5 - Paradise - Andrei Konchalovsky (voto 7)
Il "paradiso" di Konchalovsky è formalmente impeccabile e incontaminato, e il titolo rimanda a quello idealizzato dalla mostruosa utopia nazista, che auspicava la supremazia della sola razza ariana. Un bianco e nero elegante e pulito, uno sguardo asciutto, rigoroso, distaccato. Precisione stilistica e fascino visivo, ma i contenuti rimandano a cliché piuttosto noti, a partire dal ritratto dei due nazisti che sono ancora capaci di gesti umani e di sentimenti.
4 - Made in Italy - Luciano Ligabue (voto 7)
Dimenticate Radiofreccia e Da zero a dieci: il terzo film del rocker di Correggio è dimesso e privo di energia febbricitante. Ha il merito di raccontare in maniera cruda il Paese di oggi, senza scorciatoie consolatorie. I difetti sono molti, e le ambizioni si reggono su un filo fragile, ma va apprezzata la sincerità dell'operazione, e la capacità di descrivere una famiglia di provincia con una trasparenza struggente. Lo aiutano molto Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, un po' meno il resto del cast.
3 - L'ora più buia - Joe Wright (voto 7)
Indiscutibile prova da Oscar per Gary Oldman nei panni di Winston Churchill durante la graduale presa di consapevolezza dell'impossibilità di negoziare la pace con "quell'imbianchino" di Hitler. Potere alla parola, scritta e parlata: la regia di Wright pecca come sempre di un eccesso di teatralizzazione ma sa costruire anche sequenze d'antologia, come quella nella metropolitana. L'odio contro il nazismo scorre potente nelle vene: in questo caso, un film giustamente non pacifista.
2 - Ella & John - Paolo Virzì (voto 8)
Una delle migliori pellicole del regista livornese. In America e con temi a rischio come senilità e Alzheimer, attenua il suo stampo retorico e trova l'equilibrio perfetto tra commozione trattenuta e una comicità garbata e maldestra. Si abbandona affettuosamente all'indolenza raggrinzita di due interpreti meravigliosi come Helen Mirren e Donald Sutherland. E il loro viaggio finale dal Massachusetts alle Florida Keys è un omaggio non solo a Hemingway, ma a un intero universo letterario.
1 - Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Martin McDonagh (voto 9)
In un paesino del Missouri razzista e indifferente, la tragedia si stempera improvvisamente con la risata, così come la commozione si nasconde anche dietro personaggi imbastarditi e senzadio, che si affannano per combattere contro un Male invisibile, ma forse sono soltanto alla ricerca di speranza e amore. Martin McDonagh è il miglior erede dei fratelli Coen, guarda a Fargo ma senza scimmiottarlo e permette a un terzetto d'attori inarrivabile (McDormand, Rockwell, Harrelson) di puntare all'Oscar.
Il "paradiso" di Konchalovsky è formalmente impeccabile e incontaminato, e il titolo rimanda a quello idealizzato dalla mostruosa utopia nazista, che auspicava la supremazia della sola razza ariana. Un bianco e nero elegante e pulito, uno sguardo asciutto, rigoroso, distaccato. Precisione stilistica e fascino visivo, ma i contenuti rimandano a cliché piuttosto noti, a partire dal ritratto dei due nazisti che sono ancora capaci di gesti umani e di sentimenti.
4 - Made in Italy - Luciano Ligabue (voto 7)
Dimenticate Radiofreccia e Da zero a dieci: il terzo film del rocker di Correggio è dimesso e privo di energia febbricitante. Ha il merito di raccontare in maniera cruda il Paese di oggi, senza scorciatoie consolatorie. I difetti sono molti, e le ambizioni si reggono su un filo fragile, ma va apprezzata la sincerità dell'operazione, e la capacità di descrivere una famiglia di provincia con una trasparenza struggente. Lo aiutano molto Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, un po' meno il resto del cast.
3 - L'ora più buia - Joe Wright (voto 7)
Indiscutibile prova da Oscar per Gary Oldman nei panni di Winston Churchill durante la graduale presa di consapevolezza dell'impossibilità di negoziare la pace con "quell'imbianchino" di Hitler. Potere alla parola, scritta e parlata: la regia di Wright pecca come sempre di un eccesso di teatralizzazione ma sa costruire anche sequenze d'antologia, come quella nella metropolitana. L'odio contro il nazismo scorre potente nelle vene: in questo caso, un film giustamente non pacifista.
2 - Ella & John - Paolo Virzì (voto 8)
Una delle migliori pellicole del regista livornese. In America e con temi a rischio come senilità e Alzheimer, attenua il suo stampo retorico e trova l'equilibrio perfetto tra commozione trattenuta e una comicità garbata e maldestra. Si abbandona affettuosamente all'indolenza raggrinzita di due interpreti meravigliosi come Helen Mirren e Donald Sutherland. E il loro viaggio finale dal Massachusetts alle Florida Keys è un omaggio non solo a Hemingway, ma a un intero universo letterario.
1 - Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Martin McDonagh (voto 9)
In un paesino del Missouri razzista e indifferente, la tragedia si stempera improvvisamente con la risata, così come la commozione si nasconde anche dietro personaggi imbastarditi e senzadio, che si affannano per combattere contro un Male invisibile, ma forse sono soltanto alla ricerca di speranza e amore. Martin McDonagh è il miglior erede dei fratelli Coen, guarda a Fargo ma senza scimmiottarlo e permette a un terzetto d'attori inarrivabile (McDormand, Rockwell, Harrelson) di puntare all'Oscar.
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