4 - Little Joe - Jessica Hausner (voto 8)
Ironica, sottilissima riflessione sulla realtà percepita e sulla paranoia, stilizzata e iperrealista, in cui un bellissimo fiore rosso incide sull'umore e sui comportamenti delle persone che coabitano il suo ambiente. Autosuggestione oppure potere del progresso bio-ingegneristico? Ambiguità, ribaltamento dei punti di vista e un'estetica raggelata: la Hausner dirige uno sci-fi intellettuale e psicanalitico, che costringe a una reazione istintiva, nell'epoca del timore del contagio e dell'infezione.
3 - Assandira - Salvatore Mereu (voto 8)
Otto anni dopo Bellas Mariposas, Mereu torna a raccontare una Sardegna verace e sgradevole, persino respingente, rifuggendo dalla tentazione di abbellire luoghi che non hanno bisogno di essere magnificati. Un dramma famigliare e pessimista che degenera nel noir autodistruttivo, e che non vuole farsi piacere: nel nostro cinema, è difficile trovare un autore così disinteressato alla bella immagine, efficace e televisiva. Senza compiacimenti e senza cedere alla retorica dell'anticonformismo.
2 - Ema - Pablo Larrain (voto 9)
Trip femminista, caleidoscopico, incendiario del maestro Pablo, che firma una pellicola dallo spirito sovversivo e anarchico, ma utilizzando il linguaggio del videoclip e del messaggio pubblicitario. Qualcosa di nuovo, spiazzante, che deve essere assorbito prima di essere amato. Ed è anche uno specchio della condizione sociale del Cile di oggi, della sua cultura, dei suoi colori e delle sue musiche, con lo sfondo di una Valparaìso che rimarrà sempre il porto felice di dissidenti, poeti e puttane.
Un Malick lirico, sontuoso, sorprendentemente lineare e narrativo, un'ode appassionata e commovente agli uomini retti, alla priorità dell'etica e della purezza della condotta morale. Uno sguardo straordinario sulla magnificenza e sull'impassibilità del miracolo della Natura, che resiste e perdura nonostante gli orrori della Storia. Mai così vicino alle vette sublimi e spirituali de La sottile linea rossa e The New World, il vecchio Terrence rimette al centro delle immagini la poesia bucolica e la ricerca di un umanesimo nascosto, che restituisce valore al significato della parola amore.