mercoledì 7 giugno 2017

Top Ten: Classifica Primo Semestre 2017

10 - Ritratto di famiglia con tempesta - Hirokazu Koreeda
La vita dal punto di vista di un irresistibile loser: scrittore fallito, scommettitore incallito, goffo investigatore privato e padre affettuoso ancora innamorato della ex cerca di ricomporre il nucleo famigliare sfruttando il riparo della casa materna dalle intemperanze meteo. Ma dopo la tempesta, la presa di consapevolezza della sconfitta lo porterà verso un nuovo domani. Grande Hiroshi Abe, interprete comico e struggente, e bravissimo Koreeda a raccontare con equilibrio e delicatezza la tragicommedia dei nostri giorni.

9 - Dopo l'amore - Joachim Lafosse
Un dolente kammerspiel sulla fine di un matrimonio con prole, radiografia di un divorzio che coinvolge anche tutto ciò che lo circonda. Straordinari Cédric Kahn e Bérénice Bejo, che donano a litigi, ritorsioni ed esplosioni di rabbia quel senso di verità che appartiene soltanto al cinema d'autore più attento e raffinato, che non diventa mai presuntuoso. Assente ogni tipo di retorica moralista e familista, ma anche eccessi di pessimismo: non è altro che il tempo a cambiare geometrie e declinazioni emotive.

8 - Cuori puri - Roberto De Paolis
Ottimo esordio italiano, duro e tenero come il miglior Jacques Audiard. Nella periferia romana, due personaggi quasi agli antipodi si attraggono e si innamorano, ma devono affrontare difficoltà economiche, disagi sociali e il senso di colpa cattolico. Sorprendono istintività, rabbia e romanticismo, all'altezza di un cinema europeo in grado di raccontare il presente senza scorciatoie consolatorie. E attenzione a una delle scene di sesso più autentiche, emozionanti e naturali degli ultimi anni, caratteristiche rare per il nostro cinema cattofustigato.

7 - Victoria - Sebastian Schipper
Il film più riuscito che sia stato realizzato sinora con un unico piano sequenza. Certo, la scrittura non è sempre del tutto credibile ma la mano di Schipper è travolgente e immerge lo spettatore nel trip notturno vissuto da una ragazza spagnola a Berlino che esce da una discoteca techno e si fa coinvolgere da quattro ragazzi in una rapina in banca. Dalle quattro alle sei e venti del mattino succede di tutto: ma è un cinema sperimentale e febbrile che ipnotizza e coinvolge. Straordinaria la protagonista Laia Costa.

6 - Arrival - Denis Villeneuve
La fantascienza più colta, raffinata e profonda del nuovo millennio. Ogni opera di Villeneuve si rivela diversa da quella precedente, capace di apportare stimolanti interrogativi intellettuali agli archetipi dei generi. E quelli che arrivano nel cuore sono gli stessi che riportano a La donna che canta: l'importanza della comunicazione tra specie diverse, e l'amore di una madre che si manifesta attraverso la scelta di vivere. Utilizzando, nello stesso tempo, la forza di un cinema interessato prima di tutto a nutrire gli occhi.

5 - L'altro volto della speranza - Aki Kaurismaki
Stupendo Aki: un altro grandioso tassello di una filmografia dedicata esclusivamente agli ultimi, ai perdenti, ai ribelli e ai dimenticati. Si parla di nuovo di immigrazione e disperato bisogno di integrazione: perché nell'Europa di oggi è necessario. Lo stile è sempre unico, immediatamente riconoscibile, caratterizzato da quell'ironia secca e da quel minimalismo colorato che riesce a non diventare mai maniera. E un paio di sequenze sono da antologia della risata: la partita a poker, la birreria che si reinventa ristorante giapponese per essere alla moda. 

4 - Jackie - Pablo Larrain
Immensa Natalie Portman: non ci sono più aggettivi per questa piccola e meravigliosa donna. Il primo film statunitense di Larrain è il suo capolavoro privato, dove i virtuosismi del regista cileno si attenuano a favore di un intimismo sempre più marcato, interrogandosi su vita e morte, suicidio e dignità. Pablo si incolla a Jacqueline e segue il suo percorso di elaborazione del dolore, che contrasta con il suo ruolo e con le aspettative del popolo americano. E ci mostra un altro memorabile cigno nero.

3 - Vi presento Toni Erdmann - Maren Ade
Può esistere una commedia tedesca di 2 ore e 45 minuti capace di divertire e commuovere, senza mai annoiare? Sì, sempre che si sia disposti a qualche mazzata emotiva per nulla indifferente: il rapporto tra il papà burlone Winfried e la figlia workaholic Ines è di quelli che improvvisamente lacerano l'anima. Perché è un gioco di maschere che rivela l'incomunicabilità affettiva che caratterizza il nostro presente. E perché semina il dubbio che tolti i panni del clown si faccia davvero fatica a rimanere soli.

2 - Manchester By The Sea - Kenneth Lonergan
La forza insopprimibile del dramma famigliare. Amore, lutto, crollo, rinascita e romanzo di formazione: un cinema classico ed eterno, che si regge sull'intensità degli attori (Casey Affleck e Michelle Williams magnifici e struggenti), sulla potenza della narrazione e sullo sguardo di una regia delicata, impeccabile e funzionale al fattore umano. Ed è anche la fotografia di un pezzo d'America che combatte quotidianamente con solitudine e senso di colpa. Il terzo film di Kenneth Lonergan in diciassette anni, dopo Conta su di me e Margaret: a different class.

1 - Personal Shopper - Olivier Assayas
Assayas riflette sull'immaterialità del nostro tempo, sugli schermi, le immagini e i riflessi che rispecchiano il nostro narcisismo social e l'idea di mondo di cui siamo prigionieri: la messaggistica istantanea che si consacra come unico strumento di comunicazione, ed emozione. Il corpo di Kristen Stewart insegue un segno, una reazione proveniente da un Altrove, rivolgendosi sempre verso qualcosa che carnalmente non c'è più. Il film definitivo sulla nuova configurazione del nostro modo di (non) essere. Gli inganni della vita e del cinema alle estreme conseguenze: non esistono, ma siamo convinti che ci siano.



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