venerdì 1 giugno 2012

Pop Porno: Boogie Nights

Il Porno nel cinema. La descrizione di un mondo, una solitudine esistenziale, una forma di libertà d'espressione. O, semplicemente, lo sfondo di un delitto o di un amore.
Paul Thomas Anderson fa parte della leva giovane della cinematografia americana (ha fatto questo film a 27 anni) ed è indubbiamente uno dei registi più interessanti della sua generazione. 'Boogie Nights' è un film corale, come 'Magnolia'. Tante storie che si mischiano, affreschi psicologici e psicotici di persone-personaggi perduti tra depressione, delusioni, orgasmi e droga. Anni Settanta-Ottanta, un postadolescente perdigiorno con un paio di chili di cazzo tra le gambe («33 centimetri non sono uno scherzo, bambina»), schiacciato dal disprezzo della madre che lo reputa un fallito, viene scoperto da un regista di film porno, che lo trasforma in Dirk Diggler, pornodivo di fama mondiale. Il ragazzo trova nel regista quel padre che in casa è sempre stato un fantasma, prono anche lui ai voleri della consorte cagacazzi. La moglie del regista, cocainomane a cui i giudici hanno sottratto il figlio e attrice a sua volta, trova in Dirk un nuovo bambino da riempire di affetto e droga. Poi abbiamo: fonico finocchio, pornoattore nero che sogna di vendere stereo all'ultimo grido, pornoattrice scemina e dolente (Rollergirl) che non si leva mai i pattini dai piedi e succhia vagonate di uccelli, aiuto regista baffuto con moglie mignotta che fa sesso con chiunque tranne che con lui, altro pornoattore deficiente incapace di mettere in fila due parole che abbiano un senso logico, e si potrebbe continuare. Dirk non regge il colpo di questo cambio radicale di vita, comincia a farsi, e questo gli causa problemi di erezione: viene colpito proprio nell'unico talento che può innalzarlo al di sopra della mediocrità che lo soffoca come uno straccio bagnato. Da qui tutta un'involuzione personale ed emotiva. Anderson sbatte dentro nel film anche una riflessione sul cinema come arte artigiana, autoriale: al porno-cineasta viene proposto di mollare il 35mm e buttarsi sul VHS, quello è il futuro, la gente vuole farsi una sega a casa, non gliene frega niente delle velleità artistiche dei registi, i cinema porno sono roba da anni Settanta, gli anni Ottanta seppelliranno tutto, fratello. Piccola digressione. C'è chi ci crede ancora all'autoralità del cinema porno: Rocco Siffredi. Il grande Rocco ancora combatte contro i fast-fuckers, quelli che girano due film al giorno, quelli che vogliono dieci minuti di missionario, cinque di pecorina e l'orgasmo sui seni delle attrici, poi tutti in sala di montaggio, che domani si esce col dvd. Rocco fa 12 film l'anno e li segue tutti, con passione e professionalità, dall'inizio alla fine. Vabè, sembrano tanti, ma in realtà, se ci pensate, sono sempre meno di quelli che fanno Woody Allen e Pupi Avati. Chiudendo su 'Boogie Nights'. Il film è piuttosto bello, non un capolavoro come 'Magnolia' e 'Il Petroliere'. Qualche pianosequenza è davvero fenomenale, d'altro canto Anderson è uno che tecnicamente c'è. A livello di temi, il porno è un pretesto per scalpellare le psicologie dei personaggi, per far danzare macabramente i loro demoni; se volete vedere le tette, citofonare Lino Banfi. Vorrei concludere con una riflessione sul concetto di porno. Cos'è il porno? Tinto Brass dice che porno e cinema erotico d'autore hanno lo stesso significato (sesso) e che cambia solo il significante: più velato, cioè l'erotismo, o più esplicito, cioè la pornografia. Non saprei. Certo è che la pornografia mette in scena il sesso, quindi, se vogliamo, l'atto del concepimento, in un certo senso la vita. Il porno finge la realtà, ma non ha compromessi, e questo lo rende più vero del reale, più onesto della quotidianità indotta artificialmente. E tra porno, pornopoiesi, pornocrazia, pornopolitica, pornoantipolitica, scopriamo che c'è molta più oscenità in "Porta a porta" di Bruno Vespa, piuttosto che in una penetrazione anale videoripresa.

Ivan Brentari


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