venerdì 13 novembre 2015

Il Pagellino: Novembre 2015

45 Anni - Andrew Haigh 9: i segni, i volti, le rughe degli indimenticabili Tom Courtenay e Charlotte Rampling sono il cuore pulsante di un grande film che scava nelle pieghe profonde di chi è in grado di conservare l'eternità di un sentimento, per quanto possa rimanere apparentemente congelato. L'amore non è mai una cosa semplice.

By the Sea - Angelina Jolie Pitt 8: un'opera fuori dal tempo, capace di destrutturare tutto ciò a cui il postmoderno ci ha abituato. Un cinema spavaldo e oltraggioso, che recupera il gusto semplice di riprendere la bellezza immobile dei corpi, dei gesti, dei dettagli. La confessione vintage e dolorosa di una coppia di divi e dei loro limiti, tra schiuma dei giorni e voyeurismo. Sicuro flop al botteghino, ma sarà un cult alla distanza.

Kreuzweg - Le stazioni della fede - Dietrich Bruggemann 8: una discesa agli inferi, un graduale processo di autodistruzione attuato in nome di valori presunti come redenzione, fede e beatificazione. Un racconto di de-formazione che soffoca ogni speranza di ribellione o di illusoria reazione laica da parte di una giovane protagonista, mentre sfiora soltanto il desiderio di esprimere una femminilità repressa.

Belli di papà - Guido Chiesa 7: commedia italiana leggermente sopra la media, apprezzabile per un Abatantuono piuttosto in forma e un trio di giovani attori sciolto e divertente. Non si urla al miracolo, ma ci si accorge che una visione piacevole, un po' frivola, in grado di intrattenere con garbo e senza la presunzione di essere lo "specchio" del Paese è sempre più merce rara.

La legge del mercato - Stéphane Brizé 7: amara riflessione sulla degenerazione del liberismo, su condizioni di precarietà lavorative e umane sempre più esasperate e su un mondo interessato ormai soltanto alla convenienza e al profitto. Meraviglioso Vincent Lindon, uno degli attori francesi più grandi di oggi, premiato meritatamente con la Palma d'oro a Cannes.

Snoopy & Friends 7 - Steve Martino 7: tanta simpatia per il film dei Peanuts. Riuscito il tentativo di ricollocare la poetica tenera ma caustica di Schulz ai ritmi e al linguaggio dei prodotti per bambini di oggi, senza snaturare la colonna vertebrale. Ad ogni modo, fa sempre più piacere vedere i piccoli ridere ed entusiasmarsi per Snoopy e Linus piuttosto che per i Minions.

Tutto può accadere a Broadway - Peter Bogdanovich 7: bellissime Imogen Poots e Jennifer Aniston, irresistibili Owen Wilson e Rhys Ifans, ritmo, battute divertenti, omaggiando la cara vecchia screwball comedy di tanto tempo fa. Non gridiamo al capolavoro, però, perché il grande vecchio Bogdanovich non aggiunge davvero niente di nuovo. 

Malala - Davis Guggenheim 6: che bella la storia di Malala Yousafzai ma che brutto questo vizio di doppiare anche i documentari. Cosa c'entra la voce di Filippo Timi con quella del papà della protagonista? Il film ha sicuramente un valore più pedagogica che strettamente artistico e, infatti, a breve sarà trasmesso da National Geographic.

Rams - Grimur Hakonarson 6: un discreto esempio di cinema finalizzato a sconfessare stereotipi e a proporre uno sguardo reale sulla quotidianità di individui fuori dal nostro tempo, ma umani, a cui ci si affeziona proprio per la loro spigolosità. Certo, bisogna essere interessati alla vita d'Islanda o a quella delle pecore, altrimenti si rischia il colpo di sonno.

Il segreto dei suoi occhi - Billy Ray 6: dignitoso remake americano del bellissimo thriller argentino di Juan José Campanella, a distanza di tempo forse troppo breve per suscitare vero interesse. Bello ritrovare Julia Roberts, un po' imbruttita ma dolente, e Nicole Kidman, un po' ageé ma ancora piena di fascino. 

Premonitions - Alfonso Poyart 5: dopo più di un'ora di noia mortale, appare finalmente il nostro amato Colin Farrell, l'unico motivo di interesse di un mezzo thriller paranormale buono soltanto per la terza serata di ReteQuattro. Consigliamo a Anthony Hopkins di trascorrere una serena pensione, per mantenere il ricordo dei bei tempi che furono.

Spectre - Sam Mendes 4: da non-bondiano, avevo riconosciuto la grandezza di Skyfall, il coraggio di mostrare un Bond affaticato, costretto a confrontarsi con il tempo che passa. A parte un grande inizio, Spectre è tutto quello che un disinteressato a 007 teme di vedere: mossettine, dialoghi riciclati, cartoline, donnine, cazzatine. E Christoph Waltz è già diventato la macchietta di se stesso. 




martedì 3 novembre 2015

45 Anni

Nonostante il titolo del fortunato album di Tiziano Ferro, l'amore non è mai una cosa semplice. E proprio alcuni film che sono attualmente al cinema lo testimoniano: non lo è durante gli anni dell'adolescenza, in quanto castigato dalla presenza suprema e inesistente di un fondamentalismo cattolico che non permette spiragli emotivi (Kreuzweg - Le stazioni della fede); non lo è con l'arrivo della mezza età, in quanto messo a repentaglio dalla vitalità di una irresistibile escort che sogna di diventare un'attrice (Tutto può accadere a Broadway); e, soprattutto, non lo è all'alba dell'anniversario dei quarantacinque anni di matrimonio, come è magnificamente provato dal terzo film del regista inglese Andrew Haigh, intitolato proprio 45 anni, presentato all'ultimo Festival di Berlino e vincitore dell'Orso d'Argento per l'interpretazione dei suoi due protagonisti, gli inarrivabili Tom Courtenay e Charlotte Rampling. I loro personaggi si trovano di fronte al momento più complesso della loro vita coniugale: Courtenay è Geoff, un uomo sconvolto dalla notizia del ritrovamento del cadavere intatto della sua prima fidanzata, scomparsa durante un'escursione avvenuta proprio qualche anno prima di conoscere la sua attuale consorte. Una relazione la cui importanza è sempre stata nascosta da Geoff a sé e alla moglie Kate, ma che, adesso, riemerge in maniera incontrollabile nella sua devastante rilevanza emozionale. Haigh pone allo spettatore un quesito già frequentato, come quello di un passato sentimentale impossibile da rimarginare nel momento in cui la sua ferita viene riaperta: la grande originalità del suo adattamento (il film è tratto da un racconto di David Constantine), però, è quella di collocare la questione all'interno della dinamica di una coppia che ha trascorso quasi una vita insieme e si appresta a celebrare la duratura solidità del proprio rapporto. Non soltanto: il terzo incomodo, in questo caso, è un morto. Ed è proprio nella sensibilità con cui viene percepito un tradimento che abita esclusivamente nelle emozioni del protagonista che il regista compie un vero miracolo di sfumature e suggestioni: i segni, le rughe, i volti di Courtenay e della Rampling sono il vero cuore pulsante, sicuramente più emblematici delle (poche) parole che si scambiano. Non esiste certezza. 45 anni assume il punto di vista femminile, quello di una donna che deve confrontarsi con il crollo improvviso delle proprie convinzioni, ma è anche un grande ritratto maschile, che scava nelle pieghe profonde di chi è in grado di conservare l'eternità di un sentimento, per quanto possa rimanere apparentemente congelato. Ribadendo che tutti noi abbiamo soltanto un gettone per incontrare l'amore della vita. E la tragicità del destino, spesso e volentieri, si pone in direzione ostinata e contraria, ostacolando la coordinazione delle emozioni.

Emiliano Dal Toso