martedì 7 aprile 2015

Riflessioni Spiazzanti: L'Immagine

A distanza ravvicinata, mi è capitato di vedere la versione director's cut di 'Nymphomaniac' di Lars von Trier e 'Tusk', il nuovo scioccante lavoro di Kevin Smith. Entrambi mi hanno fatto ricordare che il cinema è soprattutto immagini, e che la parola conta fino a un certo punto. Il capolavoro del regista danese è ufficialmente arrivato nei cinema in una veste deforme, dimezzata, che non ha impedito alla pellicola di essere comunque tra le migliori dell'anno passato: il taglio è relativo, in modo particolare, alla seconda parte del film, nella quale l'eroina Joe/Charlotte Gainsbourg rimane incinta, non le viene concesso di abortire e sceglie di farlo autonomamente, con gli strumenti che ha a disposizione in casa. Questa parte del racconto vontrieriano (decisamente importante per comprendere nel migliore dei modi l'evoluzione della protagonista) dura circa mezz'ora e non si è vista nelle sale cinematografiche, non soltanto nostrane, ma di tutte le parti del mondo, eccetto Venezia. Gli urlati scandali che hanno accompagnato l'uscita di 'Nymphomaniac' vertevano sul desiderio represso di assistere a scene pornografiche sul grande schermo, eppure, benché non manchino una dose narrativamente necessaria di  fellatio e cunnilingus, l'unico grande tema che è stato vittima da parte della censura mondiale è quello dell'aborto. Aborto che viene mostrato in maniera più che dettagliata dal buon Lars, che piazza una telecamera fissa davanti alla vagina della Gainsbourg, come nessun altro prima aveva osato mai. La sequenza è certamente forte e disturbante ma mai gratuita: coerenza è la parola d'ordine, il cinema è anche e soprattutto mostrare, far vedere. E se da una parte una sorta di contagio ipocrita globale ha comportato che non si potesse nemmeno sentir nominare il termine 'aborto' nel film di von Trier, rendendolo ciò che non è nella sua interezza e nella sua verità, dall'altra parte l'autore di 'Antichrist' ha ribadito, nuovamente, che la forza immaginifica del cinema non è soltanto un diritto ma anche un dovere. Lars porta avanti la stessa identica battaglia ideologica di un cineasta apparentemente distante come Kevin Smith, che in 'Tusk' se ne esce fuori con un'opera potentissima e sgradevole, scagliandosi violentemente contro l'ironia postmoderna 2.0, contro il cattivo gusto di internet, contro la ricerca malsana della notizia spazzatura e dello sberleffo ad ogni costo. Per farlo, si serve dell'horror, il genere più "visionario" e stimolante per gli occhi, mostrando la ripugnante trasformazione di un conduttore di podcast alla ricerca cinica e spasmodica dello "scemo del villaggio" in un tricheco. Una follia, che può senz'altro suscitare un salutare ribrezzo: per le parole e per sentirsi dire quello che si vuole ci sono sempre Fabio Fazio e Daria Bignardi.

Emiliano Dal Toso



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