Un nome su cui deve puntare il cinema italiano? Jonas Carpignano, trentatreenne cresciuto tra New York e la Sicilia, arrivato al secondo lungometraggio con A Ciambra, che ha ottenuto un'accoglienza trionfale all'ultimo Festival di Cannes. Vale la pena di recuperare allora la sua opera d'esordio, quel Mediterranea che due anni fa rivelò la potenza dello sguardo di questo giovane cineasta capace di affrontare in maniera cruda e autentica l'odissea di Ayiva che, insieme all'amico Abbas, parte da Ouagadougu, capitale del Burkina Faso, attraversa il deserto, arriva in Libia e sale su un gommone per raggiungere il Sud Italia. Il dramma dei migranti è uno dei temi centrali del cinema europeo di questo decennio: basti pensare a Deephan di Jacques Audiard, vincitore della Palma d'oro nel 2015, oppure a Fuocoammare di Gianfranco Rosi, Orso d'oro a Berlino nel 2016. Carpignano assume il punto di vista del migrante ridotto a schiavo in una baraccopoli e costretto a raccogliere arance per pochi euro, lavorando a ritmi disumani. Senza retorica e pietismo, mette a confronto i due atteggiamenti diversi di Ayiva e Abbas: il primo si sforza di entrare in contatto con le persone che lo circondano, dandosi da fare per trovare un luogo dove sopravvivere; il secondo invece mostra una sempre più crescente insofferenza nei confronti della sua drammatica condizione. Il culmine di questa tensione è raggiunto nelle scioccanti immagini degli scontri tra locali e immigrati che rimandano a quelli avvenuti a Rosarno nel 2010: ed è così che il viaggio della speranza dei due ragazzi africani si abbatte contro la violenza e l'illusione di una convivenza tuttora impossibile da realizzarsi. La mano di Carpignano non è né didattica né consolatoria, e nella seconda parte il regista individua il punto d'incontro empatico tra lo spettatore e Ayiva, permettendosi un momento intimo di pura e sincera commozione: quello in cui il protagonista si mette in contatto virtuale con la figlia via Skype e quest'ultima lo ringrazia per il lettore mp3 che è riuscito a spedirle, facendola innamorare di una semplice canzone pop di Rihanna. Jonas si sofferma sugli occhi rossi, pieni d'amore e sofferenza, del protagonista, rivelando così un sapiente equilibrio tra il rigore della descrizione sociale e la magnifica debolezza per l'idea di un cinema che non è in grado di rinunciare all'emozione e agli affetti speciali.
Emiliano Dal Toso
Emiliano Dal Toso
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