mercoledì 6 marzo 2013

Retrospective: Gabriele Salvatores

A sessant'anni suonati, dopo 15 lungometraggi, credo che si possa stilare un bilancio della carriera di Gabriele Salvatores, a mio avviso, uno dei migliori registi italiani in circolazione. Nella prima parte della sua produzione Gabriele è stato un regista molto prolifico. Dopo 'Kamikazen' del 1987, dall'89 al '93 ha infilato un film all'anno. 'Marrakech Express', 'Turnè',  'Mediterraneo' (Premio Oscar), 'Puerto Escondido' e 'Sud'. Benché qualcuno tenda ad accomunare questi titoli, dividendoli in improbabili trilogie della fuga, dell'amicizia, e roba del genere, in realtà si tratta di pellicole che hanno sì elementi in comune, ma che presentano, via via, un'evoluzione della maniera di Gabriele di fare ed intendere il cinema. Non c'è dubbio, comunque, che questi film rappresentino una prima e ben enucleabile parte della sua carriera. È  'Sud', un film storto e per certi versi mal riuscito, a rappresentare il momento della transizione. In 'Sud' (1993) si sente l'eco dell'attualità, che nei film precedenti era quasi sempre mancata, con dei riferimenti a Mani Pulite e alla crisi politica dell'allora vicinissimo '92 (la storia si svolge in un seggio elettorale occupato da alcuni disperati). Com'è come non è, dopo 'Sud' qualcosa cambia. Infatti passano ben 4 anni prima che Gabriele faccia un altro film. Ed è una sorpresa per tutti. 'Nirvana' (1997) è il primo tentativo serio, e in gran parte riuscito, di un regista italiano di girare un film fantasy. È una novità assoluta. Da quel momento Salvatores abbandona le commedie intelligenti degli anni passati e comincia a sperimentare. Bello 'Denti' (2000), dramma psicologico, nerissimo e anche ironico, come, in fondo, quasi tutti i film di Gabriele. Due anni dopo arriva 'Amnèsia', il suo film tecnicamente e narrativamente più bello e più complesso, e, secondo me, la sua opera migliore, nonostante i sopraccigli alzati di molti critici. Dopo 'Io non ho paura' (2003), bello visivamente ma forse un po' carente nell'analisi psicologica dei personaggi, arriva 'Quo Vadis Baby?' (2005), un giallo-nero che fa conoscere ai più l'affascinante attrice e cantante Angela Baraldi. Passano tre anni ed esce 'Come Dio Comanda', che porta Salvatores per la seconda volta, dopo "Io non ho paura", a collaborare con lo scrittore premio Strega, Niccolò Ammaniti. Film fosco e duro, che si libera di tutti gli attori-amici feticcio di Gabriele, lasciando la scena a due dei migliori interpreti italiani, Filippo Timi e, soprattutto, Elio Germano. Inaspettatamente nel 2010 arriva un film che mette la didascalia a tutta la carriera di Gabriele, 'Happy Family'. A una prima occhiata potrebbe sembrare una buona commediola corale. In realtà si tratta di una pellicola dotata di profondi e chiari riferimenti al mondo del teatro, in primis a Pirandello, ed è d'altro canto essa stessa la riduzione cinematografica di una commedia teatrale. Diventa evidente a tutti una cosa molto semplice: Salvatores è un regista di teatro che fa dei film, lo è sempre stato. Il suo primo film in assoluto fu 'Sogno di una notte d'estate', tratto dalla quasi omonima opera di Shakespeare. Il teatro compare anche in 'Turné'. Gabriele, non bisogna dimenticarlo, fu fondatore e animatore negli anni Settanta-Ottanta dell'esperienza del Teatro dell'Elfo di Milano. Seguendo il filo Salvatores-teatro, si arriva ad un altro tema. Perché Gabriele sceglie sempre gli stessi attori e amici (alcuni non bravissimi) per i suoi film? Risposta: perché è un regista di teatro. In questo senso preferisce avere un dialogo con i suoi attori, preferisce che essi collaborino all'ideazione di un personaggio, preferisce la spontaneità da palcoscenico piuttosto che la recitazione secca dei ciak ripetuti. Per questo gli attori devono essere anche suoi amici: deve conoscerli. A volte la cosa funziona sì, come con Claudio Bisio, Paolo Rossi, Bebo Storti, Silvio Orlando, Fabrizio Bentivoglio. A volte funziona nì, come con Diego Abatantuono, che a me piace tantissimo, ma che alcune volte ha limitato le potenzialità di certi personaggi a furia di metterci sempre qualcosa di sé,  creando quindi un certo livellamento tra le varie interpretazioni. Certo, quello che si perde in qualità ce lo lo si ripiglia in spontaneità, che forse è pure meglio. Altre volte, infine, la cosa non ha funzionato, come nel caso di Antonio Catania, sempre uguale a se stesso, e di Fabio De Luigi, buon comico, simpaticissimo ragazzo, ma attore oggettivamente modesto. Per finire, veniamo a  'Educazione Siberiana', film che non ho ancora visto (ma che ha deluso Emiliano, malgrado sia un estimatore del libro) e del quale, dunque, non parlerò. Sono rimasto tuttavia molto sorpreso quando ho saputo che Salvatores aveva accettato di curare la versione cinematografica del romanzo di Nicolai Lilin. Sorpreso per motivi politici. Gabriele non ha mai nascosto di essere un uomo di sinistra, di essere, o almeno di essere stato, vicino a Rifondazione Comunista. Lilin, invece, è un uomo di ultradestra, visceralmente anticomunista. Se una storia convince, è giusto rappresentarla. Va bene, non è corretto che un regista si contenga solo per motivi ideologici. Mi limito solo a dire che al mio orecchio la vicinanza di due personaggi così dissimili stride molto. Gabriele è uno onesto e pacato, che dice onestamente e pacatamente quello che pensa. Lilin è un finto duro e puro, per questo piace a Roberto Saviano. Va in televisione con la faccia truce e poi, di punto in bianco e senza che gli sia stato chiesto, salta su e dice: «Comunque tra una settimana esce il mio secondo libro...». Uno mi sta simpatico e l'altro no. Tutto qui, niente di grave, per me Salvatores resta un grande.

Ivan Brentari

LA PAGELLA

Kamikazen - Ultima Notte a Milano
(1987) 7/10
Marrakech Express (1989) 8/10
Turnè (1990) 7/10
Mediterraneo (1991) 8/10
Puerto Escondido (1992) 7/10
Sud (1993) 5/10
Nirvana (1997) 7/10
Denti (2000) 7/10
Amnesia (2002) 9/10
Io Non Ho Paura (2003) 7/10
Quo Vadis, Baby? (2005) 6/10
Come Dio Comanda (2008) 6/10
Happy Family (2010) 8/10
Educazione Siberiana (2013) 4/10

Emiliano Dal Toso & Ivan Brentari

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