20 - Together - Michael Shanks
Un horror sorprendente e concettuale che trasforma la crisi di coppia in un incubo corporeo e metafisico. Dave Franco e Alison Brie interpretano due amanti logorati dalla routine che, isolandosi nella natura, finiscono letteralmente per fondersi in un unico corpo: allegoria estrema dell’amore come perdita di se stessi. Shanks sovverte i codici del cinema indie americano, contaminandoli con un corto circuito visivo e narrativo che interroga l’identità, il genere e la dipendenza affettiva. Tra ironia nera e body horror, un trip disturbante e lucidissimo sull’impossibilità di essere davvero “uno” senza annullarsi, un racconto d’amore che diventa riflessione inquieta sull’umanità e sull’era post-identitaria.
19 - Die My Love - Lynne Ramsay
Lynne Ramsay firma un’opera viscerale e disturbante, un viaggio senza appigli dentro una mente lacerata dalla depressione post-partum. Jennifer Lawrence domina lo schermo con una performance brutale e magnetica: il suo corpo diventa il campo di battaglia di un malessere che erode amore, desiderio e identità. Accanto a lei, un Robert Pattinson spiazzato e inerte completa il quadro di una coppia in disfacimento. Ramsay frantuma il racconto in visioni, ripetizioni, sonorità assordanti e colori saturi, costruendo un gotico rurale soffocante, tra erotismo, furia e disperazione. Non è un film accomodante: è scomodo, eccessivo, a tratti respingente.
18 - Io sono ancora qui - Walter Salles
L'orrore del fascismo e della dittatura militare, la tragedia dei desaparecidos, ma anche la forza e la volontà di una donna per mantenere viva la memoria e cercare fino alla fine di raggiungere la verità e la giustizia. Salles torna a un cinema popolare, narrativamente asciutto, limpido e lineare, capace di emozionare con la giusta dose di indignazione. Il merito è condiviso con la straordinaria protagonista, una Fernanda Torres addolorata e sempre combattiva, colma di dignità e determinazione. Una commedia famigliare che si evolve in dramma politico. E sullo sfondo, ieri come oggi, il Brasile divide i suoi conflitti tra allegria e nostalgia, tra gioia e lacrime, tra libertà e repressione.
17 - Giovani madri - Jean-Pierre e Luc Dardenne
I Dardenne tornano alla forma più pura del loro cinema: un racconto asciutto, rigoroso, ma attraversato da una tensione emotiva profonda. Cinque adolescenti, ospitate in una casa-famiglia, imparano cosa significa diventare madri mentre cercano, disperatamente, di diventare figlie, persone, identità riconosciute. La macchina da presa non giudica ma accompagna, aderendo ai gesti e ai silenzi con una precisione quasi chirurgica. La moralità del film non nasce da un messaggio politico, ma dalla forza del gesto cinematografico stesso: sobrio, frontale, umanissimo. Un ritorno all’essenza del “sistema Dardenne”, capace ancora di commuovere e interrogare.
16 - L'attachement - Carine Tardieu
Una delle sorprese più dolci e mature dell’anno: un film che riflette sull’empatia e sul bisogno, oggi più che mai universale, di costruire legami autentici al di là del sangue. Tardieu firma una commedia sentimentale che rifugge il melodramma per abbracciare la delicatezza del tragicomico, raccontando l’imprevedibile incontro tra una donna allergica ai sentimenti e un bambino che la costringe, senza volerlo, a lasciar entrare l’altro nella propria vita. Valeria Bruni Tedeschi, pacata e luminosa come non mai, e Pio Marmai, in un ruolo di grande sensibilità, guidano un racconto intimo ma mai chiuso, struggente e lieve insieme, sull’attaccamento come forma nuova e rivoluzionaria d’amore.
15 - Fuori - Mario Martone
Fuori dalle convinzioni e dalle convenzioni, un'opera anti-biografica che rifiuta la cronologia, raccontando un'emanazione sensibile della figura artistica della scrittrice Goliarda Sapienza. Un viaggio nell'anima tra le mura del carcere di Rebibbia e i quartieri pasoliniani di Roma in un universo in cui nulla accade e tutto brucia. Ondivago, suggestivo, onirico, frammentario. Un ritratto interiore e una riflessione sulla genesi creativa trascinanti e sfuggenti, e in cui si resta ammaliati dalla visceralità delle prove di tre protagoniste inafferrabili e sontuose: Valeria Golino osserva, elabora e sublima le esistenze borderline e impetuose di una luminosa Matilda De Angelis e di una sanguigna Elodie.
14 - Queer - Luca Guadagnino
Guadagnino adatta Burroughs per evocare un mondo di desideri repressi, alienazione e struggimento. Ambientato in un Messico allucinato e irreale, il film segue la deriva di Lee, alter ego dello scrittore, ossessionato dal giovane Allerton, presenza sfuggente e inafferrabile. Il desiderio diventa motore tragico, mentre la narrazione si fa rarefatta, più sensoriale che narrativa. Daniel Craig sorprende: fragile, patetico, indifeso, lontanissimo da Bond. Guadagnino firma la sua opera più notturna e poetica, immersa in un’atmosfera sospesa tra sogno e paranoia. Un film ipnotico, denso di non detti, che esplora l’identità come perdita e il desiderio come fantasma.
13 - The Last Showgirl - Gia Coppola
Il malinconico commiato di un’epoca e di un corpo, quello di Shelly, veterana delle Razzle Dazzle, storico spettacolo tra burlesque e rivista ormai al capolinea. Gia Coppola ne fa una The Wrestler al femminile, ritratto struggente di una donna che ha barattato tutto per le luci della ribalta e ora stringe un pugno di glitter. Pamela Anderson, sorprendente e intensa, incarna la fragilità e la caparbietà di chi non vuole smettere di credere nel sogno, anche se sbiadito. Tra piume strappate e sogni svaniti, il film riflette con grazia sul corpo femminile, l’industria dello spettacolo e l’impossibilità di reinventarsi. Un’elegia dolceamara, languida e crepuscolare.
12 - Cinque secondi - Paolo Virzì
Un inatteso colpo d’ala di Paolo Virzì, che torna a un cinema più intimo e controllato, sospeso tra dramma, commedia e riflessione morale. Valerio Mastandrea interpreta un ex avvocato ritiratosi in una villa decrepita, che vive schiacciato da una colpa indicibile e da un dolore che nessun isolamento riesce ad attenuare. L’irruzione di un gruppo di giovani idealisti, decisi a far rinascere un vigneto, incrina la sua misantropia e apre uno spiraglio di possibile redenzione. Un apologo sul fallimento, sulla responsabilità e sul desiderio di riparazione. Un film imperfetto, eppure attraversato da una vibrazione autentica, che interroga il senso del perdono e l'umanissima necessità di ricominciare.
11 - A Different Man - Aaron Schimberg
Un dramma beffardo che ribalta la narrativa classica sulla deformità: Edward, affetto da neurofibromatosi, si sottopone a una cura sperimentale che gli dona un volto “normale”, ma scopre che l’accettazione sociale non dipende solo dall’aspetto. Il suo posto nel mondo viene presto occupato da un altro uomo con la stessa malattia, ma carismatico e sicuro di sé. Schimberg costruisce un racconto surreale e intriso di paranoia, tra dramma psicologico e critica sociale. Graffiando senza eccedere, mettendo in luce con lucidità e sarcasmo le regole spietate della socialità, scavando nella fragilità dell'identità umana. Strepitosi Adam Pearson e Sebastian Stan.
10 - Liberami dal nulla - Scott Cooper
Non è un biopic convenzionale, ma il ritratto di un uomo in fuga dal proprio mito. Cooper sceglie un tono dimesso, folk, lontano dalla retorica agiografica. Niente luci da stadio o folle in delirio: solo un uomo solo con una chitarra, un registratore a quattro piste e i fantasmi del passato. È lì che Springsteen incide Nebraska, tra colpa e redenzione, tra la paura di somigliare al padre e il bisogno di restare libero. È un ritorno alle origini, una confessione domestica trasformata in poesia, che mostra come la fragilità possa diventare forza creativa. Jeremy Allen White non imita il Boss, ma lo restituisce nella sua vulnerabilità e nel suo bisogno di verità.
9 - Presence - Steven Soderbergh
Finalmente un grande Soderbergh: un horror metafisico minimale, in cui la macchina da presa si trasforma in un occhio che spia, ascolta e apprende. Un haunted movie a basso budget, ma di grande eleganza formale, che riflette sulla crisi della famiglia americana e sul desiderio di essere percepiti e riconosciuti. Ma lo sguardo è anche quello del cinema stesso, che osserva il reale da dentro, insegue le sue crepe, mette in discussione ogni certezza narrativa. Un film sul vedere e sull'essere visti, che trasforma lo spettatore in parte attiva del racconto: l'occhio che guarda - il fantasma - siamo noi, chiamati a fare i conti con la nostra prospettiva, il nostro voyeurismo e le nostre attese.
Né un war movie tradizionale, né un'epica militarista: un film sul punto di vista, su come la guerra viene percepita da chi la combatte e da chi la subisce. Ispirato ai ricordi dell'ex Navy SEAL Ray Mendoza, co-regista, Garland alterna l'euforia goliardica dei giovani soldati alla brutalità e all'orrore del conflitto, raccontato attraverso mirini, esplosioni, blackout visivi. Nessuna retorica eroica, ma un'immersione in un caos sensoriale soffocante, fatto di dolore fisico, paura, istinto di sopravvivenza. Dal video pop che apre il film al lamento di una donna irachena che lo chiude, vengono messe a nudo la dimensione ambigua, devastante, e l'insensatezza dello scontro bellico.
7 - Superman - James Gunn
Una versione dell'Uomo d'Acciaio che spiazza, diverte e commuove. Un cinecomic ironico e attuale, che svecchia l'icona senza tradirla. David Corenswet recupera la dolcezza disarmante di Reeve con leggerezza e cuore, mentre Gunn gioca con la tradizione e la mitologia DC tra kaiju, supercani e Justice Gang, senza rinunciare a riflessioni sulfuree sul nostro presente. Lex Luthor (un ottimo Nicholas Hoult) incarna l'America guerrafondaia mascherata da salvatore. Tra commedia, critica e azione pop, un'apertura scoppiettante che riconcilia con l'idea stessa di supereroe. Uno dei rarissimi casi di blockbuster di oggi capace di cogliere e incorniciare lo spirito del tempo.
6 - Alpha - Julia Ducournau
Il film più cupo ed estremo di Julia Ducournau, un body horror che abbandona la frontalità di Raw e Titane per trasformarsi in un museo vivente di corpi in mutazione. La tredicenne Alpha attraversa l’adolescenza come un territorio di contagio e metamorfosi, tra il legame con la madre e lo zio eroinomane. Una storia familiare che diventa parabola sul lutto, sull’AIDS e sulla tossicodipendenza. La regista spinge al limite l’immagine e il suono, evocando visioni apocalittiche e claustrofobiche, dal soffitto che si abbassa alla piscina "de-palmiana", tra dolore e contaminazione. Un cinema soffocante e stupendo, che scolpisce la bellezza della mostruosità e avvolge come un virus sensoriale.
5 - La voce di Hind Rajab - Kaouther Ben Hania
Un film di devastante potenza etica e civile, costruito intorno all’audio reale della telefonata della bambina palestinese di sei anni rimasta intrappolata sotto il fuoco dell’Idf. Nessuna spettacolarizzazione dell’orrore: la regista sceglie di farci ascoltare soltanto quella voce che invoca "venite a prendermi", trasformandola in un atto di memoria e resistenza. Tra finzione e documento, il cinema si mette al servizio di chi non ha più voce, rifiutando scorciatoie ricattatorie e lasciando allo spettatore lo spazio per pensare, indignarsi, piangere. Restituendo centralità politica al cinema, ricordandoci che il dolore di un bambino è un grido che risuona oltre lo schermo, impossibile da ignorare.
4 - A House of Dynamite - Kathryn Bigelow
Kathryn Bigelow firma il suo film più radicalmente post-11 settembre: un thriller apocalittico che trasforma la paura nucleare in un lucido ritratto del collasso politico e morale dell’America. Nei diciassette minuti che separano un missile dall’impatto, la regista azzera ogni certezza patriottica e costruisce una roccaforte che implode su se stessa, tra immagini rifratte e verità sgretolate. Sostenuta da un cast straordinario (Rebecca Ferguson e Jared Harris su tutti), Bigelow orchestra un ritmo infernale e una tensione che non concede respiro, interrogando la fragilità delle istituzioni e la corruzione dello sguardo. Cinema d’azione e riflessione: un capolavoro di lucidità e terrore contemporaneo.
3 - Emilia Perez - Jacques Audiard
Un torbido melodramma gangster, un musical dolente che è un inno alla vita, alla ricerca dell'identità, ai luoghi a cui appartenere e impossibili da abbandonare. Con un'energia indescrivibile, Audiard sposta gli archetipi dei generi e realizza una pellicola originalissima, senza etichette e priva di punti di riferimento: potenziale manifesto queer e femminista, ma soprattutto un possente capitolo sulla poetica del cambiamento e dell'autodeterminazione, e sul riscatto dei perdenti, che attraversa il suo cinema sin dai suoi primi film. Canzoni folli e bellissime, che riabilitano il romanticismo sfrenato del pop latino, accompagnate da coreografie sorprendenti e da un coro di protagoniste travolgenti e memorabili.
2 - Una battaglia dopo l'altra - Paul Thomas Anderson
Paul Thomas Anderson conferma il suo talento nel reinventare il cinema americano come spazio visionario e corrosivo. Un vortice di generi – commedia, dramma politico, action – che si mescolano in un racconto frammentato e allucinato. PTA costruisce un grande affresco sulle utopie perdute e sulle derive autoritarie del presente, oscillando tra ironia feroce e lirismo struggente. Inseguimenti meticolosamente coreografati, humour surreale, ritmo incessante: un’esperienza sensoriale che travolge e stordisce. Ma dietro l’eccesso resta lo sguardo umano del regista: un cinema che sa raccontare gli Stati Uniti attraverso madri smarrite, figli ribelli e un futuro ancora da scrivere. Anarchico, monumentale.
1 - L'amore che non muore - Gilles Lellouche
2012: Un sapore di ruggine e ossa - Jacques Audiard
2013: The Master - Paul Thomas Anderson
2014: Boyhood - Richard Linklater
2015: La scomparsa di Eleanor Rigby - Ned Benson
2016: Frantz - Francois Ozon
2017: Personal Shopper - Olivier Assayas
2018: Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche
2019: Joker - Todd Phillips
2020: La vita nascosta - Terrence Malick
2021: Scompartimento n.6 - Juho Kuosmanen
2022: Blonde - Andrew Dominik
2023: Killers of the Flower Moon - Martin Scorsese
2024: Grand Tour - Miguel Gomes

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