20 - Dune - Denis Villeneuve
Esperienza sensoriale totalizzante. Dopo essere stato portato sullo schermo da David Lynch nel suo unico fallimento registico, il romanzo sci-fi di Frank Herbert trova la sua miglior traduzione immaginifica possibile: tutto è azzeccato, a partire dalla cura tecnica, sonora e visiva, che catapulta in un universo sconosciuto ma immedesimabile. La complessità è all'altezza della profondità psicologica del libro originale: la vera guerra è quella contro le proprie paure e i propri demoni, passati, presenti e futuri.
19 - Bergman Island - Mia Hansen-Love
Un gioco di doppi, specchi e riflessi, tra metacinema e omaggio. Hansen-Love attua una dichiarazione d'amore al regista della sua vita, stratificata e travestita da innocua commedia matrimoniale cineturistica. Ma gli spettri e le inquietudini dell'animo sono un elemento irrinunciabile: l'atto creativo è sempre conseguenza del proprio vissuto, delle proprie sconfitte. E nonostante gli anni passino, si torna sempre al primo trauma autentico: il grande amore adolescenziale come eterna condanna, dolente ossessione.
18 - The Power of the Dog - Jane Campion
Ambiguo, misterioso, crudele, con un superlativo Benedict Cumberbatch. Capace di smuovere gli archetipi e le coordinate del western tradizionale, e di contribuire a formare una nuova iconografia del genere. Jane Campion si conferma una regista con un'idea di cinema precisa, promotrice di una narrazione classica e solenne. Nessun fuoco d'artificio, ma una sensibilità rara e preziosa in grado di evocare sentimenti, frustrazioni, desideri repressi, confrontandosi con personaggi complessi.
17 - Promising Young Woman - Emerald Fennell
Una Carey Mulligan perfida e geniale, in guerra dichiarata contro il genere maschile. Sbaglia chi lo ha interpretato come un manifesto iper-femminista: è un ribaltamento dei cliché del "rape and revenge movie" e una constatazione della degenerazione del conflitto tra i sessi. Feroce, a tratti sgradevole ed esagerato, ma è l'esempio di una black comedy indie americana finalmente capace di scuotere e creare dibattito, provocando e suscitando reazioni opposte.
16 - Jungleland - Max Winkler
Pugilato e dramma famigliare proletario: come vincere facile. Charlie Hunnam e Jack O'Connell interpretano due fratelli che si ribellano a un boss della malavita: un trionfo di quelle tipiche emozioni che incendiano i film di uomini sul baratro, costretti a combattere per la sopravvivenza. Il guilty pleasure dell'anno: tra nottati alcoliche e violente rese di conti, quello che rimane è sempre il romanticismo controverso che caratterizza il rapporto maschile di fratellanza.
15 - Pieces of a Woman - Kornél Mundruczò
Un dramma sull'elaborazione del lutto, costituito da un prologo di mezz'ora incentrato su un piano sequenza mozzafiato, un'immersione nell'odissea di una donna che affronta un parto complicato. I restanti cento minuti si soffermano sulla ridefinizione della personalità della protagonista, vittima dello sguardo e del giudizio delle persone che la circondano. Virtuosistico, profondo e anti-retorico, il risultato è un salutare pugno nello stomaco, una riflessione sul corpo e sull'identità femminile senza letture scontate.
14 - Judas and the Black Messiah - Shaka King
Da una parte, un leader, un poeta, un rivoluzionario; dall'altra, un ladro, un doppiogiochista, un traditore. Raccontando la storia di Fred Hampton, considerato un nemico pubblico per gli Usa da J.Edgar Hoover, il regista Shaka King fa emergere la centralità di un personaggio cruciale per le battaglie degli afroamericani, non soltanto per la parità razziale ma anche per un'equità sociale ed economica. E mescolando il thriller politico con il dramma interiore del "Giuda" William O'Neal, celebra un riferimento fondamentale per il Black Lives Matter.
13 - Malcolm & Marie - Sam Levinson
Una coppia afroamericana fa esplodere le tensioni represse dopo aver partecipato a una serata di gala. Inizia così un gioco al massacro, pretesto per riflettere su femminismo e parità di diritti, ma anche sulle contraddizioni che accompagnano il processo creativo di un artista, influenzato dai propri rapporti personali. Messa in scena impeccabile: un'impostazione teatrale che si rende cinema grazie a una regia che sa evidenziare i sottotesti. E un'intuizione folgorante sui generi possibili dell'era pandemica: il kammerspiel in casa, il catastrofico là fuori.
12 - Madres Paralelas - Pedro Almodovar
Un piano di lettura duplice, in cui il privato delle protagoniste è inscindibile dall'aspetto politico, da un passato personale e individuale che è connesso, intrecciato, abbracciato al peso collettivo della Storia. Un filo inestricabile che lega la scossa emotiva del melodramma interiore alla coscienza e agli scheletri di un Paese. E come spesso accade nel cinema di Pedro, i sentimenti e la passione sono talmente presenti che tutto il resto arriva nitidamente dopo un'ulteriore riflessione.
11 - Nuevo Orden - Michel Franco
Il ritratto di un Messico violento e disperato, devastato dal conflitto sociale, in cui la rabbia proletaria è indirizzata a scopo politico per un colpo di stato militare. Uno shock ideologico, dove gli elementi più efficaci sono il realismo e la potenza con cui la violenza del popolo emerge durante uno sfarzoso matrimonio dell'alta borghesia. Una sorta di Joker senza icone anarchiche, ma con lo stesso identico disagio per un presente sempre più spaccato dalle differenze di classe e dalle ingiustizie.
10 - Bad Luck Banging or Loony Porn - Radu Jude
Benvenuti nel cinema pandemico, dove i personaggi girano con le mascherine e la messa in scena si adatta alle restrizioni sanitarie. Ne beneficia la creatività: regia d'osservazione, pochade, saggistica, un ritratto surreale dell'ipocrisia che coinvolge tutto il mondo dei social network. Oltre a una riflessione sottile sul valore e sul senso delle immagini che ci circondano, dai filmini porno casalinghi all'orrore dell'estetica dei consumi. Forse disomogeneo e sgangherato, ma innovativo e dotato di sana follia.
9 - Last Night in Soho - Edgar Wright
Il film che non t'aspetti da Edgar Wright, nostalgico e anti-nostalgico nello stesso tempo, privo di comicità: un omaggio alle suggestioni horror di Nicolas Roeg e Roman Polanski, al fascino e alla ghostliness londinese, ma anche un monito nei confronti di una vita passata eternamente sullo specchietto retrovisore. Un viaggio onirico e cinefilo che s'immerge nei dettagli, nella magnificenza delle scenografie e degli ambienti, tra il mito della Swinging London e i fantasmi che si nascondono dietro ogni racconto, ogni leggenda.
8 - The Card Counter - Paul Schrader
Cinema americano allo stato puro, figlio della New Hollywood degli anni Settanta, ma ancora preciso nel racconto di un'America squallida, vigliacca e violenta, disperatamente alla ricerca di redenzione. Il protagonista William Tellich è il Travis Bickle dei giorni nostri, più consapevole e più disilluso, destinato a una fine che non mette in discussione: il carcere come luogo dell'anima, spazio chiuso dove i perdenti sopravvivono con il gioco d'azzardo, contando le carte, immaginando una storia d'amore separata da un vetro.
7 - The Father - Florian Zeller
Una rielaborazione folgorante del cinema sulla vecchiaia, che flirta con le allucinazioni tipiche dell'horror e reinventa le confusioni del genere labirintico. Un'esperienza cinematografica che adotta il punto di vista di chi vive l'Alzheimer, attraverso una narrazione volutamente incoerente e contraddittoria. Impietoso e sorprendente, arricchito dalla prova dolente di un Anthony Hopkins di straripante bravura e da un cast di contorno eccezionale.
6 - Another Round - Thomas Vinterberg
Quattro maschi etero di mezza età, mediamente annoiati, sperimentano su se stessi la teoria secondo cui nasciamo con un deficit di alcol nel sangue. Niente di più lontano da moralisti e bacchettoni: Vinterberg celebra gli aspetti tragicomici della vita, concentrandosi sull'inevitabilità dell'ingrediente alcolico nell'affrontarla. Non è un inno gratuito all'eccesso, ma il ritratto compassionevole di un'esistenza che può rivelarsi una gabbia, oppure una leggera danza ebbra di spensieratezza e di consapevolezza verso l'ineluttabile.
5 - France - Bruno Dumont
Straniante, drammatico e demenziale, una fotografia della perdita di misura della realtà nella società della finzione, della messa in scena, della ri-costruzione delle immagini. Léa Seydoux è una giornalista incapace di riconoscere la corretta estensione dei fatti, delle emozioni e dei sentimenti, vittima di una distorsione percettiva dettata dal giudizio degli altri, dal riconoscimento in termini di audience, popolarità, selfie. Tutto è fuori tempo e comico, eccessivo e deviato dall'idea che l'autenticità degli eventi sia stata spazzata via da una simulazione.
4 - L'événement - Audrey Diwan
Vincitore del Leone d'oro alla Mostra di Venezia, è molto di più di un film a tema sull'aborto: la Diwan racconta le fatiche immani e il coraggio impossibile e necessario per svincolarsi dalle gabbie imposte dalla mentalità retrograda della società, delle istituzioni, della famiglia e di tutto ciò che limita e restringe la libertà di scelta e di crescita dell'individuo. Un vero e proprio horror del corpo e dell'anima. E ha come protagonista una giovane attrice meravigliosa ed eroica, Anamaria Vartolomei: segnatevi questo nome.
3 - Titane - Julia Ducournau
Palma d'oro a Cannes tra le polemiche: un body horror schizzato e sgradevole, visionario e fiducioso nelle potenzialità immaginifiche ancora inespresse della Settima Arte. Una profezia sull'abbattimento delle distinzioni di genere, sulla fusione tra corpo umano e corpo metallico, una prefigurazione di una nuova identità neutrale e fluida, proiettandosi nel futuro ma anche rispecchiando il sentire odierno di un'individualità ibrida e pansessuale. Eccessivo e influenzato dalla poetica mutante di Cronenberg, ma con un'idea di cinema indipendente e rinnovatrice, parallela alle evoluzioni della società e delle immagini.
2 - The Hand of God - Paolo Sorrentino
Un imponente romanzo autobiografico, che s'inserisce nella tradizione del grande cinema italiano nazionalpopolare. Proteggendosi con l'immagine del più famoso gol irregolare della storia e con l'icona mitica e autodistruttiva di Maradona, annulla ogni altro filtro possibile tra sé e chi guarda, dichiarando che il motore del genio creativo è alimentato dall'impossibilità di abbandonare il dolore. E costruendo una successione di sequenze magiche e memorabili, ci confida che il destino si fa beffa delle nostre vite, a volte mascherandosi da tragedia inconcepibile, altre volte ribaltando l'ingiustizia in una giustizia morale, politica: proprio come è stata la mano di Dio.
1 - Compartment No. 6 - Juho Kuosmanen
Una struggente e incompiuta storia d'amore tra due opposti che si attraggono: una borghese studentessa finlandese di archeologia e un rozzo minatore russo alcolizzato si conoscono su un treno che viaggia da Mosca a Murmansk e, dopo i primi incidenti e le prime incomprensioni, realizzano la magia del calore del loro incontro, in un momento cruciale della loro vita. Influenzata dall'intera letteratura di Cechov, è una commedia sentimentale incantevole, malinconica, innamorata dell'idea del sentimento, che celebra le parentesi poetiche e inspiegabili che frammentano il viaggio di ciascuno, impreziosita dai magnifici volti dell'Est dei protagonisti Seidi Haarla e Yuriy Borisov, e dal fascino irresistibile delle location.
MIGLIOR ATTORI: Yuriy Borisov e Seidi Haarla (Compartment No.6)
I FILM DELL'ANNO DE 'IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO'
2011: Black Swan - Darren Aronofsky
2012: De rouille et d'os - Jacques Audiard
2013: The Master - Paul Thomas Anderson
2014: Boyhood - Richard Linklater
2015: The Disappearance of Eleanor Rigby - Ned Benson
2016: Frantz - Francois Ozon
2017: Personal Shopper - Olivier Assayas
2018: Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche
2019: Joker - Todd Phillips
2020: A Hidden Life - Terrence Malick
2021: Compartment No. 6 - Juho Kuosmanen
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