giovedì 1 dicembre 2016

Flop Ten: I Bidoni del 2016

10 - The Accountant - Gavin O'Connor
Vi prego, basta con le incomprensioni. Ben Affleck è un attore scarso, punto. La scusa della fissità funzionale al ruolo non può durare per sempre. In questo confuso e inutilmente arzigogolato spy-action movie, un po' fumettaro ma non troppo, è un contabile autistico, perennemente sul filo del ridicolo, che lavora per i cattivi. Ma porta anche il bravo Gavin O'Connor sulla strada sbagliata, dopo gli eccellenti Pride and Glory e Warrior.

9 - The Birth of a Nation - Nate Parker
Il remake ancora più crudo e indignato di 12 anni schiavo, dove l'ostentata partigianeria del regista e attivista Nate Parker non permette di aggiungere elementi innovativi, al di fuori di una violenza estetica sempre più gratuita. Il buon cinema politico e morale è lontano, anche perché non mancano dosi indigeste di retorica. Ma il nervosismo obamiano di fine Impero gli ha permesso comunque di vincere il Sundance. Noi però preferiamo lo Spielberg pedagogico di Amistad e Il colore viola.

8 - Deadpool - Tim Miller
Mostruosa deriva fumettara in chiave volgar-demenziale. Pura tabula rasa intellettuale. Non c'è traccia di nulla, né la simpatia di un Kick-Ass (il protagonista interpretato da Ryan Reynolds è insopportabile), né la vaga idea di poter essere uno specchio dei tempi. E figuriamoci l'intelligenza di proporsi come la parodia dei cinecomics, che quest'anno hanno invaso il mercato in maniera particolarmente molesta.

7 - Masterminds - I geni della truffa - Jared Hess
Il film che certifica la morte del comico-demenziale, uno dei generi fondamentali del cinema americano degli anni Zero (Farrelly, Apatow, Phillips). Quattro talenti comici enormi che recitano svogliati in un film sgangherato che non fa mai ridere. Forse è la fine di un'epoca: mai come quest'anno ridere di pancia al cinema è stato tanto complicato. Si salva solo il Baron Cohen di Grimsby, il resto è da buttare.

6 - E' solo la fine del mondo - Xavier Dolan
Il ventisettenne regista canadese, dopo il capolavoro Mommy, sprofonda clamorosamente in un kitsch fine a se stesso, inanellando scelte finte e artefatte: dagli asfissianti primi piani sui volti a una scelta musicale totalmente stonata e incongruente; dalla quantità fluviale di parole che si vomitano addosso i personaggi a trovate registiche patetiche. Léa Seydoux, Marion Cotillard e Vincent Cassel sembrano le guest star di una narcisistica autoaffermazione di autorialità.

5 - La ragazza del treno - Tate Taylor
Un vero e proprio bestseller, che ha ripetuto il successo nelle librerie anche nelle sale cinematografiche. Mistero. Un noir scadente e dalla soluzione improbabile, che neppure la brava Emily Blunt in un ruolo potenzialmente di facile presa (bella donna, divorziata, alcolizzata) riesce a rendere avvincente. Ma ciò che lascia esterrefatti è la sommarietà della messinscena, modesta come le fiction tedesche di qualche anno fa del ciclo "Nel segno del giallo".

4 - Knight of Cups - Terrence Malick
Un'estenuante pubblicità di due ore, dove Christian Bale e le sue donnine bellissime e perfette si struggono annoiati per i loro tormenti sentimentali, mentre la macchina da presa fluttua nell'aria senza una direzione precisa e un'idea di cinema si rivela totalmente svuotata di ogni senso e interesse, non aggiungendo nulla a tutto quello che abbiamo già visto di Terrence Malick. Pieno di frasi casuali pseudo-filosofiche, irritanti e fasulle.

3 - Kiki e i segreti del sesso - Paco Leon
Perversioni e disordini sessuali raccontati in sketch eccessivamente verbosi e mai seducenti, spesso fin troppo paradossali. La morale finale è un invito a vivere la propria sessualità nella maniera più gioiosa e libera possibile. Come un Vanzina, ma senza neppure un po' di sana volgarità. Una lettura dei disturbi parafiliaci descritti nel DSM è senz'altro più divertente e istruttiva di una serie di barzellette sul sesso che non fanno mai ridere.

2 - La corrispondenza - Giuseppe Tornatore
Papabile candidato a film più brutto del nuovo millennio, ma gli risparmiamo il primo posto grazie a qualche scena meravigliosamente scult. Tornatore irriconoscibile. Dialoghi inconcepibili, riflessioni esistenzialiste che superano la soglia della farsa. La migliore offerta sembra di un altro regista, oppure appartenere a un'epoca remota. Jeremy Irons è tragico, ma Olga Kurylenko è la prova che per fare le attrici qualche volta è sufficiente essere soltanto molto belle.

1 - Revenant - Redivivo - Alejandro G. Inarritu
Il regista messicano ormai è avvolto dalla convinzione di essere il più grande di tutti i tempi e gira un western amorfo e inerme, senza pathos, senza sentimento, senza metafisica. Puro manierismo estetizzante e irritante, mai richiesto, mai funzionale alla narrazione. La sequenza di Leonardo DiCaprio che lotta con l'orso è tanto spettacolare quanto patetica, ma è soltanto l'inizio: l'attenzione va subito alle lancette dell'orologio. Una sonora patacca d'autore.


PEGGIOR ATTORE: Ben Affleck (The Accountant)

PEGGIOR ATTRICE: Olga Kurylenko (La corrispondenza)

I BIDONI D'ORO DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011 - La pelle che abito - Pedro Almodovar
2012 - Le belve - Oliver Stone
2013 - Solo Dio perdona - Nicolas Winding Refn
2014 - 12 anni schiavo - Steve McQueen
2015 - Crimson Peak - Guillermo del Toro
2016 - Revenant - Redivivo - Alejandro G. Inarritu





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