lunedì 7 ottobre 2013

La Risposta: Pacific Rim

La mattina del 5 agosto ero in una stanza di albergo di Tel Aviv, reduce da una notte da leoni in compagnia di due cari amici di vecchia data. Prima di addormentarmi, controllo lo smartphone con la speranza che qualche amica ubriaca mi abbia scritto e, invece, trovo nella casella privata di Facebook il seguente messaggio inviato da Alex Oscar, amico e teorico di Cinema. Il messaggio è la risposta alla recensione di Graziano Biglia di Potato Pie Bad Business (sito di altri amici col quale collaboro) sul film 'Pacific Rim' di Guillermo Del Toro (www.ppbb.it/sommario/cinema)

5 agosto 2013, 06:37

Caro Emi, ho letto la recensione su Pacific Rim di Potato Pie Bad Business postata sul tuo wall da Giagobo Gonde (ignoro il suo vero nome). E mi è salita una rabbia che non te la spiego. Ho scritto una risposta, poi ho preferito non intasare il tuo wall. La risposta è un po' polemica e non vorrei creare situazioni spiacevoli. Però te la posto, perchè voglio difendere il film, che secondo me merita. Ciao, un abbraccio. "A me la recensione su 'Pacific Rim' sembra puro dilettantismo. Tralasciando lo stile del pezzo (o cose tipo "Non ho nulla contro il 3D": dai, davvero siamo ancora a questo punto? Lo zoo, l'ottovolante, lo stupore primigenio, la mamma mi sembrano robe da seconda lacrima kitsch), mi sembrano gravi i limiti critici della recensione: sorvolando sull'accostamento con 'Alex l'ariete' e 'Jolly Blu' (una cosa che fa quasi tenerezza), le "colpe" che si imputano al film sono di aver scelto nomi, per l'autore del pezzo, involontariamente comici. Jaeger gli ricorda il nome di un ammazzacaffè (termine che è abbastanza desueto da far sorridere qualche matricola di lettere. Chè, per carità, non lo chiamiamo amaro. La bicicletta? Chiamiamola velocipede). L'attore di 'Hooligans' è anche splendido interprete di 'Sons of anarchy' (così, per dire). I personaggi sono scritti bene (anche se hanno numi buffi e vabbè), non ci sono tempi morti, i flashback puntuali e da "fotta a mille" (citazione dai ragazzi di 'I 400 calci'). Sui combattimenti, niente da dire. Comunque, un film di genere (quale 'Pacific Rim' è) funziona per stereotipi: il merito è quello di non cercare un'operazione intellettualistica, di non mettere in discussione gli stilemi narrativi del genere (o meglio, dei generi: c'è il genere giapponese dei tokusatsu, c'è il bromance, la dinamica nemici-amici, il buddy movie, il mecha dei manga), ma di portarli alle estreme conseguenze. Quindi, grande spettacolarità e personaggi che si muovono nella tradizione iconografica del genere. Può piacere o non piacere, ci sta: ma a quel punto non andare a vedere un film come 'Pacific Rim'. Cosa si aspettava il recensore? Bela Tarr non ha ancora girato un monster movie (però lo aspettiamo tutti con ansia). 'Pacific Rim' non si prende troppo sul serio, ha la consapevolezza di essere un film di genere ad altissimo costo. E Del Toro gioca con questi stereotipi, senza decostruirli, ma omaggiando quel modo di fare cinema. Poi, mi sembra importante sottolineare che c'è anche una grande finezza, qualcosa di estremamente interessante (perchè Del Toro non è solo un "mestierante", ma un regista di grandissima intelligenza): la mancata concretizzazione della coppia eterosessuale. I due protagonisti, pur coinvolti in una tensione sessuale costante, non scopano, nemmeno si baciano, il desiderio rimane sospeso, disattendendo le aspettative dello spettatore. Del Toro sceglie piuttosto di tratteggiare una relazione eterosociale, una complicità analoga a quella tra il protagonista e suo fratello nella parte iniziale del film, pur con le inevitabili differenze di gender. Una cosa che Nolan con l'ultimo capitolo di Batman è andato vicinissimo a fare ma poi si è cagato sotto e ha mandato tutto in vacca. Insomma, si potrebbe scrivere un saggio di gender studies solo su questo. E questo, in un film che per oltre due ore rifugge da ogni intellettualismo e si presenta come puro intrattenimento. Insomma, tantissima roba. Forse, non adatta a un aspirante critico con la puzza sotto il naso che tira in ballo i Lumiere (a quel punto, si poteva anche andare qualche anno indietro e buttare dentro pure Muybridge. Sarà per la prossima volta)".

Alex Oscar




5 commenti:

  1. Caro Alex Oscar,
    francamente non mi spiego tutto questo livore. Qualche tempo fa ho ricevuto delle minacce di morte per una recensione poco lusinghiera de Lo Hobbit, ma non mi sono affatto offeso, perché chi fa corsi di elfico e va in giro col costume da goblin merita tutta la la mia comprensione. Qual è il tuo problema, forse ti piace vestirti da robot?

    Ora, io credo che la bellezza sia una questione soggettiva, ma è altrettanto vero che il brutto è facilmente riconoscibile da tutti. I due esempi più calzanti sono Glenn Close e Marisa Laurito. Mi dispiace, ma Pacific Rim è Marisa Laurito, e può piacere solo a tre tipi di pubblico: quelli che vogliono passare un pomeriggio a farsi quattro risate, i bambini e i nerd che giocano a Magic negli scantinati per non essere picchiati dai ragazzi normali. Ora, è difficile che la prima categoria possa prendersi così a cuore le sorti di PR, per cui il cerchio si restringe.

    Non sono un critico con la puzza sotto al naso, credimi. Mi piacciono il calcio, la birra e le gare di rutti. Però se vedo qualcosa che non mi piace mi sento libero di dirlo, possibilmente in modo più frizzante e spontaneo di qualcuno che scrive per Mymovies. Ti faccio presente, inoltre, che un appassionato di cinema non va a vedere solo ciò che è sicuro di apprezzare, per cui recriminare in questo senso è del tutto fuori luogo. Comunque, siccome non stiamo discutendo né di Béla Tarr né di Truffaut, posso replicare alla tua controanalisi avendo la certezza di essere nel giusto:

    1) I personaggi di Pacific Rim non sono, come dici tu, "scritti bene". Sono flat characters, il che significa che sono monodimensionali e dall'inizio alla fine del film non subiscono alcuna evoluzione. Di solito, in un titolo con delle pretese, la cosa non funziona.
    2) Fare un film sui robot per omaggiare altri film sui robot, o fumetti sui robot, o giochi sui robot non costituisce un merito. Guillermo del Toro non ha diritto a un premio perché cita il cinema di genere, ma a uno scappellotto per averlo citato male.
    3) I due protagonisti non fanno effettivamente sesso. Questo è un atto di coraggio? Il commissario Basettoni e Petunia dormono in letti separati, Topolino non ha figli e nessuno ha mai visto i genitori di Qui, Quo e Qua. O Walt Disney e Romano Scarpa sono più rivoluzionari di Orson Welles, oppure il sesso manca laddove il target prescelto non conosce ancora la capitale della Danimarca. Pensaci.
    4) Non so cosa significhi "fotta a mille", e non lo voglio sapere.

    Per concludere ti spiego come si fa: si va alla voce "lascia un commento" e si scrive "guarda Graziano, non sono d'accordo su x, y e z. Buona giornata, Alex Oscar"

    Grazie, e buona giornata anche a te. GB

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  2. Confondi la critica per livore. Io scrivo da un po' e te lo dico: capita. Una volta un scrittore mi ha minaccato di portarmi in tribunale (che paura). Ripeto: capita, facci l'abitudine. Oppure scrivi solo sul tuo diario e chiudilo col lucchetto. C' è sempre questa soluzione. Altrimenti, caro il mio frizzante e spontaneo scrittore (hai dimenticato solare. Il terzo aggettivo preferito dalle ragazze che si facevano i videomessaggi su The Club). Fidati di uno che si veste da robot.
    1- Non hai letto bene quello che ho scritto (Ahi, ahi. Appuntati questa: leggi bene prima di rispondere). Ho scritto che i personaggi si muovono nella tradizione iconografica dei film di genere. Cosa vuol dire? Se non sei a digiuno di film di genere, sai che sono contraddistinti da una evidente staticità. Attraverso la caratterizzazione stereotipata, i personaggi rifuggono l'identificazione psicologica, quella che la il gruppo 63 chiamava "la peste della letteratura italiana" (loro sì musoni, pesantoni, esagerati). Cercano l'empatia dello spettatore, ma solo a livello superficiale. Quindi sì, i personaggi dei film di genere si scrivono così. Transformers è più autoriale di Mungiu, perché i film del secondo sono film che tendono alla museificazione. Si presentano già come prodotti preconfenzionati, che vogliono il riconoscimento di opera d'arte. Per dirla alla Ghezzi, con una provocazione:"È questo il rischio maggiore del cinema di oggi: da una parte la museificazione che è sempre a-artistica, cioè considerarla un’arte è museificarla, dall’altra è considerarlo un’arte e de-artisticizzarla per farne un sorta di super-manufatto". Quindi, al (brutto) cinema di autore che fa il verso a se stesso, preferisco questi mega blockbuster. Ai brutti personaggi preferisco quelli scritti così. Forse brutti ma sinceri, rispettosi delle regole di genere.
    2- Caro Graziano, sui Gender Studies non ci siamo proprio. Laura Mulvey, forse brutta come la Laurito (quindi immagino tu non la conosca: non è una fica), scrive come il cinema narrativo americano non riesca a fare a meno dello schema "donna- oggetto del desiderio e di scopofilia/ uomo-sedutore". Questo schema, rigido e raramente disatteso, è una sorta di fascismo che riduce (anche) le potenzialità narrative del cinema. Del Toro ci prova, non rende la Kikuchi un oggetto del desiderio, ma un personaggio forte, emancipato, indipendente che guarda, non è solo guardata. Che è fragile, ma come è fragile il protagonista maschile. Nella mancata concretizzazione del loro desiderio, c'è una rivendicazione di libertà: uscire da una caratterizzazione del genere sessuale troppo semplicistica, forse superata. Ma poi, non lo sai che neI film Disney il sesso è sublimato e raccontato in maniera allusiva? Un po' come la fontana in The Radiant Path o il treno che entra in galleria in Sciarada? Metafore, mi sembra si chiamino così. Non so, ora chiedo e poi ti dico.
    3- Ho saltato il punto 2. L'ho fatto volontariamente.
    4-Leggiteli i ragazzi dei 400CALCI, dai. Non fare lo spocchioso. Così impari come essere frizzante, ma anche attento e scrupoloso. Oppure torna a fare le gare di rutti. Però immagino che non ti facciano rimorchiare molto, quindi hai deciso di scrivere per una rivista on line. Probabilmente non rimorchi ugualmente. Oppure sì, te lo auguro. Io ho conquistato la mia ultima ragazza ruttandole una poesia di Raboni. Alto e basso. Quindi, non demordere, coi rutti e con la scrittura.
    Buona giornata.
    A.O.

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  3. Mi scuso per i refusi. Ho scritto con l'Iphone.

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  4. Una puntualizzazione: rivendico di aver scritto che i personaggi sono "scritti bene". Bene, in accordo con le regole del cinema di genere, come spiego. Con questo, buona giornata a Emiliano e a Graziano. A.O.

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  5. Guarda, possiamo andare avanti quanto vuoi.

    Il fatto che spesso il cinema da festival sia un'ordalia è fuori discussione, ma questo non significa dover passare la vita a guardare Fast & Furious. Oltretutto, parlare di gender studies in riferimento a PR mi sembra un po' come tirare fuori Blind Willie Johnson a un congresso del Ku Klux Klan. Se citare Glenn Close e Marisa Laurito è maschilismo (madre mia, che brutto clima) possiamo provare con Bogart e Ceccherini, sperando che nessuna associazione per la tutela della toscanità abbia nulla da ridire.

    Non credo di essere io quello strano: se tu e il tuo manipolo di entusiasti andate in brodo di giuggiole per l'uscita di un film uguale a mille altri, coi personaggi ricalcati sui Power Rangers e il cui maggior merito è la mancanza di sesso non c'è niente di male. Spero che in quello scantinato ci sia una bellissima festa con la cedrata, la spuma e gli hamburger di seitan, e che nessun bulletto vi trovi mai. Io, e mi sembra cosa buona e giusta, nei cinema vorrei qualcosa di un po' più ricercato.

    Per dovere di cronaca: la mia ragazza l'ho conquistata vomitando in un vicolo. Gloria ai rutti e ai suoi derivati. Aspettando il prossimo testo universitario su Freud contro Godzilla, ti saluto caramente. GB

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