giovedì 8 novembre 2012

Tutti i Santi Giorni (voto 7)

'Tutti i santi giorni' è un film che si colloca pienamente nello stile di Paolo Virzì, accompagnato da quei pregi e da quei difetti che spesso si controbilanciano nella filmografia del regista livornese: qualche volta è successo che i primi prevalessero nettamente sui secondi ('Ovosodo', 'My name is Tanino', 'Tutta la vita davanti'), mentre non più di un paio questi ultimi hanno preso il sopravvento ('Caterina va in città', il sopravvalutato 'La prima cosa bella'). Quello che convince quasi sempre di Virzì è la capacità di descrivere perfettamente gli umori e le contraddizioni del nostro Paese, con grande ironia e leggerezza e senza alcuna retorica. Il suo tocco registico è genuino e ruspante, non dà mai l'impressione di essere programmatico o ruffiano. Ciononostante, alcuni passaggi (anche quelli dei suoi migliori film) danno l'impressione di esagerare con le carinerie, con il rischio di apparire buonisti o troppo politicamente corretti. Quest'ultimo lavoro, infatti, è grazioso, pregevole, preciso ma a tratti pecca di un sentimentalismo che filtra pericolosamente con il familismo. Lo spunto narrativo di 'Tutti i santi giorni' non è certamente tra i più originali, anzi, è ormai un topos dei vari manuali d'amore o delle commedie americane degli ultimi anni: una coppia di trentenni vuole avere un figlio ma non ci riesce. Anche l'intreccio non è solidissimo: i tentativi portano allo sfinimento i due protagonisti, al punto da mettere in discussione il rapporto. Ciononostante, è nelle piccolezze, nelle caratterizzazioni dei personaggi che Virzì convince. Il personaggio maschile, interpretato dal bravo Luca Marinelli (quello de 'La solitudine dei numeri primi') è un ritratto fenomenale, tenero e indovinatissimo di una specie ormai in via d'estinzione, quella delle brave persone, per di più colte, istruite e intellettuali ma per niente radical-chic. La figura femminile, invece, è un po' più convenzionale, ma pur sempre credibile ed è incarnata dalla debuttante Thony, che fa la cantante, sia nella finzione che nella realtà. Nel complesso, il film ha numerose trovate divertenti ed è pervaso da un ottimismo contagioso. In alcuni dettagli, il regista poteva essere più feroce, dal momento che la storia è comunque quella di due individui sottostimati dalla società, che per tirare a campare sono costretti a sacrificare i propri talenti e la propria cultura per dedicarsi a lavori che certamente non rispecchiano i loro desideri. Sullo sfondo, poi, c'è una Roma molto poco ospitale, rozza e abbastanza violenta. Insomma, Virzì si conferma l'unico vero erede della "commedia all'italiana", malgrado qualche dolcificante di troppo. Il suo cinema non è adatto a festival internazionali e nemmeno a partecipare alle selezioni degli Oscar per il miglior film straniero (come è erroneamente accaduto con 'La prima cosa bella'). Però è dignitoso, semplice, a volte emozionante.

Emiliano Dal Toso

 




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