venerdì 12 luglio 2019

Guarda Giacinti

Il gol è l'orgasmo del calcio.
Eduardo Galeano

Sono le 12.30 di una domenica di gennaio, non ho intenzione di fare altro che non sia guardare partite di calcio. Fuori piove, rimango in pigiama, mi viene in mente che Sky non trasmette più l'anticipo di mezzogiorno. Ho disdetto Dazn da poco per risparmiare dieci euro al mese. Devo attendere le tre del pomeriggio e l'unica offerta della tv a pagamento è Milan - Sassuolo di calcio femminile, giocata sotto la neve, praticamente senza pubblico. Si sentono le voci delle allenatrici e i commenti dei pochissimi tifosi sugli spalti. Rimango infastidito dalla concitazione della telecronista con cui commenta il primo gol del Milan, gridando il nome di <<Valentinaaaa Giacintiiiiiii!!!!>> come se Carlo Pellegatti esultasse per una vittoria in semifinale di Champions. Passano pochi minuti e il Milan è già sul 4-0. Pura fantascienza, penso. Credibilità zero. La stessa Giacinti sbaglia il quinto gol in maniera madornale, sola a un metro dal portiere avversario. Il calcio femminile non fa per me. Sdraiato sul divano, scorro nevroticamente la bacheca degli eventi su Facebook per cercare un'alternativa domenicale. Cambio canale, ovvio, e metto in sottofondo la Euro Top Chart di Mtv Music. Arrivano le 14.15 e non ho ancora combinato niente, devo aspettare quarantacinque minuti per l'inizio delle partite, la musica pop-trap di oggi intanto ha superato la mia soglia di sopportazione. Più per noia che per curiosità, mi ricollego con le ragazze di Milan - Sassuolo. <<Ancora leiiiiiii, Valentinaaaa Giacintiiiiiii!!!!>>. Il Milan ha appena segnato il 5-2. Mi incuriosisco: vado su Wikipedia per capire chi sia l'autrice della doppietta e scopro che è già stata per due volte capocannoniere della serie A e che è attualmente in testa nella classifica marcatori. Ha segnato 86 volte su 96 presenze nel Mozzanica e 21 su 22 nel Brescia. Nel Milan viaggia a una media di un gol a partita. Le metto il Like su Facebook e decido di avventurarmi su Instagram. Decido di seguirla.

Mi immagino come possa essere la prima volta di un ragazzo che gioca a calcio con Valentina Giacinti. Rievoco quei primi giorni di settembre che anticipano l'inizio della scuola e mi configuro un campetto di calcio di qualche sperduta provincia bergamasca. Si ritrovano in dieci: nove uomini e una donna. <<Va beh, lei sta con voi>> decide il più bullo. Valentina è in squadra con un panzone destinato chiaramente a fare il portiere, con uno smilzo con la maglia dell'Inter che rimane fermo in difesa, con uno basso e tozzo che indossa una maglietta stretta di una palestra di Bergamo e con un tizio silenzioso la cui scritta di Montolivo sulle spalle tradisce un tifo romantico e malinconico per l'Atalanta. <<Io mi muovo in attacco>> sentenzia determinata Valentina. Il finto palestrato si gira con una smorfia verso il difensore dell'Inter, che allarga perplesso le braccia. Il ciccione in porta scorreggia. Inizia la partita. Passaggio in profondità di Montolivo per Valentina, che segna subito. L'azione successiva è simile: Vale ruba la palla a un avversario, ne scarta un altro, la passa a Monto che le restituisce il favore. Lei è veloce, gli altri non lo sono. Doppietta. Il bullo bestemmia in dialetto, uno degli altri ride istericamente e tenta di far ricadere la colpa sul portiere, prendendolo per il culo. Vale dà il cinque al nano palestrato, fa il pollice in alto all'interista e al panzer, sorride a Monto che si avvicina a lei tentennando un abbraccio con l'insicurezza di sé di chi potrebbe sembrare una persona riflessiva, così come un serial killer. Si limiterà a dirle un timido "grande" e a darle una debole pacca sulla schiena. Valentina non può vederlo ma dentro a Montolivo, il tizio che le ha fatto i due assist, si è appena aperto un cratere devastante che il ragazzo faticherà a rimarginare per tutti gli anni delle superiori. Il giorno dopo, per tutti quanti, comincia la scuola.

Valentina Giacinti si racconta in un'intervista sul suo profilo Instagram: <<Da piccola mi è capitato tante volte di sentirmi dire che il calcio non è uno sport per le donne. Quando giocavo insieme ai maschi il mio obiettivo era farli ricredere. Spesso quando giocavo contro di loro mi piaceva fare tanti gol, per fargli capire che anche le donne potevano giocare. Il calcio ti dà tanto e richiede tanto tempo, ma l'emozione di fare un gol il sabato e di portare a casa una vittoria ripaga tutto il sacrificio che si fa durante la settimana>>. Guardando le partite dell'Italia femminile agli ultimi Mondiali mi sono entusiasmato. Non mi capitava da un po'. La responsabile è Valentina Giacinti, perché nel suo gol contro la Cina c'è tutto quello che amo di più del gioco d'attacco. Il pressing ossessivo sull'esterno cinese le permette di recuperare palla e di allungarsi sulla destra. Non c'è superiorità numerica, perché le cinesi in area sono comunque quattro. Non le resta che passare il pallone alla compagna di reparto e buttarsi in area sperando che arrivi poi un cross dalla fascia opposta. Il pallone le arriva molto sporco, figlio di un brutto passaggio di Barbara Bonansea che viene deviato di fortuna da una cinese, e di una ribattuta del portiere sul tiro della nostra mezzala. Valentina c'è, perché è più veloce della marcatrice. Valentina sente quel pallone. Valentina segna. Davanti a Italia - Cina mi tornano in mente le sue parole di Instagram. Per conquistare il rispetto dei maschi, Valentina Giacinti non avrebbe mai potuto accontentarsi di giocare bene. Per giocare con i maschi, devi segnare. Dopo che l'ho vista con il Milan nelle ultime partite di campionato e con la Nazionale, mi sono convinto che lei si muova con l'idea che sia sempre una lotta di genere. Come se le avversarie fossero uomini. Qualcosa di simile a una lotta di classe, con il pallone. Senza dubbio - che si tratti di un campetto della Val Cavallina, di uno stadio di provincia oppure dei Mondiali - il suo è un movimento politico.

Ho pensato a Inzaghi. Penso a Cutrone perché gioca "tarantolata" come lui, ma Giacinti tecnicamente è molto più forte. Scopro con un pizzico di delusione che da bambina tifava Juventus e che i suoi calciatori preferiti sono Bobo Vieri e Alvaro Morata. Recupero un bell'aneddoto: quando da bambina le regalavano le bambole, strappava subito le teste e le prendeva a calci. Nell'intervista dopo Italia - Cina si commuove, perché il nonno che l'ha sempre incoraggiata a diventare una calciatrice non c'è più. In Splendori e miserie del gioco del calcio Eduardo Galeano scrive: "Per fortuna appare ancora sui campi di gioco, sia pure molto di rado, qualche sfacciato con la faccia sporca che esce dallo spartito e commette lo sproposito di mettere a sedere tutta la squadra avversaria, l'arbitro e il pubblico delle tribune, per il puro piacere del corpo che si lancia verso l'avventura proibita della libertà". Gli ultimi in Italia a provarci sono stati Antonio Cassano e Mario Balotelli, perché covavano l'autentica intenzione di distruggere il sistema dall'interno. Ne sono stati risucchiati e hanno finito per autodistruggersi. Per uscire dallo spartito, allora, bisogna guardare altrove: nella tenacia, nella determinazione, nella necessità del gol per ribaltare gli ordini, le gerarchie e le prospettive. Ripartire da capo, semplicemente. Tabula rasa. Per rinnovarsi e avere una spinta propulsiva, il calcio non può prescindere dal sentimento della lotta. Davanti a quel Milan - Sassuolo di una mattina di gennaio pensavo di annoiarmi, ma stava nascendo una nuova consapevolezza. Guardare giocare Valentina Giacinti è bellissimo. Fare il tifo per lei è una cosa bellissima.

Emiliano Dal Toso



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