Molti timori sulle modalità dei controlli sanitari, e un po’ di perplessità sulla qualità effettiva delle opere presentate avevano anticipato la 77. Mostra del cinema di Venezia, tenutasi dal 2 al 12 settembre. Un’edizione che resterà memorabile e che è riuscita a vincere, invece, ogni tipo di scetticismo: non è un caso che la stampa estera, tra cui anche prestigiose riviste di settore come Variety, abbiano elogiato l’organizzazione impeccabile della manifestazione. Termoscanner all’ingresso dell’area dedicata, obbligo di mascherina durante le proiezioni, prenotazione del posto esclusivamente online mantenendo ogni volta lo schema dei posti “a scacchiera”: queste sono state alcune delle regole ferree che hanno consentito che non si creasse alcun pericolo di contagio, insieme alla disposizione eccellente di tutti i partecipanti, dagli addetti ai lavori al pubblico, che hanno dimostrato di amare il cinema al di là di ogni ostacolo e restrizione sociale.
martedì 15 settembre 2020
Riflessioni Spiazzanti: Venezia 77
Ma la sfida più bella vinta dal direttore Alberto Barbera è stata quella di
riuscire a proporre, anche quest’anno, una selezione di film importanti e
stimolanti, degna di una mostra internazionale, capace di rappresentare l’eterogeneità
di gusti e generi che attraversano ogni parte del mondo cinefilo. Non sono
mancate polemiche relative ai premi assegnati dalla giuria presieduta da Cate
Blanchett, eppure anche questo è stato un segnale di entusiasmo ritrovato, di
voglia di confronto, da parte di tutti quegli appassionati di cinema che nei
mesi di lockdown sono stati costretti a rinunciare a festival di rilievo come
Cannes e Locarno, limitandosi a qualche “bisticcio” social sul valore delle
produzioni rilasciate da piattaforme come Netflix e Amazon Prime.
Il Leone d’oro è andato a Nomadland di
Chloé Zhao, regista cinese trapiantata negli Stati Uniti, storia di una donna
di mezza età – interpretata da un’intensa Frances McDormand - che, vittima del
crollo economico di una città aziendale del Nevada, carica i bagagli nel suo
furgone e si mette sulla strada alla ricerca di una vita al di fuori dalla
società capitalista e dalla dittatura del benessere e del denaro. Una lente d’ingrandimento
sui nomadi di oggi, ma anche un elogio nei confronti di una scelta esistenziale
anticonformista, che fa ricordare i romanzi on the road dei poeti della beat
generation. La Zhao è la quinta regista donna a vincere il Leone, dopo Sofia
Coppola, Mira Nair, Agnès Varda e Margarethe von Trotta.
Ma i film più potenti e innovativi arrivano da realtà cinematografiche diverse:
in Nuevo Orden, meritato vincitore
del Gran Premio della Giuria, il regista Michel Franco ritrae un Messico violento,
disperato e devastato dal conflitto sociale, in cui la rivoluzione delle
milizie proletarie viene a sua volta soverchiata da un colpo di stato militare;
in The Disciple, vincitore del premio
per la miglior sceneggiatura, Chaitanya Tamhane racconta il percorso artistico
di un aspirante interprete della musica classica indiana che mira all’ascetismo,
attraverso tappe spirituali e rituali sacri che richiedono una quotidianità che
impone rinunce e sacrificio; in Laila in
Haifa del maestro Amos Gitai, s’incontrano in un locale notturno israeliani
e palestinesi, lontani dallo scontro politico e religioso, ma vicini per quanto
riguarda la complessità delle esistenze personali e i demoni che accomunano uomini
e donne; nell’onirico e affascinante In
Between Dying, il regista azero Hilal Baydarov si rivela lo sguardo più
coraggioso e sperimentale, seguendo i viaggi in moto e gli incidenti del
giovane Davud, sospesi tra sogno e realtà.
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