Uno dei nuovi manifesti della nicchia techno-minimal, forse il documento più sincero e crudo insieme a Eden di Mia Hansen-Love. Le scorribande di due ventenni per la Varsavia dei rave, tra notti e albe, fuochi d'artificio e solitudine. Una lente d'ingrandimento su quella parentesi dalla vita reale che chiunque di noi può aver trascorso, quando conta soltanto ballare incessantemente e non pensare, e tutto ciò che è passato o futuro sembra non avere importanza.
4 - Dark Night - Tim Sutton (voto 8)
La giornata di alcuni sconosciuti precedente al massacro di Aurora in Colorado del 2012, poco prima della proiezione del film Il cavaliere oscuro - Il ritorno. Uno stile minimalista e "vansantiano" che si insinua a poco a poco sottopelle, ci fa immergere nell'oscenità quotidiana di una Nazione che non è in grado di fare i conti con il vuoto pneumatico dell'esistenza dei suoi abitanti, ovvero individui che conoscono soltanto il linguaggio dell'(auto)distruzione per poter avere le luci della ribalta.
3 - Oltre la notte - Fatih Akin (voto 8)
Ritorno del regista turco-tedesco al dramma secco e politico, il genere che più gli è congeniale: una mazzata emotiva, che si confronta con la macchia nazista che si sta pericolosamente diffondendo in alcune zone d'Europa. Diviso in tre atti, non privo di singole ingenuità, ma con una potenza generale di racconto che capita sempre più di rado: gran parte del merito è della straordinaria prova di Diane Kruger, premiata a Cannes, donna addolorata e ferita, in cerca di giustizia e costretta alla vendetta.
2 - Foxtrot - Samuel Maoz (voto 9)
Il trauma della perdita e l'orrore della guerra raccontati attraverso la disperazione di un padre e la vita immobile in un checkpoint perduto in mezzo al deserto. Il sangue si tramanda di generazione in generazione in un loop dove si torna sempre al punto di partenza. Ma per l'israeliano Maoz, l'assurdità della violenza e l'ineluttabilità del fato si possono esorcizzare con la danza e con i racconti di gioventù. Meritato Gran Premio alla Mostra di Venezia, dimenticato agli Oscar.
1 - Tonya - Craig Gillespie (voto 10)
La più grande sorpresa del cinema americano degli ultimi anni. Lo scandalo sportivo dell'aggressione alla pattinatrice Nancy Kerrigan, che coinvolse la sua diretta rivale Tonya Harding, è lo spunto per una riflessione sull'America più emarginata e povera, in cerca di identità e senza possibilità di riscatto, nello stesso tempo vittima e colpevole. Un film semplicemente perfetto: il tono è ironico senza diventare grottesco, dolente e impietoso senza diventare patetico. La ricreazione dei primi anni Novanta, tra musiche e costumi, è impeccabile. Margot Robbie era da Oscar: nessuna come lei trasmette così bene bellezza, disperazione e squallore.
4 - Dark Night - Tim Sutton (voto 8)
La giornata di alcuni sconosciuti precedente al massacro di Aurora in Colorado del 2012, poco prima della proiezione del film Il cavaliere oscuro - Il ritorno. Uno stile minimalista e "vansantiano" che si insinua a poco a poco sottopelle, ci fa immergere nell'oscenità quotidiana di una Nazione che non è in grado di fare i conti con il vuoto pneumatico dell'esistenza dei suoi abitanti, ovvero individui che conoscono soltanto il linguaggio dell'(auto)distruzione per poter avere le luci della ribalta.
3 - Oltre la notte - Fatih Akin (voto 8)
Ritorno del regista turco-tedesco al dramma secco e politico, il genere che più gli è congeniale: una mazzata emotiva, che si confronta con la macchia nazista che si sta pericolosamente diffondendo in alcune zone d'Europa. Diviso in tre atti, non privo di singole ingenuità, ma con una potenza generale di racconto che capita sempre più di rado: gran parte del merito è della straordinaria prova di Diane Kruger, premiata a Cannes, donna addolorata e ferita, in cerca di giustizia e costretta alla vendetta.
2 - Foxtrot - Samuel Maoz (voto 9)
Il trauma della perdita e l'orrore della guerra raccontati attraverso la disperazione di un padre e la vita immobile in un checkpoint perduto in mezzo al deserto. Il sangue si tramanda di generazione in generazione in un loop dove si torna sempre al punto di partenza. Ma per l'israeliano Maoz, l'assurdità della violenza e l'ineluttabilità del fato si possono esorcizzare con la danza e con i racconti di gioventù. Meritato Gran Premio alla Mostra di Venezia, dimenticato agli Oscar.
1 - Tonya - Craig Gillespie (voto 10)
La più grande sorpresa del cinema americano degli ultimi anni. Lo scandalo sportivo dell'aggressione alla pattinatrice Nancy Kerrigan, che coinvolse la sua diretta rivale Tonya Harding, è lo spunto per una riflessione sull'America più emarginata e povera, in cerca di identità e senza possibilità di riscatto, nello stesso tempo vittima e colpevole. Un film semplicemente perfetto: il tono è ironico senza diventare grottesco, dolente e impietoso senza diventare patetico. La ricreazione dei primi anni Novanta, tra musiche e costumi, è impeccabile. Margot Robbie era da Oscar: nessuna come lei trasmette così bene bellezza, disperazione e squallore.