalzante, tragico e shakespeariano, che descrive una Francia spaccata in due e particolarmente spaesata, governata da una classe politica corrotta e avvelenata. Sesso, droga, violenza, Islam: un calderone fin troppo pieno ma senz'altro godibile. Su Netflix.

7 - Easy - Joe Swanberg
Il manifesto del mumblecore, dialoghi un po' improvvisati, recitazione naturalistica e pochissime location. Ogni episodio è una storia a sé, dove si analizzano le diverse sfumature di amore nelle coppie moderne, tra Tinder e veganismo. Sembra che non succeda praticamente nulla, ma l'attenzione alle banalità del quotidiano è una qualità rara e da proteggere. Un modo nuovo, non perfetto, di fare commedia e riflettere sulle nostre nevrosi. Su Netflix.

6 - Flaked - Will Arnett
Una comedy dalle sfumature drammatiche scritta su di sé da Will Arnett, simpatico cialtrone ex alcolizzato che cerca di avere una seconda possibilità dalla vita elargendo consigli per Venice Beach a individui in difficoltà esistenziale. Si ride, si sogna la California e si riflette sui percorsi tortuosi e ingannevoli dei rapporti d'amicizia. E, senza accorgersene, si finisce per voler bene a tutti i personaggi. Su Netflix.

5 - The Young Pope - Paolo Sorrentino
La serie più attesa non delude le aspettative. Per metà. Perché i primi due folgoranti episodi non trovano conferma in quelli successivi e perché Sorrentino non è sempre a suo agio con i ritmi narrativi di showrunner. Ma alcuni momenti sono degni del suo miglior cinema: il duetto tra Papa Jude Law e Stefano Accorsi/Matteo Renzi è da antologia e la fine del cardinale Dussolier è acida e beffarda come lo erano i suoi primi film. Su Sky Atlantic.

4 - Bloodline 2 - Glenn Kessler, Todd A. Kessler, Daniel Zelman
Un grande, dolente, romanzo americano, dai tempi più dilatati rispetto a molte serie, interessato soprattutto alle psicologie dei personaggi, ai loro demoni interiori. Sangue inteso come legame famigliare, ma anche come inevitabile conseguenza del Fato: rimorsi, rancori, sensi di colpa che arricchiscono ogni episodio di una tensione costante, destinata a esplodere. Sullo sfondo, il paradiso perduto delle Florida Keys. Cast meraviglioso (Kyle Chandler, Ben Mendelsohn, Linda Cardellini, Andrea Riseborough). Su Netflix.

3 - Love - Judd Apatow
Tenera, credibile analisi di una costruzione di un amore goffo e improbabile nell'era digitale. La bella Gillian Jacobs è una tipica trentenne di oggi, sfrontata e grezza, mentre Paul Rust uno sfigato vecchio stampo, sensibile e imbranato, che finisce per essere cool, come tutti gli eroi della commedia di Judd Apatow, nella loro versione più romantica possibile: sono sempre le incomprensioni e le piccolezze a rendere le cose preziose. Su Netflix.

2 - Stranger Things - The Duffer Brothers
Chi è allergico all'universo degli anni Ottanta ne stia lontano: è la serie con il maggior numero di rimandi, citazioni e omaggi che sia mai stata realizzata. Da I Goonies a Stand By Me, War Games, Twin Peaks e persino Under the Skin: frullateli e otterrete Stranger Things. Ma dopo il sospetto di programmaticità dei primi episodi, l'emozione e la commozione prendono il largo: in fondo, è un altro struggente romanzo di formazione, che si focalizza sul momento in cui amore e morte entrano con prepotenza nelle nostre vite. Su Netflix.

1 - The Night Of - Richard Price, Steven Zaillian
Come le due stagioni di True Detective, come la prima di Narcos, è più corretto considerarlo un vero e proprio film di nove ore piuttosto che una serie. Ed è folgorante: il pilot è uno shock, l'incubo di chiunque dopo una notte da leoni è terrorizzato dall'idea di trovarsi dietro le sbarre di un carcere. Legal-prison-drama senza tregua, e dietro la ricostruzione del delitto c'è l'affresco dell'America di oggi, dura e multiculturale. John Turturro azzecca probabilmente il miglior ruolo della carriera: tra il derelitto e il geniale, l'avvocato Stone è il personaggio dell'anno. Su Sky Atlantic.

LE SERIE DELL'ANNO DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'

2011 - The Bridge - Hans Rosenfeldt
2012 - Black Mirror - Charlie Brooker
2013 - Black Mirror 2 - Charlie Brooker
2014 - True Detective - Nic Pizzolatto
2015 - True Detective 2 - Nic Pizzolatto
2016 - The Night Of - Richard Price, Steven Zaillian



sabato 10 dicembre 2016

I Film del 2016 degli Amici e Lettori

Nonostante i critici più stagionati lo abbiano sprovvedutamente definito un "comizio anacronistico" - non c'è invece un'opera più necessaria e attuale in questo 2016 - l'ultimo Ken Loach Io, Daniel Blake, vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes, è risultato essere il film più votato dagli amici e lettori del nostro blog. Bisogna dare atto che quest'anno è mancato uno schiacciasassi come è avvenuto l'anno scorso con Youth di Sorrentino. Loach ha prevalso con 6 segnalazioni, incalzato dalle 5 di Animali notturni e dalle 4 di Captain Fantastic e della sorpresa Veloce come il vento. Le delusioni? Soltanto 2 segnalazioni per il Tarantino di The Hateful Eight, 1 per il vincitore del premio Oscar Il caso Spotlight, nessuna per Revenant.

Alice Zentilomo
Aquarius
Neruda
Questi giorni

Alvise Wollner
Neruda
Io, Daniel Blake
Captain Fantastic

Angelica Gallo
Animali notturni
La mia vita da Zucchina
E' solo la fine del mondo

Angela Parolin
Io, Daniel Blake
Brooklyn
Animali fantastici e dove trovarli

Antonio Savino
La grande scommessa
The Hateful Eight
Snowden

Arianna Montanari
Mapplethorpe
Lo chiamavano Jeeg Robot
La pazza gioia

Damiano Panattoni
Brooklyn
Animali notturni
Veloce come il vento

Davide Giordano
Sing Street
Captain Fantastic
Hell or High Water

Fabio Beninati
Café Society
The End of the Tour
Neruda

Francesco Lamagna
Quo vado?
Babbo bastardo 2
Il caso Spotlight


Giovanni Dal Toso
The Neon Demon
Julieta
The Hateful Eight

Juxhin Myzyri
Sing Street
The Neon Demon
Mississippi Grind

Linda Pola
The End of the Tour
No Filter
La pazza gioia

Lorenzo Gramatica
It Follows
Animali notturni
Love

Manuela Santacatterina
Paterson
The End of the Tour
Captain Fantastic

Marco Dal Toso
Io, Daniel Blake
Café Society
Veloce come il vento

Marco Solè
Animali notturni
It Follows
Tutti vogliono qualcosa

Maria Laura Ramello
Captain Fantastic
E' solo la fine del mondo
Io, Daniel Blake

Marzia Carrera
Julieta
Fai bei sogni
Il condominio dei cuori infranti

Massimiliano Gavinelli
Io, Daniel Blake
Frantz
Veloce come il vento

Mattia De Gasperis
It Follows
Animali notturni
La grande scommessa

Mattia Palma
Ti guardo
La pazza gioia
Tutti vogliono qualcosa

Melis Rossi
Steve Jobs
Café Society
Fai bei sogni

Paolo Quaglia
Sully
My Way: The Rise and Fall of Silvio Berlusconi
Quo vado?

Simone Carella
Io, Daniel Blake
Frantz
Fai bei sogni

Umberto Villa
Veloce come il vento
L'ultima parola
Perfetti sconosciuti


6 Io, Daniel Blake
5 Animali notturni
4 Captain Fantastic, Veloce come il vento
3 Café Society, The End of the Tour, Fai bei sogni, It Follows, Neruda, La pazza gioia
2 Brooklyn, E' solo la fine del mondo, Frantz, La grande scommessa, Julieta, The Hateful Eight, The Neon Demon, Quo vado?, Sing Street, Tutti vogliono qualcosa
1 Aquarius, Questi giorni, La mia vita da Zucchina, Hell or High Water, Mississippi Grind, No Filter, Love, Paterson, Ti guardo, Steve Jobs, Sully, My Way: The Rise and Fall of Silvio Berlusconi, L'ultima parola, Perfetti sconosciuti, Snowden, Il condominio dei cuori infranti, Mapplethorpe, Lo chiamavano Jeeg Robot, Animali fantastici e dove trovarli, Babbo bastardo 2, Il caso Spotlight


I FILM DELL'ANNO DEGLI AMICI E LETTORI

2011 - Melancholia - Lars von Trier
2012 - Moonrise Kingdom - Wes Anderson
2013 - Django Unchained - Quentin Tarantino
2014 - The Wolf of Wall Street - Martin Scorsese
2015 - Youth - Paolo Sorrentino
2016 - Io, Daniel Blake - Ken Loach




venerdì 9 dicembre 2016

Top 20: La Superclassifica del 2016

20 - The Neon Demon - Nicolas Winding Refn
Il manierismo di NWR trova finalmente una sua ragion d'essere: questa volta il modello di riferimento è il Dario Argento di Suspiria, il ponte ideale per ritrarre un universo della moda abitato da corpi vuoti che camminano. Una forma che s'identifica perfettamente con il suo contenuto: come Spring Breakers è un film sulla consistenza della superficie, come Maps To The Stars sulla correlazione tra morte ed establishment. Visivamente, un pugno nello stomaco.

19 - Mississippi Grind - Ryan Fleck, Anna Boden
Ben Mendelsohn (un'altra prova enorme, dopo la serie Netflix Bloodline) e Ryan Reynolds (sorprendente, la sua miglior interpretazione) sono due scommettitori incalliti on the road che costeggiano il Mississippi, dove le autostrade sembrano non finire mai e le insegne indicano soltanto motel, taverne, bordelli o bingo e slot machines. E i registi Fleck e Boden, riflettendo sull'imprevedibilità del fato, inneggiano a quel briciolo di solidarietà umana che ci tiene in piedi.

18 - 1981: Indagine a New York - J.C. Chandor
Fino a che punto possono coesistere la rettitudine e un mondo sempre più orientato verso il mito dell'affermazione economica e la violenza? Un magnifico Oscar Isaac è il self-made man che non rinuncia al confronto e alla razionalità, e che ribadisce l'onestà come la base fondamentale del proprio successo. Attorno a sé, le regole della sopraffazione, della competizione e del sangue hanno preso il sopravvento.

17 - Sing Street - John Carney
Dublino, anni Ottanta e amori adolescenziali: un teen movie semplicemente perfetto, tra canzoni dei Cure e dei Duran Duran, pensando a The Commitments e al desiderio di fuggire verso quella Londra dove tutto è possibile. Tante gag infallibili sui tentennamenti degli anni più folgoranti, quelli dove si fanno le scoperte più importanti: il rock, la scelta di non omologarsi, il complicato universo femminile. E come in School of Rock si manda a fare in culo il potente.

16 - Microbo & Gasolina - Michel Gondry
Gondry continua a osservare la meccanica delle emozioni con una creatività che non appartiene a nessun altro cineasta del nuovo millennio. Questa volta si sofferma su un romanzo di formazione, un road movie adolescenziale agrodolce e magico che evita ricatti emotivi e sentimentalismi. E, con ironia e affetto, definisce l'amicizia come un incontro tra solitudini e anticonformismi per affrontare gli ostacoli della crescita e del tempo.

15 - Questi giorni - Giuseppe Piccioni
Una somma di piccole cose, un insieme di frammenti emotivi e incidenti che caratterizzano la vita di quattro ragazze autentiche, piene di sfumature. Snobbato e sottovalutato a Venezia 73, ma è il più bel film di Giuseppe Piccioni: nessun pericolo di giovanilismo e femminismo, nonostante si sfiorino tanti temi a rischio. Una sensibilità rara e preziosa: carinerie e macchiette sono lasciati al cinema italiano modaiolo che piace alla gente che piace.

14 - Mistress America - Noah Baumbach
Dopo Frances Ha e Giovani si diventa, Baumbach prosegue il ritratto di personaggi femminili sfaccettati e contemporanei, che si affannano goffamente per essere al passo coi tempi e che faticano a rinunciare ai propri obiettivi. Le donne del regista newyorchese - bellissime Greta Gerwig e Lola Kirke - sono come le sorelle di Hannah di Woody Allen: romantiche e imperfette, confuse e felici, ma nell'epoca dei social network.

13 - Batman v Superman: Dawn of Justice - Zack Snyder
Lo onorano nell'unico modo che sanno fare: come soldato. L'unico cinecomix dell'anno veramente politico, un kolossal capace di raccontare lo spirito del tempo attraverso un universo cupo e soffocante. Due supereroi sull'orlo di una crisi di nervi, che si fanno guerra tra di loro, disorientati e impotenti di fronte al Male. Cadendo sul campo di battaglia, i nostri miti si trovano costretti a celebrare il funerale di Dio.

12 - Animali notturni - Tom Ford
Un'opera viscerale sulla vendetta, sul ruolo dell'arte, e sulla potenza delle parole e della scrittura, dove Tom Ford si diverte con momenti di puro cinema, citando di tutto e di più, da Lynch a Sorrentino, da Tarantino a Hitchcock. Dalla Los Angeles più vacua e patinata al Texas più desolato e violento, un viaggio negli inferi dell'anima: lo sceriffo di Michael Shannon ruba però la scena a un sofferto Jake Gyllenhaal e a una stronza Amy Adams.

11 - Café Society - Woody Allen
Woody al suo meglio, dopo il brutto Irrational Man si abbandona alla Hollywood degli anni Trenta, ai primi amori, al passato che torna a bussare ma che non può essere recuperato. E all'accettazione di essere diventati come non avremmo mai voluto. L'alter-ego ora è Jesse Eisenberg, meravigliosamente ebreo, mentre la sua Annie è Kristen Stewart, sempre più brava e raggiante: come in Sils Maria, è un fantasma di cui non si può fare a meno.

10 - Fai bei sogni - Marco Bellocchio
Dopo Sangue del mio sangue, un altro film definitivo di Marco Bellocchio, altrettanto onirico ma in versione pop: dentro c'è tutto. Famiglia, religione, senso di colpa, salti nel vuoto. La sensazione è che il regista di Bobbio abbia una libertà artistica che nessun altro in Italia desidera, e rimodellando il libro di Gramellini realizza un capolavoro personale e dolente. Senza pazza gioia e senza perfetti sconosciuti, tra Belfagor e Superga, perché vivere aiuta a non morire (come in Frantz).

9 - Tutti vogliono qualcosa - Richard Linklater
Un college movie apparentemente innocuo, spigliato, divertente, un po' più intelligente della media. Fino al finale, quando Linklater lascia i puntini di sospensione, non chiude, e fa cominciare un altro film, fuori campo, quello del risveglio dopo il sogno. E così, retroattivamente, ci si accorge delle precisa capacità di un cineasta unico che racconta i dettagli della crescita e incasella i momenti di passaggio della vita con trasparente commozione. Frontiers are where you find them.

8 - It Follows - David Robert Mitchell
Senza esagerare, il miglior horror del nuovo millennio. Costruito sulla paranoia, sulle allucinazioni, sul senso di colpa connaturato all'inevitabilità della crescita, dell'attrazione fisica, delle prime esperienze sessuali. Mitchell si focalizza su uno stato d'animo generazionale e incornicia un mood soffocante e plumbeo, puntellato da una fotografia elettrica e notturna e dall'ambientazione di una provincia americana sempre più fuori dal mondo. Che cosa (non) significa avere vent'anni.

7 - Julieta - Pedro Almodovar
Dopo tre film anomali e poco riusciti, Pedro rispolvera il suo cinema di pura passione: non con un almodrama, ma con un drama seco. E riflette sulle vite che abbandoniamo e su quelle a cui dobbiamo affidarci per ripartire. Un'opera sui cambiamenti, sui punto e a capo, spesso dovuti all'ineluttabilità del fato che paghiamo con il senso di colpa. Meravigliosa Adriana Ugarte, nuova musa con gli occhi da cerbiatta.

6 - Genius - Michael Grandage
Semplice, classico, commerciale. Ma è grande cinema. Colin Firth e Jude Law nei loro ruoli più belli di sempre: il rapporto tra l'editore Maxwell Perkins e il geniale, caotico, umorale Thomas Wolfe commuove come nient'altro. La storia di una stima professionale e di un affetto umano reciproci, tipicamente maschili, che toccano corde sconosciute evitando le ambiguità della bromance. Uomini per cui le ossessioni prevalgono sulle responsabilità: non ci guarderemo indietro mai.

5 - The End of the Tour - James Ponsoldt
Folgorante gioco di specchi tra lo scrittore David Foster Wallace e il giornalista del Rolling Stone David Lipsky. Riflessioni dolorose di un'anima fragile su successo, depressione e relazioni umane, delineando i contorni di un'America innevata di fast food, televisione e grandi magazzini. Il distacco tra noi stessi e gli altri, tra noi stessi e la realtà: sono solo parole, ma fanno male e tramortiscono. Eccezionale Jason Segel in una prova di grande equilibrio.

4 - Veloce come il vento - Matteo Rovere
Emozioni fuorigiri, personaggi iconici e indimenticabili, una grande storia famigliare tipicamente italiana ma raccontata con l'adrenalina del miglior cinema americano di genere e senza la retorica e il familismo nostrani. Matilda De Angelis è una vera e propria scoperta, Stefano Accorsi balza in testa nella classifica degli idoli assoluti: dopo il Leonardo Notte di 1992, il suo Loris detto Ballerino entra con prepotenza nell'immaginario collettivo.

3 - Io, Daniel Blake - Ken Loach
I critici snob e a fine corsa lo hanno etichettato come il solito Loach, ormai anacronistico. Poi ha vinto la Palma d'oro, e si è dimostrato l'unico film necessario di questo 2016, l'unico che affronta la distanza sempre più netta tra il cittadino e le istituzioni - quella che ha portato a Brexit e Trump. Teniamocelo stretto il compagno Ken, altroché: il suo è un cinema che commuove, emoziona, scuote. Vibra. E utilizza la sfera privata per parlare delle contraddizioni della macchina pubblica.

2 - Steve Jobs - Danny Boyle
Terzo capitolo di Aaron Sorkin su uomini visionari e sulla contemporaneità, dopo The Social Network e Moneyball, Tre atti cinici, senza cuore, travolgenti. Una canzone rap tradotta in immagini, parole mitragliate, vere e proprie rasoiate che attraversano uno dei personaggi più controversi e decisivi per quello che siamo oggi. La vita è sempre dietro le quinte: sul palcoscenico va in scena solo una versione dei fatti, quella più commerciabile e concorrenziale.

1 - Frantz - Francois Ozon
Il capolavoro della filmografia fluviale di Ozon, per distacco. Un melodramma che ripensa Lubitsch (L'uomo che ho ucciso) e che guarda a Reitz e Haneke, ma che possiede una forza unica e struggente: una tensione di morte costante fa da sfondo a una delle più profonde e poetiche riflessioni sul suicidio. Ma il finale, magnifico, è un inno alla vita e alla inevitabile e dolorosa presa di consapevolezza della propria libertà. Perché vivere aiuta a non morire (come in Fai bei sogni). Memorabile.

ATTORE DELL'ANNO: Jude Law (Genius, The Young Pope)

ATTRICE DELL'ANNO: Kristen Stewart (Café Society, American Ultra)

I MIGLIOR FILM DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011 - Il cigno nero - Darren Aronofsky
2012 - Un sapore di ruggine e ossa - Jacques Audiard
2013 - The Master - Paul Thomas Anderson
2014 - Boyhood - Richard Linklater
2015 - La scomparsa di Eleanor Rigby: Lei/Lui - Ned Benson
2016 - Frantz - Francois Ozon






giovedì 1 dicembre 2016

Flop Ten: I Bidoni del 2016

10 - The Accountant - Gavin O'Connor
Vi prego, basta con le incomprensioni. Ben Affleck è un attore scarso, punto. La scusa della fissità funzionale al ruolo non può durare per sempre. In questo confuso e inutilmente arzigogolato spy-action movie, un po' fumettaro ma non troppo, è un contabile autistico, perennemente sul filo del ridicolo, che lavora per i cattivi. Ma porta anche il bravo Gavin O'Connor sulla strada sbagliata, dopo gli eccellenti Pride and Glory e Warrior.

9 - The Birth of a Nation - Nate Parker
Il remake ancora più crudo e indignato di 12 anni schiavo, dove l'ostentata partigianeria del regista e attivista Nate Parker non permette di aggiungere elementi innovativi, al di fuori di una violenza estetica sempre più gratuita. Il buon cinema politico e morale è lontano, anche perché non mancano dosi indigeste di retorica. Ma il nervosismo obamiano di fine Impero gli ha permesso comunque di vincere il Sundance. Noi però preferiamo lo Spielberg pedagogico di Amistad e Il colore viola.

8 - Deadpool - Tim Miller
Mostruosa deriva fumettara in chiave volgar-demenziale. Pura tabula rasa intellettuale. Non c'è traccia di nulla, né la simpatia di un Kick-Ass (il protagonista interpretato da Ryan Reynolds è insopportabile), né la vaga idea di poter essere uno specchio dei tempi. E figuriamoci l'intelligenza di proporsi come la parodia dei cinecomics, che quest'anno hanno invaso il mercato in maniera particolarmente molesta.

7 - Masterminds - I geni della truffa - Jared Hess
Il film che certifica la morte del comico-demenziale, uno dei generi fondamentali del cinema americano degli anni Zero (Farrelly, Apatow, Phillips). Quattro talenti comici enormi che recitano svogliati in un film sgangherato che non fa mai ridere. Forse è la fine di un'epoca: mai come quest'anno ridere di pancia al cinema è stato tanto complicato. Si salva solo il Baron Cohen di Grimsby, il resto è da buttare.

6 - E' solo la fine del mondo - Xavier Dolan
Il ventisettenne regista canadese, dopo il capolavoro Mommy, sprofonda clamorosamente in un kitsch fine a se stesso, inanellando scelte finte e artefatte: dagli asfissianti primi piani sui volti a una scelta musicale totalmente stonata e incongruente; dalla quantità fluviale di parole che si vomitano addosso i personaggi a trovate registiche patetiche. Léa Seydoux, Marion Cotillard e Vincent Cassel sembrano le guest star di una narcisistica autoaffermazione di autorialità.

5 - La ragazza del treno - Tate Taylor
Un vero e proprio bestseller, che ha ripetuto il successo nelle librerie anche nelle sale cinematografiche. Mistero. Un noir scadente e dalla soluzione improbabile, che neppure la brava Emily Blunt in un ruolo potenzialmente di facile presa (bella donna, divorziata, alcolizzata) riesce a rendere avvincente. Ma ciò che lascia esterrefatti è la sommarietà della messinscena, modesta come le fiction tedesche di qualche anno fa del ciclo "Nel segno del giallo".

4 - Knight of Cups - Terrence Malick
Un'estenuante pubblicità di due ore, dove Christian Bale e le sue donnine bellissime e perfette si struggono annoiati per i loro tormenti sentimentali, mentre la macchina da presa fluttua nell'aria senza una direzione precisa e un'idea di cinema si rivela totalmente svuotata di ogni senso e interesse, non aggiungendo nulla a tutto quello che abbiamo già visto di Terrence Malick. Pieno di frasi casuali pseudo-filosofiche, irritanti e fasulle.

3 - Kiki e i segreti del sesso - Paco Leon
Perversioni e disordini sessuali raccontati in sketch eccessivamente verbosi e mai seducenti, spesso fin troppo paradossali. La morale finale è un invito a vivere la propria sessualità nella maniera più gioiosa e libera possibile. Come un Vanzina, ma senza neppure un po' di sana volgarità. Una lettura dei disturbi parafiliaci descritti nel DSM è senz'altro più divertente e istruttiva di una serie di barzellette sul sesso che non fanno mai ridere.

2 - La corrispondenza - Giuseppe Tornatore
Papabile candidato a film più brutto del nuovo millennio, ma gli risparmiamo il primo posto grazie a qualche scena meravigliosamente scult. Tornatore irriconoscibile. Dialoghi inconcepibili, riflessioni esistenzialiste che superano la soglia della farsa. La migliore offerta sembra di un altro regista, oppure appartenere a un'epoca remota. Jeremy Irons è tragico, ma Olga Kurylenko è la prova che per fare le attrici qualche volta è sufficiente essere soltanto molto belle.

1 - Revenant - Redivivo - Alejandro G. Inarritu
Il regista messicano ormai è avvolto dalla convinzione di essere il più grande di tutti i tempi e gira un western amorfo e inerme, senza pathos, senza sentimento, senza metafisica. Puro manierismo estetizzante e irritante, mai richiesto, mai funzionale alla narrazione. La sequenza di Leonardo DiCaprio che lotta con l'orso è tanto spettacolare quanto patetica, ma è soltanto l'inizio: l'attenzione va subito alle lancette dell'orologio. Una sonora patacca d'autore.


PEGGIOR ATTORE: Ben Affleck (The Accountant)

PEGGIOR ATTRICE: Olga Kurylenko (La corrispondenza)

I BIDONI D'ORO DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011 - La pelle che abito - Pedro Almodovar
2012 - Le belve - Oliver Stone
2013 - Solo Dio perdona - Nicolas Winding Refn
2014 - 12 anni schiavo - Steve McQueen
2015 - Crimson Peak - Guillermo del Toro
2016 - Revenant - Redivivo - Alejandro G. Inarritu