giovedì 17 settembre 2015

I Magnifici Sette: Luglio - Settembre 2015

Giovani si diventa - Noah Baumbach: dopo Frances Ha, Baumbach mette in contrasto due generazioni agli antipodi. Da una parte, il quarantenne che si serve del progresso tecnologico per paura di non essere al passo coi tempi; dall'altra, il venticinquenne che lo rifiuta, per ribadire la propria mondanità vintage, modaiola e pseudo-alternativa. Un'impietosa descrizione dell'universo hipster, viziato e figlio del benessere economico, abituato a costruire la forma prima del contenuto, schiavo delle pose e del trend estetico del momento.

Taxi Teheran - Jafar Panahi: accusato di propaganda contro il sistema e condannato a sei anni di prigione con il divieto di fare film e uscire dall'Iran per vent'anni, Panahi utilizza il cinema per abbattere le barriere della legge e delle imposizioni istituzionali, ribadendo la sua natura di arte libera e illimitata, impossibile da tenere a bada. Alternando momenti di comicità liberatoria e di tensione quotidiana, il regista si tramuta nel protagonista di una ribellione, componendo un inno alle opportunità.

Dove eravamo rimasti - Jonathan Demme: una Meryl Streep inarrivabile nei panni di una rockeuse di provincia, repubblicana, mamma confusa e inaffidabile, ma in grado di esprimere sul palco tutto l'amore che c'è. Demme si disinteressa di dare una soluzione ai rapporti interpersonali, che restano in sospeso e irrisolti, e si concentra soltanto sulla musica, capace di unire e ricompattare, di rendere materia emozioni, rimorsi e rimpianti. Dagi U2 a Bruce Springsteen, ci si commuove pensando alla devastante forza riconciliatrice del rock.

Sangue del mio sangue - Marco Bellocchio: uno dei film più personali e potenti del regista bobbiese, una summa delle sue magnifiche ossessioni. C'è tutto Bellocchio: famiglia, religione, sogno, vecchio borgo antico, con uno sguardo a metà tra l'incredulo e l'onirico. Enorme Roberto Herlitzka, emblema del "vampiro" dei giorni nostri, ma in decadenza; imperdibile il duetto in uno studio dentistico con il grande Toni Bertorelli, mentre il Paese non soltanto si rifiuta di apprendere dalla propria Storia ma, imperterrito, sorridendo peggiora, confuso e mostruoso.

Sicario - Denis Villeneuve: prosegue il processo di rivisitazione del poliziesco, in chiave nera, disperata, senza nessuna via d'uscita. Si pensi anche a The Counselor e alla seconda stagione di True Detective: questo è il mondo che ci meritiamo, ed è un mondo di lupi, dove chi si illude di rispettare i protocolli e la legge rimane inevitabilmente sconfitto. Potrebbe irritare moralisti e femministi, ma questo è il cinema scomodo di cui abbiamo bisogno: nella guerra tra il vendicativo Benicio Del Toro e la fragile Emily Blunt, vince il primo.

Ritorno alla vita - Wim Wenders: lascia spaesati, meravigliati, incantati questa sinfonica, dolorosa riflessione di Wenders su colpa ed espiazione. Un cinema ancora desideroso di sperimentare, ricercare e riflettere sulle potenzialità inesplorate della Settima Arte. Un 3D apparentemente innocuo, in realtà fondamentale per penetrare nell'anima persa di James Franco, scrittore in crisi d'ispirazione. Un'opera raffinatissima, nella quale la fotografia plumbea e innevata possiede la stessa importanza dell'intensità delle interpretazioni.

Un mondo fragile - César Augusto Acevedo: un ritratto intimo di una famiglia contadina, asciutto e rigoroso ma mai ricattatorio, privo di ruffianerie consolatorie. Duro e sincero nella descrizione delle condizioni di vita dei suoi protagonisti, però affettuoso ed emozionante quando indaga nelle dinamiche psicologiche tra esseri umani. Sotto la lente di ingrandimento di Acevedo, un'America latina lontana da tentazioni cartolinesche in un lavoro esteticamente perfetto, che getta una luce dolorosa su un mondo ai margini della sopravvivenza.



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