sabato 29 dicembre 2012

Tre Belli - Dicembre 2012

La Parte Degli Angeli - Ken Loach
Il più bel film di Natale. Ken è costretto a fare i conti con la fine dei sogni e, per non piangere, si dedica a un'altra favola proletaria, col cuore di chi non ha mai alcun dubbio per chi parteggiare. I suoi misfits regalano alcuni momenti di comicità vera, umana, senza aver nulla da perdere perchè ormai non si ha più niente. Ad inseguire una strada migliore, a stringere i denti e a sputare per terra, perchè il mondo non si può cambiare ma dobbiamo almeno assaggiare il suo gusto più dolce. Voto: 8

Ruby Sparks - Jonathan Dayton, Valerie Faris
Vorremmo tutti la nostra Ruby Sparks, vedersi materializzare la nostra ragazza dei sogni, solo per noi, tutta per noi, come piace a noi. O forse no. Un bravissimo e alleniano Paul Dano, scrittore enfant prodige in crisi creativa, è il trascinatore di una commedia molto carina, forse troppo, che diverte e si fa dimenticare. Restano, però, un paio di passaggi da inguaribili romantici, nel quale il nostro lato più malinconico prende il sopravvento e ci invade. Voto: 7

E Se Vivessimo Tutti Insieme? - Stephane Robelin
Una sorpresa inaspettata, un ritratto della terza età tenero e realista, molto più vicino agli aspetti dolorosi ma ancora vitali della Polley di Away From Her piuttosto che alla cupa e pesante descrizione di Haneke. Robelin calibra ottimamente sorriso e lacrima, sostenuto da un quintetto di attori in grandissima condizione (Jane Fonda su tutti). Cinema francese, mai superficiale, si esce dalla sala con l'umore un po' più alto. Voto: 7
Emiliano Dal Toso
 





 


mercoledì 26 dicembre 2012

Paul Thomas Anderson Gallery: Ubriaco D'Amore

Ho una tale forza dentro che neanche te la sogni.
 
Rimarrà alla storia come il film minore di Paul Thomas Anderson, forse perchè il più corto, forse perchè il meno articolato, forse perchè viene immediatamente dopo Magnolia. Ubriaco D'Amore è sghembo, spiazzante. E' certamente il lavoro più suggestivo, anarchico ed ermetico di Anderson, quello in cui il regista americano si fa maggiormente trascinare dall'intuito, dall'irrazionalità, dal proprio talento tecnico. Stilisticamente, mette le basi per il successivo Il Petroliere. Contenutisticamente, prosegue il discorso di Magnolia sull'insensatezza delle combinazioni e sull'inspiegabilità del mondo. Si concentra sulla vita di Barry Egan, americano goffo, insicuro, schiacciato dal peso di sette insopportabili sorelle. Uno che non poteva far altro che mettere su una ditta di sturalavandini. Uno che non ha altri interessi che comprare la maggior quantità possibile di budini per sfruttare una promozione che permette di accumulare miglia aeree. Uno che chiama le linee erotiche e le utilizza per parlare della propria vita personale. Conosce Lena che, forse per spirito crocerossino forse per nessun motivo sensato, si interessa a lui, finendo per innamorarsene. Lui, però, prima deve comprare più budini possibili e risolvere una questione con quelli delle linee erotiche, che stavano per approfittarsi della sua ingenuità per utilizzare la sua carta di credito. Barry Egan è interpretato da Adam Sandler, attore che prima di Ubriaco D'Amore aveva girato soltanto film demenziali di grado bassissimo, robe in confronto alle quali i Farrelly hanno la profondità di Bergman. Per questo, probabilmente, il quarto lavoro di Paul Thomas non è stato subito preso sul serio. Lo metto subito in chiaro: Sandler è gigantesco. Paul Thomas gli tira fuori tutto ciò che di drammatico, patetico, terribile e romantico nasconde un attore comico. Lo esalta, portandolo a diventare un termine di paragone (spesso, con gli amici, lo prendo come esempio per confrontare prestazioni di altri attori comici in ruoli più o meno drammatici). Come Carrey in The Truman Show. Come Ferrell in Vero come la finzione. Peccato che solo in poche altre occasioni Sandler si sia ripetuto (molto bene in Funny People e Spanglish, meno bene in Reign Over Me). Per il resto, Ubriaco D'Amore prende una direzione tutta sua, quasi sbeffeggiando i canoni della commedia classica americana. Racconta una storia d'amore vissuta da un uomo che non ha la minima comprensione di che cosa sia il mondo e come funzioni. Almeno un paio di passaggi di bellezza esagerata: la prima telefonata alla linea erotica, girata in interno con un lungo piano sequenza (dio, come usa il piano sequenza); la citofonata di Lena al portinaio per avvisare Barry che lo avrebbe voluto baciare. E' una delle commedie romantiche più disequilibrate e parossistiche del decennio passato, una delle più belle. Forse, più di Magnolia, è il vero film di Paul Thomas sul vuoto pneumatico dell'esistenza.

Emiliano Dal Toso
 


lunedì 24 dicembre 2012

Paul Thomas Anderson Gallery: Il Petroliere

Io sono un falso profeta, Dio è una superstizione.
 
Credo che sia dovuto prepararsi all'uscita imminente di The Master ripassando un po' la filmografia di Paul Thomas Anderson, dal mio punto di vista il regista americano più importante e imponente degli ultimi vent'anni, forse l'unico che persegue una statura classica e magniloquente ma, nello stesso tempo, autorale e fortemente anticommerciale. Non c'è il minimo dubbio che Il Petroliere sia un film epico, e potrebbe apparire come il recupero di un certo cinema popolare e colossale, caratterizzato da un grosso dispendio di mezzi e di denaro. E' sorprendente, invece, che il costo totale del film non superi i 25 milioni di dollari, cifra assolutamente contenuta per gli standard hollywoodiani. Ciò non toglie che il quinto lavoro di Paul Thomas sia uno spettacolo assoluto di sfruttamento di tutte le risorse possibili che può offrire una macchina da presa. Anderson si era già rivelato un regista tecnicamente mostruoso con Magnolia, ma in questo caso compie un lavoro davvero eccezionale, coordinando come un direttore d'orchestra ogni minimo aspetto. Numerose sequenze sono caratterizzate da un graduale crescendo che si realizza con piani sequenza e carrellate, supportate da una colonna sonora nervosa e sincopata, fatta di incessanti dissonanze minimali. L'effetto è pazzesco, un registro tecnico perfettamente in sintonia con il suo contenuto. Il Petroliere racconta l'ascesa economica di Daniel Plainview, cercatore di petrolio, descrivendolo in tutta la sua devastante ambizione. Paul Thomas scava nelle radici del capitalismo, concentrandosi sulla sua naturale e smisurata negatività. Sarebbe, però, semplicistico concentrarsi esclusivamente sugli aspetti legati al denaro e al potere. Come tutti i suoi lavori precedenti, descrive gli aspetti dominanti della società americana, contrapponendoli, analizzando le sue contraddizioni: il successo, la famiglia, la religione, l'individualismo. A tal proposito, emblematici  i contrasti tra il capitalista Plainview e l'evangelista Eli Sunday, entrambi rappresentanti di due capisaldi della cultura americana, entrambi corrotti e corruttori, spinti al compromesso soltanto per convenienza, affamati di cupidigia e sopraffazione. Vorrebbero scannarsi in ogni sequenza ma non lo fanno perchè l'uno può essere utile all'altro, almeno fino a quando non rimane altro che il desiderio di umiliazione. Troppi i passaggi indimenticabili: impossibile non segnalare l'incidente che causa la sordità del piccolo H.W., adottato da Plainview per questioni di immagine e non per desiderio di paternità; la confessione di Plainview in Chiesa e la sua richiesta di perdono; l'animalesca resa dei conti in una sala da bowling. Di fronte a questa grandiosa parabola di fango, sangue e nichilista ricerca della felicità, le donne scompaiono, non hanno un ruolo. Uscito in Italia nei primi mesi del 2008, ebbe 8 nomination agli Oscar, tra le quali quella per Miglior Film, che andò scandalosamente a Non è un paese per vecchi. Vinse per la fotografia e per il Miglior Attore, un Daniel Day-Lewis da Storia Del Cinema, posseduto da Satana e da Dio.
 
Emiliano Dal Toso
 
 

 

giovedì 20 dicembre 2012

The French Touch: Dobermann

Giallo: buon intreccio narrativo, convenzionale senso morale del protagonista, lieto fine. Noir: intreccio narrativo curato maniacalmente, protagonista vittima di una personalissima e cristallina etica, velata critica sociale, tutti i personaggi dotati di un lato oscuro. Hard boiled: esilissimo intreccio della trama, la morale se ne va nel cesso, tutti cattivi, ultraviolenza. Le grandi regole sono più o meno queste. Nel 1997 Jan Kounen, olandese adottato dalla Francia, ha girato un capolavoro assoluto dell'hard boiled, "Dobermann". Il film è tratto da una serie di fumetti degli anni Ottanta del parigino Joel Houssin. La trama è una cazzata. Il bandito Dobermann (Vincent Cassel) rapina banche assieme alla fidanzata sordomuta (incredibilmente Monica Bellucci) e ad un improbabile circo di criminali. C'è quello ossessionato dalla religione che cita passi della Bibbia, c'è il feroce tenerone che non si separa mai dal suo cagnolino, c'è lo schizzato erotomane (Romain Duris), c'è il travestito con tanto di figlio lattante, e così via. Sono dei bastardi. Ma gli sbirri sono anche peggio. Uno su tutti, l'ispettore Cristini, sanguinario, ricattatore, simile a Mussolini nell'aspetto. Dopo una rapina la banda festeggia in un night, ma Cristini irrompe nel locale coi suoi uomini e inizia un massacro scandito dai battiti della musica techno. Alla fine il Dobermann ammazza Cristini tenendogli la testa premuta sull'asfalto, mentre sta andando a cento all'ora lungo uno dei tunnel di Parigi. Le donne sono puttane, gli uomini assassini, i travestiti traditori. Non esiste nulla di buono, tranne la cocaina. Solo un flebile soffio di ironia. Questo è l'hard boiled. Che poi magari non piace, però è questo. D'altra parte "Dobermann" è un cult, e i cult non piacciono mai a tutti. Piccola nota: durante il dolly verso l'alto che allontana la macchina da presa dal cadavere di Cristini, l'ispettore assomiglia paurosamente al duce tumefatto, fotografato dopo piazzale Loreto. Il caso non è un caso in questo film, per questo è un ottimo lavoro e non una fregnaccia, come poteva essere. Cristini, infatti, è un cognome italiano. E finisce pure in "ini".

Ivan Brentari


lunedì 17 dicembre 2012

The French Touch: Enter The Void

Una delle visioni più sadiche, convulse, perturbanti che siano mai state proiettate su uno schermo cinematografico. Due ore e mezza di apnea, di buio nero, di percezioni e suggestioni di un uomo, più che di un regista, che ha l’obiettivo di sfogare tutti i suoi incubi, le sue ossessioni, le sue malattie sullo spettatore, vittima e carne al macello di un’esperienza forte, altalenante e indubbiamente violenta. Oscar ha vent’anni, vive a Tokyo con la sorella spogliarellista ed è un tossico prima di essere uno spacciatore. I genitori sono morti in un incidente stradale quando entrambi erano piccoli ed entrambi erano presenti, sono stati testimoni della morte, l’hanno vista di fronte agli occhi e ora ne vanno incontro, immobili, drogati, dipendenti. Non c’è uno spiraglio di luce nel cinema di Gaspar Noè, dai titoli di testa scheggiati a velocità impazzita allo stile tossico e psichedelico, basato su innumerevoli soggettive e riprese aeree, con la macchina sempre in movimento e i protagonisti sempre affannati, disperati e mediocri. Il regista francese porta alle estreme conseguenze il pessimismo cosmico di Von Trier e la poetica carnale di Aronofsky, i quali rischiano di passare per due ragazzi pieni di vita se vengono paragonati a quest’autore pazzo e senza limiti. Il precedente ‘Irreversible’ non era certamente passato inosservato, la sequenza dello stupro della Bellucci resta una delle più allucinanti ed estreme visioni del decennio passato. Ma ‘Irreversible’ era un film con il suo intreccio narrativo, con la sua fine e il suo inizio, con la sua chiusura del cerchio. ‘Enter The Void’, invece, è anarchia, conseguenza assoluta di una distorsione mentale, appunto, irreversibile. La sostanza si confonde con la forma e viceversa mentre il male non si confonde mai col bene, perchè il bene non c’è, non esiste. Dentro il vuoto, dentro il vortice, l’essere umano spaccia, si droga, scopa, si riproduce e muore. Per almeno un paio d’ore, non si può che rimanere coinvolti e attoniti di fronte a questa spietata descrizione esistenziale. Soltanto nell’ultima mezz’ora, la follia visiva si tramuta in fastidio. Gaspar Noè eccede tutto ciò che è umanamente accettabile, sfondando addirittura le barriere della pornografia (incredibile la soggettiva di un utero nel bel mezzo di una penetrazione). Per comprenderlo e apprezzarlo, bisogna avere una predisposizione per il masochismo ma anche amore, vero, passionale amore per la libertà d’espressione.

Emiliano Dal Toso

 


lunedì 10 dicembre 2012

Film del cuore: Into The Wild

Sono passati quasi cinque anni dalla sua uscita nelle sale e, per chi scrive, si è trattata dell'opera cinematografica più importante del decennio appena passato. Il viaggio per le terre selvagge di Christopher McCandless (interpretato dall'impressionante Emile Hirsch), ribattezzatosi Alexander Supertramp, si costituisce di tutte le tappe più importanti che vengono affrontate durante la vita di un uomo. Durante il viaggio, Alex incontra personaggi indimenticabili come quelli interpretati da Vince Vaughn, Kristen Stewart e Hal Holbrook. Il primo si spoglia dei ruoli comici a cui è abituato per interpretare il trebbiatore Wayne Westerberg, che assumerà un ruolo fondamentale nella convinzione psicologica di Alex per arrivare fino in fondo, fino alle terre selvagge tanto desiderate, vero e proprio luogo di redenzione opposto a quella società impazzita e piena di schegge nella quale sia Alex che Wayne hanno vissuto con insofferente anticonformismo, dando vita a uno dei dialoghi più belli del film. La seconda, invece, racchiude in sé tutta l'estasi e il tormento delle illusioni adolescenziali nella parte della giovane cantante country Tracy, la quale velocemente si innamorerà di Alex e immediatamente dopo soffrirà per la sua partenza, con la non-consapevolezza che quell'incontro è solo il preludio di passioni sfuggenti e mortali. Infine, il terzo interpreta Ron Franz, solitario veterano vedovo di moglie e figli, che troverà in Alex quella figura di confronto umano e di insegnamento reciproco che gli è mancata. La partenza di Alex viene vissuta con fatica anche da lui, non prima di aver donato al cinema una delle più belle riflessioni di sempre sul ruolo della fede. Ma chi è Alexander Supertramp? Un eroe? Un disilluso? Sicuramente un anticonformista. Sean Penn è attento a evitare qualsiasi possibile celebrazione retorica del personaggio, riconoscendogli coraggio e frenesia, passione e incoscienza. La sua non è una banale fuga ma è un vero e proprio rifiuto della materialità concepita come base portante della società moderna. Il pessimismo del regista diventa cristallino nel duro finale, che omaggia e rimprovera le scelte del giovane protagonista in un'amara ammissione dell'impossibilità di realizzare la propria natura. C'è qualcos'altro, però, che innalza l'opera 'Into The Wild' a status di capolavoro assoluto. Non parliamo di sceneggiatura, né di interpreti, né di fotografia. Parliamo di canzoni. Quelle canzoni che non si limitano a fare da sfondo o a raccontare il film ma che assumono un ruolo da co-protagonista. Quella voce, quelle canzoni di Eddie Vedder che raccontano della vita, della nostra vita. Da una parte, raramente si è assistito a una fusione talmente densa e inseparabile tra suoni e visioni. Queste canzoni non sarebbero potute esistere senza le immagini di 'Into The Wild' e 'Into The Wild' non sarebbe potuto esistere senza le canzoni di Vedder. Dall'altra, quando riascoltiamo qualcosa che abbiamo amato e interiorizzato, tornano in mente ricordi e si rivivono determinate sensazioni. Con le canzoni di 'Into The Wild' accade proprio questo. Quando riascoltiamo quest'album, nella nostra mente non riemergono soltanto le immagini del film ma, soprattutto, alcuni degli eventi che hanno caratterizzato la nostra piccola esistenza. Esistenza che forse non sarà molto simile a quella di Alexander Supertramp ma che è anch'essa accompagnata dalla medesima struggente colonna sonora. I primi tre brani introducono l'ascolto di un album semplice ed emozionante. 'Far Behind' si distingue per la sua costruzione più complessa, un brano che avrebbe potuto far parte dell'episodio più sperimentale dei Pearl Jam, 'No Code'. 'Rise' è il primo grande colpo al cuore. Un pezzo che si regge su un semplicissimo giro di accordi, con la voce di Eddie che accarezza e commuove ("Gonna rise up burning black holes in dark memories / Gonna rise up turning mistakes into gold"). 'Long Nights', cupa e drammatica, trasmette il gelo e la solitudine dell'Alaska, mentre lo stupendo strumentale 'Tuolumne', cinquantanove secondi, è gioia e incoscienza, innocenza e malinconia. 'Hard Sun' è una cover di una misconosciuta meteora degli anni '80, tale Indio. Si tratta del momento più definito e completo di tutti ma è anche il meno suggestivo. 'Society', invece, è l'emblema di 'Into The Wild'. Un manifesto. L'assolo centrale è una benedizione proveniente dal cielo, che deriva direttamente dalla grande tradizione country, quella di Nick Drake e Bob Dylan. C'è ancora tempo per un'altra bella canzone come 'Guaranteed', che viene proposta anche in versione strumentale come traccia nascosta. Le canzoni di 'Into The Wild' sono frammenti di vita. Non nascono per essere cantate nelle arene e nemmeno per essere passate in radio. Nascono per essere la colonna sonora di un viaggio, di un'avventura, di una riflessione. Sono piccole schegge che non hanno bisogno d'altro che di essere inserite nello stereo della nostra stanza ed essere amate. Le canzoni di 'Into The Wild' raccontano di terre selvagge, di quelle terre selvagge che affrontiamo tutti i giorni e di quelle che, per quanto desiderate, non riusciremo a raggiungere mai.
Emiliano Dal Toso






mercoledì 5 dicembre 2012

I Film Dell'Anno Degli Amici Lettori

Incredibile. Nonostante sia uscito nei cinema soltanto oggi, il film più votato sommando le preferenze degli amici collaboratori e degli amici lettori è risultato 'Moonrise Kingdom' di Wes Anderson. Questo a dimostrazione del fatto che la sala cinematografica non è più, purtroppo, il luogo principale nel quale il cinema viene recepito. Ad ogni modo, si tratta della vittoria di un regista che ci piace moltissimo e ne siamo molto contenti, anche se la nostra personale opinione è che questo sia un film bello, ma non il suo più bello.
 
Angelica Gallo
Moonrise Kingdom
Io E Te
Monsieur Lazhar

Carlos Menezes

Cosmopolis
La Talpa
Romanzo Di Una Strage

Giovanni Dal Toso
On The Road
L'Arte Di Vincere
Romanzo Di Una Strage

Jacopo Bravin

Diaz
Io E Te
On The Road

Juxhin Myzyri
Cesare Deve Morire
Hunger
Marley


Linda Grazia Pola

Ballata Dell'Odio E Dell'Amore
Blue Valentine
Un Sapore Di Ruggine E Ossa


Lorenzo Gramatica

Holy Motors
Cosmopolis
Moonrise Kingdom


Luca Ottocento
Cave Of Forgotten Dreams
Shame
Hugo Cabret


Marco Dal Toso

Quasi Amici
La Faida
Romanzo Di Una Strage


Martina Pattonieri
Un Sapore Di Ruggine E Ossa
Moonrise Kingdom

Ruby Sparks

Massimiliano Gavinelli

Cesare Deve Morire
Hugo Cabret
L'Arrivo Di Wang


Mattia De Gasperis
L'Arte Di Vincere
Young Adult
Il Sospetto


Melis Rossi
The Help
Io E Te
Bel Ami - Storia Di Un Seduttore


Paolo Quaglia

Amour
(qualora non dovesse piacere, non è un problema del film)
J.Edgar (sintesi eccellente di una personalità fatta di opposti)
E Io Non Pago - L'Italia Dei Furbetti (la confessione di Calà)

Roberto Ciliberto

War Horse
Detachment
The Help

4 Moonrise Kingdom
(Gallo, Gramatica, Pattonieri, Recordati)
3 Io E Te (Bravin, Gallo, Rossi) The Help (Ciliberto, Mazzetti, Rossi) Romanzo Di Una Strage (G.Dal Toso, M.Dal Toso, Menezes)
2 L'Arte Di Vincere (G.Dal Toso, De Gasperis) Cesare Deve Morire (Gavinelli, Myzyri) Cosmopolis (Gramatica, Menezes) Detachment (Ciliberto, Wollner) Hugo Cabret (Gavinelli, Ottocento) Oltre Le Colline (Mazzetti, Recordati) On The Road (Bravin, G.Dal Toso) Un Sapore Di Ruggine E Ossa (Grazia Pola, Pattonieri)

ALBO D'ORO IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO
2011 Il Cigno Nero
2012 Un Sapore Di Ruggine E Ossa

ALBO D'ORO GLI AMICI DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011 Melancholia
2012 Moonrise Kingdom





martedì 4 dicembre 2012

I Film Dell'Anno Degli Amici Collaboratori

A me non è proprio piaciuto, ma almeno due dei miei amici collaboratori hanno considerato 'Oltre le colline' di Mungiu uno dei migliori film dell'anno. Aspettiamo, ora, le segnalazioni degli amici lettori per tirare le somme e decretare definitivamente quale sarà il vero vincitore del 2012.
 
Alvise Wollner
Detachment - Tony Kaye

Una malinconica poesia per immagini in un affresco, non convenzionale, sul sistema d'istruzione americano. Il regista di "American History X" non sbaglia un colpo e riesce a immortalare sullo schermo l'apatia del distacco. Ciliegina sulla torta: l'immenso Adrien Brody.

Il Primo Uomo - Gianni Amelio
Gianni Amelio rende giustizia al rapporto tra Cinema e Letteratura. Lo fa con un film asciutto e deciso, quasi privo di sbavature. Troppo raffinato per il fiacco mercato italiano, riesce a unire una grande lezione di stile a una storia umana e toccante. Da rivalutare.

I Mercenari 2 - Simon West
Super cafone eccolo qua. Sly Stallone raduna il dream team dei duri e puri e centra l'obiettivo. Calci, pugni, esplosioni e Chuck Norris che recita la caricatura di se stesso. Loro spaccano tutto e si divertono, noi estasiati guardiamo e li ringraziamo.

Giancarlo Mazzetti
Oltre Le Colline - Cristian Mungiu

Ultima fatica del regista "post-dicembrista" romeno, è un film dicotomico sulla ragione e sulla fede, sulla libertà e sulla sua privazione, sull'amore illimitato e i confini che la realtà vi pone. Bello scorcio, intelligenti le riflessioni che suscita; scritto benissimo e girato da un autore che è ormai una certezza, per lo meno per me.

Bella Addormentata - Marco Bellocchio

Lezioni di onestà intellettuale, di recitazione (il solito eccellente Toni Servillo) e di regia. Sceneggiatura di qualità. Marco Bellocchio è bravissimo a celare il suo punto di vista personale (che pur emerge, per chi lo sa leggere) mostrando diverse sfaccettature di una vicenda che riguarda tutti noi.

The Help - Tate Taylor
Tratto dal romanzo di Kathryn Stockett, è un film che riesce a trattare in modo originale un tema già molto utilizzato (si parla di bianchi e neri negli USA dei primi anni '60). Commedia drammatica toccante, ma dal ritmo sostenuto e piacevole. Un film realizzato con il cuore.

Luca Recordati
Oltre Le Colline - Cristian Mungiu

Il regista romeno è riuscito nell'intento di mostrarci il lato feroce del fanatismo religioso.

Moonrise Kingdom - Wes Anderson
Wes all'ennesima potenza, un cast strepitoso, colori vivaci che descrivono meravigliosamente la bellezza dell'universo andersoniano.

La Sposa Promessa - Rama Burshtein
L'interno di una famiglia chassidida, in cui le famiglie scelgono chi devono sposare i figli.


Mungiu, Beyond The Hills





lunedì 3 dicembre 2012

La Superclassifica Dell'Anno - 2012

La ginecologia è solo un hobby per me.
Annata media. Piccoli frammenti di grandi emozioni. E' vero che manca ancora un mese alla fine ma Natale è sempre un periodo a sé e all'orizzonte non si vedono possibili sconvolgimenti (se Loach e Redford faranno miracoli, prometto di recuperarli per l'anno prossimo). Un paio di dolorose esclusioni, però, sì, ci sono.

12 - Un'Estate Da Giganti - Bouli Lanners
Grazie al cielo, il Mexico ha recuperato questo piccolo gioiello belga, visto tra i film di Cannes l'anno scorso. Uno Stand By Me dei nostri tempi, sostenuto dai paesaggi più belli visti al cinema negli ultimi anni.

11 - La Faida - Joshua Marston
Passato del tutto inosservato, Marston prosegue il discorso di Maria Full Of Grace, stavolta dal punto di vista maschile. L'adolescenza come ultima chiamata per la libertà, come ultima possibile via di fuga. Roots Bloody Roots.

10 - 50 e 50 - Jonathan Levine

Vita e morte, commedia e dramma, sacro e profano. Il miglior "malincomico" dell'anno, ma c'era da aspettarselo. Kendrick deliziosa, Seth Rogen e Gordon-Levitt nei nostri cuori. Ragazzi, di voi ci ricordiamo per sorridere.

9 - Tutti I Nostri Desideri - Philippe Lioret
C'è davvero tanto cuore nel cinema di Lioret. Due personaggi meravigliosi, disposti a tutto pur di dare un senso a tutto questo. Un intenso, autentico e adulto ritratto di stima reciproca, professionale e umana, tra un uomo e una donna.

8 - Io E Te - Bernardo Bertolucci

Ancora adolescenza, ma come primo approccio alla bellezza della vita, alla musica, alla cultura. La solitudine come opportunità, la cantina come incontaminazione. Tea Falco maledetta e bella da impazzire.

7 - Reality - Matteo Garrone
Grand Prix di Cannes meritatissimo, e non amavamo Garrone. Una riflessione sincera sulla fascinazione dello star system, antiretorica, dichiaratamente dalla parte della gente. Aniello Arena trascinante, finale immaginifico, di una poesia straziante.

6 - Hunger/Shame - Steve McQueen
Prigione, carne, autodistruzione. Due film molto diversi tra loro ma entrambi alla ricerca di un cinema che scuote, di forza visiva indelebile. Fassbender è un attore semplicemente pazzesco, i suoi Bobby e Brandon fanno parte di noi.

5 - Cesare Deve Morire - Paolo e Vittorio Taviani

Che cosa significa la parola Cultura? I fratelli Taviani danno la risposta, sculacciando la presunzione, l'autocommiserazione di chi si ritiene superiore a quasi tutti gli altri. Un film intellettuale e anti-intellettualistico, una riflessione sul concetto di eguaglianza.

4 - Diaz - Daniele Vicari
Il film che avrebbe fatto l'Oliver Stone di vent'anni fa oggi, se fosse stato italiano. Assolutamente necessario, crudo, senza sfumature. Da una parte ci sono i carnefici, dall'altra le vittime. Botte, panettoni, ancora botte.

3 - Ballata Dell'Odio E Dell'Amore - Alex de la Iglesia
Follia, anarchia, libertà. La voglia di distruggere tutto, di assetare gli occhi con il sangue. Troppo istintivo per essere bello, troppo sincero per essere ignorato. Il film più punk dell'anno, debordante di passione, sbagliato, senza limiti.

2 - L'Arte Di Vincere - Bennett Miller
Come si fa a non essere romantici con il baseball, caro Brad? Piuttosto, come si fa a non esserlo quando il tuo Billy Beane, sdraiato sull'erba, assapora il meraviglioso gusto della sconfitta. E se la gode.

1 - Un Sapore Di Ruggine E Ossa - Jacques Audiard
Forse non il più bello, di certo il più emozionante. Marion si fa amare troppo, e noi amiamo troppo innamorarcene. Le basta alzare le braccia verso il cielo, quando tutto sembra perduto, per convincerci che i battiti del nostro cuore sono l'unico metro di giudizio.

Miglior Attore: Michael Fassbender

Miglior Attrice: Marion Cotillard



Le Delusioni Dell'Anno - 2012

Sei solo chiacchiere e distintivo.
Siamo arrivati a dicembre ma è anche arrivato il momento di fare le considerazioni finali sull'anno che sta passando. Quando un film è brutto è brutto brutto, ma è ancora più brutto quando il film brutto è di un regista bello. Penso che, però, nella bruttezza ci sia anche della bellezza. A differenza della mediocrità, la bruttezza resta, sempre.


3 - Amour - Michael Haneke
Il colpo di sonno dell'anno. Haneke sfoggia tutto il suo manierismo per spacciare il banale come la verità assoluta dell'amore. Uno di quei film che sembrano non finire mai, malgrado la durata sia poco al di sopra delle due ore.

2 - Cosmopolis - David Cronenberg
Una bufala gigantesca, incomprensibile, delirante. Una celebrazione masturbatoria della propria poetica, attraverso dialoghi imbarazzanti e recitazioni esangui. Un'occasione persa per Pattinson, decisamente più credibile nei panni del vampiro Edward.

1 - Le Belve - Oliver Stone
Agghiacciante. Sembra che Stone abbia completamente disimparato a girare film d'azione, servendosi di un intreccio fiacchissimo, scontatissimo e di un trio d'attori espressivo come Barbie e Ken. Tracce di soap opera per un ex regista furioso e anticonformista.


Peggior Attore: Johnny Depp (The Rum Diary, Dark Shadows)
Lo abbiamo definitivamente perso. Johnny è diventato la parodia di se stesso.


Peggior Attrice: Meryl Streep (The Iron Lady, Il Matrimonio Che Vorrei)
Più imbarazzante nel ruolo di una Letizia Moratti ancor più rincoglionita o in quelli di una sessantenne vogliosa di sesso selvaggio da un disincantato Tommy Lee Jones? Dura lotta.




sabato 1 dicembre 2012

Comunicato

Cari amici e lettori,
da oggi il blog cambia un pochino. Ormai, i modi di consumo cinematografico sono i più svariati e imprevedibili, le impostazioni non hanno più senso. La nostra scelta è quella di non rivolgerci più esclusivamente ai film che escono attualmente nelle sale ma di parlare di tutto ciò che potrebbe venirci in mente nell'ambito Cinema. Non solo recensioni, ma classifiche, riflessioni, opinioni, retrospettive. La nostra politica è sempre quella di privilegiare il nostro gusto, la soggettività, perchè rimaniamo convinti che il Cinema debba essere vissuto sempre e comunque col cuore. Amiamo ciò che è bello, amiamo ciò che è brutto, amiamo ciò che è cattivo ma, soprattutto, amiamo ciò che è sincero.



Nella foto, Mila Kunis