giovedì 21 agosto 2014

Anteprima: Boyhood

Chi segue da un po' questo blog potrebbe essergli capitato di leggere il post nel quale illustravo i dieci film che detesto di più, tra i quali al secondo posto compare il celebre Prima Dell'Alba di Richard Linklater. Osannato da molta parte della critica e considerato da alcuni un cult generazionale (per alcuni è il film del cuore, per alcune coppie il film della vita), lo recuperai qualche anno fa, sorprendendomi che lo sceneggiatore non fosse lo stesso che scrive le frasi sui bigliettini dentro ai Baci Perugina. Verboso, ampolloso, quel tentativo di raccontare l'amore in pochissime ore è rimasto, per fortuna, uno scivolone isolato nella carriera del regista americano. Cineasta, per il resto, curioso (Dazed and confused), anticonformista (School Of Rock), sperimentatore (Waking Life), che nell'ultimo Boyhood giunge al compimento pieno della sua poetica, racchiudendo un po' tutte queste caratteristiche. Infatti, dal 2002 al 2013 Linklater ha chiamato sul set ogni anno per pochi giorni lo stesso gruppo di attori per raccontare l'infanzia e l'adolescenza di Mason, interpretato da Ellar Coltrane, che ha iniziato il film a 8 anni e lo ha terminato a 19, andando di pari passo con la crescita del suo personaggio. Lo stesso vale per gli altri attori del film, Ethan Hawke e Patricia Arquette nel ruolo dei genitori di Mason, e la figlia del regista, Lorelei Linklater, in quello della sorella. Niente viene affidato al trucco, l'invecchiamento che vediamo sullo schermo è quello che si portano dietro gli interpreti stessi. Così come gli eventi storici che fanno da sfondo alla vicenda sono quelli contemporanei a quando è stata girata la pellicola, come ad esempio la campagna elettorale di Obama del quale il padre di Mason è un grande sostenitore. Se quello che rimproveravo a Prima Dell'Alba era l'assenza di una vera trovata, di un guizzo, di un graffio narrativo che vivacizzasse il contesto, in Boyhood questa mancanza risulta essere, invece, l'arma vincente, l'unica possibile di fronte a una sfida di questo calibro: le difficoltà che è costretto a dover affrontare il giovane protagonista sono quelle che potrebbe aver vissuto chiunque, dalla traumatica separazione dei genitori al difficile rapporto con i loro nuovi rispettivi compagni, dai primi turbolenti innamoramenti fino al conseguimento del diploma. Quante volte si potrebbe aver pensato che sarebbe bello vedere un film con i momenti salienti della propria esistenza, una sintesi con le parti noiose tagliate. Ecco, Boyhood è un po' questo, un coming-of-age che prende di petto il desiderio di identificazione dello spettatore, ponendo inevitabilmente l'interrogativo se il cinema possa davvero essere uno specchio fedele della vita, oppure se le necessità narrative debbano prendere forzatamente il sopravvento. Linklater si è ciecamente affidato all'ignoto, alla Storia che deve ancora essere scritta, prendendosi il rischio di girare a volte a vuoto, ma offrendo alcuni passaggi struggenti, di una intensità assoluta: le giornate di Mason trascorse insieme al padre a giocare a bowling o alle partite di baseball, i discorsi di sua madre sull'inevitabilità dell'abbandono e della perdita possiedono il dono magico dell'autenticità, e della lacrima.