A vincere l'edizione 2013 degli Oscar sono le lobby e gli interessi politici. Michelle Obama che annuncia Ben Affleck vincitore del premio per il miglior film è l'immagine di un America che concepisce il Cinema esclusivamente come un'industria e ne fa uno strumento propagandistico, seppur dandogli un'importanza fondamentale, ma spogliandolo completamente del suo valore effettivo: 'Argo' è un film tutt'altro che indimenticabile, a mio modesto parere assolutamente mediocre. Ma non è la qualità del film che, evidentemente, interessava ai giurati dell'Academy, quanto piuttosto la celebrazione patriottistica della Cia, oltre al fatto che Affleck sia uno dei più grandi paraculati e ammanicati di tutta Hollywood. Se ci mettiamo, poi, che 'Argo' è prodotto anche da Clooney, altro paraculo, ecco che si spiega per quale motivo sia stato premiato. Più interessante e meno scontato l'Oscar per la miglior regia ad Ang Lee: 'Vita di Pi' è un bel film per ragazzi, che prende il volo nella seconda parte. Il regista asiatico ha svolto un grandissimo lavoro tecnico, e, per una volta, il tridimensionale appare un'efficace strumento per far risplendere l'eccellenza degli effetti speciali. Prevedibilissimo l'Oscar come miglior attore a Daniel Day-Lewis per 'Lincoln'. Daniel è un grande, ma la sua interpretazione è troppo impeccabile per suscitare simpatia. Avremmo preferito decisamente l'impareggiabile Joaquin Phoenix di 'The Master', film capolavoro, e il suo personaggio in preda a quei demoni, a quelle ossessioni, che indelebilmente fanno parte di noi. Non ci è dispiaciuto, invece, il premio per la miglior attrice a Jennifer Lawrence per il 'Il lato positivo'. Non abbiamo visto il film ma Jennifer ci sembra una molto in gamba, destinata a un futuro luminoso e a qualche altra statuetta. Poco da dire per i non protagonisti: Christoph Waltz in 'Django Unchained' è da applausi a scena aperta, seppur anche in questo caso avremmo preferito Philip Seymour Hoffman nei panni del fragile e irascibile Ron Hubbard/Lancaster Dodd; Anne Hathaway in 'Les Miserables' recita per quindici minuti ma è davvero l'unica cosa entusiasmante di un musical assolutamente scadente. Scontatissimo il film straniero ad 'Amour' (ci tengo a ribadire che lo trovo ricattatorio e manierista), mentre davvero poco interessante risulta il premio a 'Ribelle - The Brave' per il film d'animazione. Chiudo, però, con l'unico premio che mi ha davvero entusiasmato, ovvero quello per il miglior documentario a 'Searching For Sugar Man' di Malik Bendjelloul. E' la storia del cantautore messicano Rodriguez, che negli anni 60, in piena esplosione dylaniana, diede alle stampe due album osannatissimi dalla critica che, inspiegabilmente, furono un clamoroso insuccesso commerciale. Tranne che in Sudafrica, paese nel quale Rodriguez è considerato un mito assoluto, al pari di Bob Marley ed Elvis Presley. Oggi, Rodriguez vive nell'ombra, ma qualche anno fa ha organizzato un paio di concerti a Johannesburg, che hanno esaltato il popolo sudafricano. Dal mio punto di vista, 'Searching For Sugar Man' è il vero cinema politico e l'unico vero trionfatore della notte degli Oscar 2013.
Emiliano Dal Toso
Emiliano Dal Toso
Nella foto, Rodriguez nel magnifico 'Searching For Sugar Man'
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