domenica 9 novembre 2014

Interstellar

Nell'ambizione di Christopher Nolan di essere più grande del Cinema e della Vita, di ribadire la trascurabilità dell'Uomo dinanzi alle potenzialità dell'Arte e all'Infinito, all'Immenso Spazio, il regista di The Prestige e di Inception si dimentica di un ruolo imprescindibile: quello dello spettatore. Per quanto Interstellar ponga il nobile obiettivo di far ricondurre al cuore e alla sua sconfinata forza di muovere il sole e le altre stelle il senso del suo incedere, le due ore e cinquanta di trattati di fanta-fisica quantistica alternati a dialoghi di una melensaggine imbarazzante risultano indigeribili, indigesti. Il film non emoziona, non coinvolge. Non si ha mai l'impressione di essere di fronte a qualcosa che non sia un polpettone pretenzioso, all'autocelebrazione di un regista che può permettersi di girare quello che vuole perché non ha limiti di budget, perché il suo talento gli ha concesso di essere il Prescelto punto d'incontro tra l'epica kubrickiana e l'intrattenimento spielberghiano. Non è necessario rivolgersi a incomprensibili teorie scientifiche per scrivere la Storia. Non è necessario, soprattutto, se i personaggi non hanno alcuno scavo psicologico, se i rapporti tra di loro non si sviluppano, se il filo narrativo e poetico che dovrebbe essere la spina dorsale (distacco padre-figlia, lontananza padre-figlia, ricongiunzione padre-figlia) viene risolto in maniera patetica, rasentando il ridicolo involontario. La complessità dell'intreccio delle opere precedenti era controbilanciata da un'attenzione altrettanto minuziosa alle sensibilità e alle sfumature: in The Prestige (il capolavoro di Nolan) la costruzione del puzzle andava di pari passo con una riflessione dolorosa e potente sul sacrificio dei sentimenti in nome dell'affermazione personale; in Inception il rompicapo thriller nei meandri dell'inconscio era accompagnato dal tormentato e struggente rapporto tra il protagonista e la moglie, che era un'amara analisi sul senso di colpa e sulle inevitabili proiezioni causate dall'Amore. In Interstellar la parola Amore si pronuncia spesso, ma è vuota, priva di significato, perché il contesto attorno a essa non è credibile, è una forzata scorciatoia che giustifica la mancanza di una reale profondità. Stendendo un velo pietoso sulla sciatteria con la quale sono scritti i personaggi di Anne Hathaway e di Matt Damon, le uniche note positive risultano essere Matthew McConaughey e quei primi venti minuti che illudono, che recuperano uno squarcio di America desolante e desolata. A rischio di essere tacciato come un blogger snob e modaiolo, mai come in questo caso mi sembra il caso di dirlo: il Cinema si trova su un altro Pianeta.

Emiliano Dal Toso


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