sabato 1 giugno 2013

Riflessioni Spiazzanti: Il Fuori Campo

E' finito, per me, il momento di idolatrare, di mitizzare e di angelizzare. Una volta presa totalmente consapevolezza del fatto che non riuscirò mai a fidanzarmi con nessuna delle mie attrici preferite, mi domando quale siano alcuni degli ingredienti principali che mi fanno amare incommensurabilmente il cinema. Molte volte, le cose importanti che ci riguardano non accadono sotto i nostri occhi. Quando andavo a scuola, immaginavo soltanto quello che i professori dicevano di me durante i consigli di classe, intuendo chi voleva promuovermi e chi invece voleva bocciarmi. Lo presumevo, ma non potevo averne la certezza. Veniva presa una decisione che riguardava me, il mio futuro, ma io non potevo assistere a confronti e discussioni. Non avevo voce in capitolo perchè io non c'ero. Le immagini erano esclusivamente nella mia testa. Nella stessa maniera, un fidanzato può soltanto immaginare quello che combina la sua ragazza quando non è con lui. Non assisterà mai a un tradimento di quest'ultima, a meno che non sia per coglierla in flagranza oppure per puro masochismo. Però, lo immaginerà e, presumibilmente, ne soffrirà. Soffrirà per qualcosa che non ha visto direttamente. Una cosa che adoro del cinema è quello che non mi fa vedere. Ovvero, il fuori campo. Il fuori campo è tutto ciò che accade fuori dal campo visivo ma è presente nell'immaginario spazio adiacente. Può sembrare un paradosso, ma l'utilizzo del fuori campo, di ciò che c'è ma non si vede, è una caratteristica tipica di tutti i più grandi. Il primo che mi viene in mente è Takeshi Kitano, in modo particolare i suoi primi film. Nelle sparatorie, Kitano pone la macchina da presa sull'azione del carnefice, non sulla vittima. In questo modo, lo spettatore può soltanto immaginare la condizione di quest'ultima. Mi sembra che questo modo di raffigurare la violenza sia nello stesso tempo di grande onestà, ma anche di gran classe. Non è un regista che amo particolarmente, ma un altro che utilizza alla grande il fuori campo è Michael Haneke. Penso alla sequenza de 'Il Nastro Bianco' quando si sentono soltanto le frustrate che vengono date a un bambino che sta ricevendo una sanzione corporale, perchè la macchina da presa riprende invece la porta chiusa della stanza nella quale sta avvenendo l'azione. Magnifica. E' bellissimo pensare al fatto che proprio ciò che nella vita reale è di solito oggetto di delusioni o di amarezze, cioè tutto ciò che accade lontano da noi e di cui noi siamo costretti a rimanere passivi benchè diretti interessati, nel cinema si tramuta, diventa qualcosa che non vediamo ma ci emoziona.

Emiliano Dal Toso


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