lunedì 1 aprile 2019

Top 5: Aprile 2019

5 - Dumbo - Tim Burton (voto 7)
La magia è intatta, rinnovata e aggiornata. Lo spirito disneyano è fedele alla linea. Esaurita la creatività dopo Big Fish, Burton decide finalmente di lavorare al servizio di un prodotto dichiaratamente - onestamente - commerciale ma che serve a conservare icone e mitologie narrative per tramandarle alle generazioni future. Con una leggerezza e uno struggimento che non diventa mai nostalgia fine a se stessa, ma soltanto infinita tenerezza per un racconto senza tempo.

4 - L'uomo fedele - Louis Garrel (voto 7)
Louis diverte con una commedia sentimentale che raccoglie l'eredità del padre Philippe, senza scimmiottarlo. E con grande autoironia interpreta un fascinoso bobo innamorato da sempre della stessa donna (una splendida Laetitia Casta) ma che si fa coinvolgere dalle avances di una spudorata adolescente (un'acerba ma promettente Lily-Rose Depp). Cinema francese all'ennesima potenza, con pregi e difetti, che ha però l'intelligenza di essere sintetico ed essenziale, a partire dalla durata.

3 - Triple Frontier - J.C. Chandor (voto 8)
Sotto le spoglie dei generi (heist movie, survival movie, action, western), Chandor imbastisce una cinica avventura sul potere dei soldi di determinare il corso degli eventi. L'unico dio che viene universalmente riconosciuto nella società di oggi è il denaro, concepito come l'unica risorsa di riscatto oppure come l'unica consolazione ai dolori e ai traumi della vita. Eccellente cast maschile, dove spicca Oscar Isaac e in cui la monoespressività di Ben Affleck risulta funzionale. Su Netflix.

2 - Oro verde - C'era una volta in Colombia - Ciro Guerra, Cristina Gallego (voto 9)
Un originalissimo e rutilante affresco rurale e malavitoso, dove le tradizioni della comunità indigena e contadina dei wayuu del deserto di Guajira vengono calamitate dai moderni codici di comunicazione, quelli della criminalità e della legge del mercato. Un ambizioso e shakespeariano racconto antropologico ed etnografico in cui i rituali tribali e le culture arcaiche si evolvono e si scontrano con la nascita dei cartelli del narcotraffico, e perciò con l'avidità e il sangue.

1 - Peterloo - Mike Leigh (voto 9)
Il ritorno della lotta di classe, un monumento storico urgente e necessario sul massacro di St. Peter's Field del 1819, dove un gigantesco corteo di operai manifestò insieme a contadini, artigiani e donne rivoluzionarie per chiedere pane e suffragio universale. Lo sguardo di Leigh però è distaccato e perciò ancor più straziante e struggente e la morale non è di certo compiacente e pacifista: nella disparità, il confronto è sempre impari, l'unica possibilità è lo scontro. Una lucidità tagliente per un cinema di parola e di accuratissima ricostruzione politica, come è sempre più raro trovare.




lunedì 4 marzo 2019

Top 5: Marzo 2019

5 - Fratelli nemici - David Oelhoffen (voto 7)
Un polar perfettamente contestualizzato nella ribollente Francia di oggi, dove le differenze sociali e razziali si confondono e si ribaltano. La contrapposizione tra il muscolare Matthias Schoenaerts e il riflessivo e nervoso Reda Kateb contribuisce a rendere il film ben più di un abile esercizio di genere. La tensione è notevole, l'ambientazione è sufficientemente sporca e ruvida per un'opera di intrattenimento capace di gettare uno sguardo contemporaneo sulle malavite del nostro presente.

4 - La conseguenza - James Kent (voto 7)
Un melodramma storico formalmente elegantissimo, che poggia gran parte della sua potenza drammatica sulla prova di una straordinaria Keira Knightley, alle prese con un personaggio scritto su misura per il suo fascino algido e penetrante, per la sua emotività trattenuta destinata a esplodere, in equilibrio precario tra la tentazione del tradimento e il timore del senso di colpa. Un solido prodotto di artigiani: scenografie, costumi, musiche e fotografia in sintonia perfetta al servizio del cinema.

3 - Gloria Bell - Sebastian Lelio (voto 8)
Lelio riesce nell'impresa di abbellire l'originale Gloria, adattando questo remake all'ambientazione losangelina e cucendolo magnificamente al servizio delle sfumature tragicomiche di un'eccezionale Julianne Moore, matura e sexy, clubber spregiudicata e scatenata, mamma affettuosa ma anche amante passionale e piena d'orgoglio. Molte soluzioni registiche sono il frutto dell'esperienza accumulata dal regista cileno, tecnicamente sempre più agile, creativo e almodovariano.

2 - Ricordi? - Valerio Mieli (voto 9)
Nove anni dopo il bellissimo Dieci inverni, Mieli si fa perdonare la lunga attesa con un'opera seconda visionaria, densa di allegorie e significati, ambiziosa e vertiginosa, che sorprende ed entusiasma per alcune prodigiose soluzioni registiche e per le prove di un malinconico Luca Marinelli e di una luminosa e folgorante Linda Caridi. E compie il piccolo grande miracolo di riuscire a tradurre in immagini le irrazionali alchimie che alimentano un legame sentimentale e gli interrogativi e le briciole che restano dopo averlo vissuto.

1 - La casa di Jack - Lars von Trier (voto 10)
La summa poetica del fare cinema di Lars. Etichettato come provocatore, von Trier realizza il film definitivo sul dolente conflitto interiore tra autocontrollo e pulsione. Un'operazione di chirurgia all'interno delle inquietudini dell'animo umano, capace di sviscerare ciò che nella vita di tutti i giorni è inaccettabile e scandaloso e di estirparlo abbattendo imposizioni etiche e pose compiacenti. Un raggelante Dante/Matt Dillon si fa guidare da Verge/Bruno Ganz verso la dannazione eterna, in una mezz'ora finale di pura allegoria e rutilante meraviglia visiva. Un nuovo inno all'umanesimo e un altro manifesto della libertà d'espressione di un cineasta finissimo, trasparente, fondamentale.



mercoledì 20 febbraio 2019

Oscar 2019: Pronosticoni

MIGLIOR FILM

Emiliano Dal Toso: penso che Green Book sia uno di quei rari film il cui target di riferimento vada dai 3 ai 99 anni, senza distinzione tra cinefili e pubblico. Piacione senza esagerare, vintage e antirazzista: i giurati dell'Academy apprezzeranno. Vedo un po' sotto Roma e La favorita. E sempre che il delirio per Bohemian Rhapsody non contagi anche il Dolby Theatre.

Massimiliano Gavinelli: meriterebbe Roma ma preferiranno dargli i premi per la miglior regia e il miglior film straniero. Se la lottano Green Book per le tematiche, La favorita per la forma e A Star Is Born per il pubblico. Vince Green Book.

MIGLIOR REGIA

E.D.T.:
vince Alfonso Cuaron per Roma, per manifesta superiorità.

M.G.: vince Alfonso Cuaron per Roma e se lo merita. Può insidiarlo solo Lanthimos.

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA

E.D.T.:
difficilmente la notte degli Oscar si sottrarrà dalla Queen-mania. Penso che premiare Rami Malek per la sua interpretazione di Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody sia il momento ideale per cavalcare l'onda.

M.G.: il cuore dice Willem Dafoe per Van Gogh, la testa dice Christian Bale per Vice. Seguo la testa.

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA

E.D.T.:
 giunta alla settima candidatura, spero che Glenn Close vinca la tanto sospirata statuetta, anche se The Wife è tutt'altro che indimenticabile. Olivia Colman per La favorita ha buone chance.

M.G.: il cuore dice Olivia Colman per La favorita, la testa dice Glenn Close per The Wife. Seguo il cuore.

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

E.D.T.: Mahershala Ali
in Green Book è assolutamente perfetto in un ruolo scritto per far impazzire l'Academy, non credo che abbia rivali.

M.G.: tutti i candidati hanno fornito prove di alto spessore, a volte anche più dei protagonisti. Il mio preferito è Sam Elliott. La vittoria di Mahershala Ali per Green Book sembra tuttavia già scritta e va bene così.

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA

E.D.T.: mi auguro che vinca Amy Adams per la sua "second lady" di Vice perché è alla sesta nomination e credo che sia arrivata l'ora, ed è comunque migliore delle concitatissime Emma Stone e Rachel Weisz di La favorita.

M.G.: Emma Stone e Rachel Weisz si annulleranno a vicenda. Vince Amy Adams per Vice.

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE

E.D.T.: la sceneggiatura di Green Book è irresistibile, infallibile e senza sbavature.

M.G.: Adam McKay sa restituire tutta la complessità di storie e personaggi fuori dal comune in maniera leggibile e senza rinunciare a uno stile unico e personale, capacità quasi unica nel panorama hollywoodiano odierno. Green Book sembra scritto per l'Oscar ed è favorito. Ma per me vince Vice.

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

E.D.T.: sogno l'Oscar a Spike Lee. Non ha grandissimi rivali: spero che i giurati non si siano fatti ingannare dalla cialtronata western dei fratelli Coen. Deve vincere BlacKkKlansman.

M.G.: una delle categorie più incerte, dove se la giocano BlacKkKlansman, La ballata di Buster Scruggs e Copia originale. Inizialmente davo vincitori i Coen ma i recenti WGA Awards mi hanno fatto cambiare idea. Vincerà meritatamente Copia originale.

MIGLIOR FOTOGRAFIA

E.D.T.: Alfonso per Roma, grazie. Mi fa piacere però che qualcuno si sia accorto di quella gemma che è Opera senza autore.

M.G.: la fotografia furbetta di Cold War e quella paracula di First Man non possono togliere la statuetta a quella curata ed elegante de La favorita. Roma tuttavia può farlo e lo farà.

MIGLIOR MONTAGGIO

E.D.T.: uno degli aspetti più interessanti di Vice è il lavoro svolto da Hank Corwin.

M.G.: in Vice il montaggio va meravigliosamente a braccetto con la sceneggiatura più che negli altri candidati. Una menzione speciale va all'ottimo lavoro fatto per Bohemian Rhapsody.

MIGLIOR SCENOGRAFIA

E.D.T.:
sono innamorato del risultato finale ottenuto dagli scenografi de Il ritorno di Mary Poppins. Ma questa è la categoria in cui La favorita prenderà la sua rivincita.

M.G.: il cuore dice La favorita, la testa Il ritorno di Mary Poppins. Seguo la testa.

MIGLIORI COSTUMI

E.D.T.:
sono ancora sotto shock estetico per l'eleganza, la bellezza e la poesia di Emily Blunt ne Il ritorno di Mary Poppins.

M.G.: Sandy Powell colleziona ben due candidature meritatissime ma vincerà per La favorita dove i costumi contribuiscono alla visceralità di tante scene e fanno da vero e proprio complemento narrativo. I costumi di Black Panther mi fanno davvero cagare, ci tenevo a dirlo. 

MIGLIOR CANZONE

E.D.T.:
di cosa stiamo parlando? Vince Lady Gaga per Shallow, un capolavoro assoluto.

M.G.: la statuetta è già stata spedita in anticipo a casa Gaga. Vince Shallow.

MIGLIOR COLONNA SONORA

E.D.T.:
grande equilibrio. Lo score di Alexandre Desplat per L'isola dei cani è raffinatissimo, forse troppo per le orecchie facilone dei giurati dell'Academy. Il grande Terry Blanchard per BlacKkKlansman fa un lavoro pazzesco. Temo che vinca Ludwig Goransson per Black Panther.

M.G.: dovrebbe vincere Il ritorno di Mary Poppins senza particolari patemi.

MIGLIOR FILM STRANIERO

E.D.T.:
una pura formalità per Roma. Ci tengo a evidenziare la presenza di Opera senza autore, film stratosferico stroncato dai critici più snob e detestabili.

M.G.: bellissima sfida tra cinque film di qualità. Ovviamente vince Roma.

MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE

E.D.T.: voglio ancora illudermi di vivere in un mondo abbastanza giusto dove vince Wes Anderson per L'isola dei cani.

M.G.: lotta alla pari tra Ralph e Incredibili. Tifo Wes Anderson ma vince Gli Incredibili 2.



venerdì 1 febbraio 2019

Top 5: Febbraio 2019

5 - Il mio capolavoro - Gaston Duprat (voto 7)
Una commedia acida su una coppia di individui tanto geniali quanto insopportabili e disoneste canaglie, che descrive senza pietà i meccanismi commerciali alla base del successo e della rigenerazione artistica, diretta da uno dei due registi del cult Il cittadino illustre. Si ride molto, anche se vergognandosi un po', per l'irresistibile cialtroneria che caratterizza i bravissimi Luis Brandoni e Guillermo Francella. Sullo sfondo, si omaggiano i chiaroscuri e i contrasti sociali di Buenos Aires.

4 - Le nostre battaglie - Guillaume Senez (voto 7)
Un grandioso Romain Duris è un capo operaio che combatte per rimanere in equilibrio, affrontando un privato che lo costringe a relazionarsi con l'abbandono improvviso della moglie e un ambiente lavorativo sempre più digitale che lo sottopone a tormenti etici. Senez è bravo a contenere l'enfasi e realizza un'opera dardenniana celebrando la pazienza, l'attesa e la fiducia ed evitando di cercare a tutti i costi la compassione dello spettatore nei confronti di una condizione esistenziale diffusa.

3 - Creed II - Steven Caple Jr. (voto 7)
Si tratta in pratica di Rocky VIII, ed è senz'altro migliore del precedente Creed. L'intuizione geniale è di ricollegarsi al mitologico quarto capitolo, realizzando un sequel e un remake nello stesso tempo, richiamando Dolph Lundgren nel ruolo di Ivan Drago e valorizzando con senso dell'epica, intelligenza e autoironia il granitico impatto sulla memoria collettiva di un segmento della saga tanto epocale quanto parodiato. Certo, Stallone rimane il motivo dell'operazione, a discapito dei nuovi.

2 - Green Book - Peter Farrelly (voto 8)
Il buddy movie è servito in maniera più disneyana che farrellyana: piacione e trasversale, adatto per accontentare i gusti di tutti. L'America vintage ritratta è un po' da favola e la confezione è edificante e politicamente corretta, soprattutto per chi in passato ha comunque diretto Tutti pazzi per Mary. Ma è impossibile rimproverare ulteriori difetti: gli interpreti sono grandiosi, i dialoghi molto buoni e il tono non è mai retorico e didattico ma garbato e accattivante. E poi c'è la mia adorata Linda Cardellini.

1 - Il corriere - Clint Eastwood (voto 8)
Clint all'ennesima potenza: il tempo che passa, i rimorsi e i rimpianti di un'esistenza trascorsa a sottovalutare gli affetti personali, oppure a non avere il coraggio di viverli. Un commiato non per forza definitivo ma sincero e commovente e che, oltre alle confessioni personali dell'autore, percorre le strade di un'America sempre più razzista e paranoica, che tende a ghettizzare ogni minoranza, tra "nonni", "lesbiche", "negri" e messicani. Gli perdoniamo anche quell'eccesso di elogio alla famiglia.



giovedì 24 gennaio 2019

Oscar 2019: Miglior Film

Roma - Alfonso Cuaron 9
Il film della vita di uno dei registi più eclettici di oggi, un magniloquente specchietto retrovisore su una famiglia altoborghese di Città del Messico nel 1970, dove due donne di classi sociali diverse si ritrovano abbandonate e mamme, mentre sullo sfondo si consumano gli omicidi dei militari sui manifestanti dei movimenti studenteschi. Un'opera di estetica magnifica e impareggiabile, tecnica e cuore in sintonia miracolosa. Roots Bloody Roots.

BlacKkKlansman - Spike Lee 8
La storia vera di Ron Stallworth, detective nero che s'infiltra nel Ku Klux Klan fingendo al telefono una voce da bianco, è raccontata con toni da commedia poliziesca, tra la bromance e lo spy movie, ed è infarcita di colori e citazioni, umori e musiche che hanno formato la cultura di Spike Lee. Elegante e leggero, ovviamente politico e attualissimo: i riferimenti ai populismi di estrema destra di oggi non sono puramente casuali. Ed è anche una grande sceneggiatura sul camuffamento.

Green Book - Peter Farrelly 8
Il buddy movie è servito in maniera più disneyana che farrellyana: piacione e trasversale, adatto per accontentare i gusti di tutti. L'America vintage ritratta è un po' da favola e la confezione è edificante e politicamente corretta, soprattutto per chi in passato ha diretto Tutti pazzi per Mary. Ma è impossibile rimproverare ulteriori difetti: gli interpreti sono grandiosi, i dialoghi molto buoni e il tono non è mai troppo retorico e didattico ma garbato e accattivante. E poi c'è la mia adorata Linda Cardellini.

A Star is Born - Bradley Cooper 7
Un pugno di canzoni bellissime che spaziano dalla ballata rock springsteeniana al pop di plastica, una diva priva di trucco e parrucco combattuta tra il fuoco del successo e l'amore irrazionale, e soprattutto un Bradley Cooper in versione alcolizzata, barcollante e derelitta che innamorandosi si spegne lentamente. Un prodotto commerciale straordinario, un film a due facce meno rassicurante di quanto possa apparire: nessuna donna ha il potere di sostituire il demone dell'alcol. 

Bohemian Rhapsody - Bryan Singer 7
Freddie Mercury raccontato come un supereroe, senza uno sguardo autoriale e con la morte fuori campo: il genio e la sregolatezza, l'omosessualità e la trasgressione, la vanità del personaggio e la sensibilità dell'artista. Rami Malek è una furia istrionica e fragile, si divora ogni scena con una prova di mostruosa mimetica, aderenza fisica e trasporto emotivo. E negli ultimi venti minuti di concerto di fronte a 72.000 spettatori chiunque nella vita sia andato a "scuola di rock" fatica a non commuoversi.

Vice - Adam McKay 7
Brillante ricostruzione dell'ascesa al potere di Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti nell'era di Bush Jr., responsabile della nefasta e guerrafondaia politica estera del Paese: McKay insegue disperatamente uno stile originale e sarcastico, influenzato persino da Sorrentino, ma la sua riflessione sulla supremazia a stelle e strisce graffia in maniera troppo generica, confondendo linee temporali e accumulando episodi e personaggi. Certo, il cast è da fenomeni (Bale, Rockwell, Adams).

Black Panther - Ryan Coogler 6
Al di là degli effettivi meriti cinematografici, è il blockbuster di cui gli Academy Awards avevano bisogno in questo momento storico: un cinefumetto che celebra l'ideale del panafricanismo nell'era di Donald Trump. Divertente e stupidotto, addirittura pacchiano negli aspetti tecnici, sfiora qualche riflessione semiseria sulle responsabilità di un leader senza avere però il coraggio di approfondire i lati oscuri. La commistione tra epica shakespeariana e folklore afro, tutto sommato, è riuscita.

La favorita - Yorgos Lanthimos 5
Il film più irritante di Lanthimos, tanto manierista nella messa in scena quanto vuoto nei contenuti: un triangolo femminile morboso e perverso, che non aggiunge alcunché ai temi consumati delle regole della seduzione e dei meccanismi del potere. Storico senza un accenno di storia, lesbo-erotico senza esplicitarlo, è un romanzetto rosa e teatrale che si serve di un terzetto di attrici concitate e sopra le righe. Un autentico midcult, un Harmony per radical-chic nell'epoca delle Cinquanta Sfumature.




venerdì 4 gennaio 2019

Top 5: Gennaio 2019

5 - Vice - Adam McKay (voto 7)
Brillante ricostruzione dell'ascesa al potere di Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti nell'era di Bush Jr., responsabile della nefasta e guerrafondaia politica estera del Paese: McKay insegue disperatamente uno stile originale e sarcastico, influenzato persino da Il divo di Paolo Sorrentino, ma la sua riflessione sulla supremazia a stelle e strisce graffia in maniera troppo generica, confondendo linee temporali e accumulando episodi e personaggi. Lo aiuta però un cast di fenomeni (Christian Bale, Sam Rockwell, Amy Adams).

4 - Maria Regina di Scozia - Josie Rourke (voto 7)
I libri di storia ci hanno sempre raccontato un'ostilità viscerale tra Maria Stuarda e la cugina Elisabetta, l'opera prima della Rourke invece rilegge gli eventi in chiave femminista, soffermandosi sull'empatia e sulla solidarietà che s'instaurano tra le due. Narrazione un po' prevedibile, regia molto classica, ma le prove di Saoirse Ronan e Margot Robbie sono straordinarie: l'attrice australiana, in particolare, è protagonista di un "imbruttimento" che lascia increduli. 

3 - Il gioco delle coppie - Olivier Assayas (voto 7)
La fruizione della letteratura è destinata a perdere valore con l'economia digitale? La graduale scomparsa del supporto fisico è un destino da cui nessuno può scampare? Assayas sviluppa ulteriormente i temi del cambiamento tecnologico già affrontati nei precedenti Sils Maria e Personal Shopper, ma questa volta attraverso i toni della commedia alleniana trasferita in ambiente "bobo" parigino. Il motore comico è Vincent Macaigne, scrittore autoreferenziale buffo e stempiatissimo.

2 - La notte dei 12 anni - Alvaro Brechner (voto 7)
Film carcerario atipico, irregolare sulla drammatica lotta per la sopravvivenza di tre combattenti rivoluzionari Tupamaros durante la dittatura militare uruguayana degli anni Settanta. Tra di loro c'era anche il futuro presidente Pepe Mujica. Il regista Brechner lascia spazio all'impegno e all'indignazione soltanto nel finale e si concentra sulla resistenza fisica e sulla forza di volontà dei protagonisti, sospinti dagli ideali e dall'immaginazione.

1 - Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità - Julian Schnabel (voto 8)
Un film sul pittore Vincent van Gogh (grande Willem Dafoe), e non propriamente un biopic sulla sua vita: Schnabel è a suo agio con le visioni e le ispirazioni che hanno attraversato l'artista durante le fasi della sua creazione. Il risultato è un trip immaginifico, che restituisce tutta la poetica, la disperazione e la fragilità vangogghiana. Bellissime alcune soggettive che immergono nelle sensazioni del protagonista in estasi dinanzi alle meraviglie della natura, a livello oculare ed epidermico.





martedì 1 gennaio 2019

Top 10 Attori Preferiti - New Era

10 - Russell Crowe - Wellington, 1964 -4
Proprio lui. Non è soltanto un gladiatore, dentro e fuori dal set, ma anche una splendida icona maschile tutta d'un pezzo, ultima a morire; ricordiamolo soprattutto in Insider di Michael Mann, Master & Commander di Peter Weir, Cinderella Man di Ron Howard. Anche nei film meno riusciti, è uno spettacolare connubio di fragilità e durezze.

9 - Bradley Cooper - Filadelfia, 1975 NE
Non è più tempo di notti da leoni, Bradley ormai è uno degli attori di Hollywood più importanti di questo periodo storico: Il lato positivo lo ha rivelato come ottimo interprete, e con il tempo è riuscito a staccarsi l'etichetta di belloccio. Lo trovo straordinario anche in Come un tuono di Derek Cianfrance, mentre il pubblico di tutto il mondo lo ha consacrato come divo grazie alla sua rockstar derelitta di A Star is Born

8 - Vince Vaughn - Minneapolis, 1970 -3
Vorrei che fosse un mio amico, andare allo stadio con lui, prendermi una sbronza con lui dopo una delusione sentimentale, divertirmi e fare un po' di pazzie. Con quella faccia da simpatico bonaccione può fare tutti i ruoli comici che vuole: però io lo amo già dai tempi di Psycho, perché rifare così Norman Bates è da fuoriclasse. E ora si è reinventato una carriera da duro grazie ai cazzutissimi film di S. Craig Zahler, Cell Block 99 e Dragged Across Concrete.

7 - Casey Affleck - Falmouth, 1975 NE
Mi si è rivelato dodici anni fa con quel crepuscolare e meraviglioso western di L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford. Non avevo ancora visto Gerry di Gus Van Sant: che botta. Quella di Manchester by the Sea è una delle più grandi interpretazioni maschili e drammatiche degli ultimi anni, ed è superlativo anche in Storia di un fantasma dove recita avvolto in un lenzuolo bianco. Fratello di Ben, uno degli attori meno espressivi della storia del cinema. 

6 - Matthew McConaughey - Uvalde, 1969 +3
E pensare che a inizio carriera lo avrei messo nella chart degli attori più scarsi e insopportabili. Poi, Matthew ha deciso inaspettatamente di svoltare: basta commedie idiote, ruoli ruvidi grazie a cui sta scalando posizioni per garantirsi un posto nell'immortalità: Killer Joe, Magic Mike, Mud, The Wolf of Wall Street. E ovviamente il Rust Cohle di True Detective, tra i personaggi più clamorosi e iconici di questo decennio. Lo vedremo in The Beach Bum di Harmony Korine.

5 - Vincent Cassel - Parigi, 1966 -1
Il figlio di papà delle banlieue. Anticonformista, ribelle, implacabile seduttore: Vincent Cassel è un punto di riferimento per ogni uomo, nessuno escluso. Attore versatile e mai convenzionale: grazie a L'odio divenne immediatamente un simbolo, ma in Irreversible di Gaspar Noé e in Black Swan di Darren Aronofsky mostra a noi terrestri che cosa sia il lato oscuro su questo pianeta. Memorabile nel dittico sul gangster Jacques Mesrine Nemico pubblico N.1.

4 - Joaquin Phoenix - San Juan, 1974 -2
Si tratta indubbiamente dell'attore più bravo del nuovo millennio: Walk the Line, I padroni della notte, Two Lovers, The Master, Vizio di forma, l'imminente e commovente western I fratelli Sisters. Le ferite e le ossessioni di Joaquin sono le nostre: nessuno meglio di lui è capace di comunicare i demoni che abitano dentro di noi. Come Johnny Cash, nessuno sceglie il proprio amore: è una malattia non volontaria.

3 - Tom Cruise - Syracuse, 1962 =
Come Renée Zellweger, a me Tom aveva già convinto al ciao. Quel suo sorriso da eterno ventenne degli anni Ottanta lo si ama oppure lo si odia: beh, io ci sono cresciuto, senza di quello probabilmente mi sarei scelto altri interessi e altri passioni. Forse avrei raggiunto più traguardi, chissà. Ai critici faccio comunque una lista di alcuni registi che hanno lavorato con lui e per lui: Stanley Kubrick, Michael Mann, Brian De Palma, Paul Thomas Anderson, Steven Spielberg, Oliver Stone.

2 - Michael Fassbender - Heidelberg, 1977 NE
Lo scoprii in Bastardi senza gloria di Tarantino: da quel momento, il mio approccio al cinema non è più stato lo stesso. Se c'è Fassbender, quel film lo guardo. La vera icona maschile di questo decennio: Shame, A Dangerous Method, The Counselor, e soprattutto la straordinaria performance di Steve Jobs, in cui è riuscito a rendere straordinariamente affascinante un individuo che avevo sempre detestato. Le sfumature tormentate lo rendono davvero un attore e un pezzo di maschio unico.

1 - Colin Farrell - Castleknock, 1976 =
Per me Colin Farrell è una fede, una ragione per sopravvivere. Come la birra Guinness, Bruce Springsteen, il Milan. Mi rendo conto che la mia valutazione nei suoi confronti sia priva di obiettività: chissenefrega. Viva il cinema e viva i suoi idoli, viva i poster da appendere alle pareti, viva gli uomini che sanno rialzarsi dalle cadute. Ci basta la sua faccia - e come dice un caro amico, è sempre una questione di facce - per continuare a correre.