giovedì 13 settembre 2018

Top 5: Settembre 2018

5 - Revenge - Coralie Fargeat (voto 7)
Pazzesca Matilda Lutz: una Lolita che si trasforma in Lara Croft dopo essere stata stuprata, concedendo fisico, sudore, saliva e urina alle trovate perverse di un rape and revenge movie che oggi è celebrato come uno dei manifesti cinematografici del #MeToo, ma forse qualche decennio fa sarebbe stato insultato. I modelli della regista sono Mad Max: Fury Road e l'horror francese di Alexandre Aja: frullateli e avrete un esordio di genere finalmente da evidenziare.

4 - Resta con me - Baltasar Kormakur (voto 7)
Lotta drammatica e disperata tra l'uomo e la natura durata 41 giorni, opera struggente d'amore e di sopravvivenza dove l'antagonista è l'oceano, profondo e infinito, mentre i protagonisti sono i suoi prigionieri dispersi. La vicenda è già nota ma grazie a un'abile alternanza dei piani narrativi non è resa in maniera prevedibile. Bravissima Shailene Woodley, che si conferma la giovane attrice americana dalle sfumature drammatiche più complesse e raffinate.

3 - Lucky - John Carroll Lynch (voto 7)
Il commiato dello splendido Harry Dean Stanton, memorabile faccia wendersiana di Paris, Texas: ci lascia con un dolceamaro elogio della lentezza nel ruolo di un novantenne veterano della Seconda Guerra Mondiale che ama essere solo ma non vuole sentirsi solo, tra esercizi di yoga e Bloody Mary, sorridendo alla vita nonostante la fine sia già scritta per tutti. Un ritratto della provincia americana non nuovo, però divertente, semplice. E quando parte Johnny Cash è facile che scenda la lacrima.

2 - Mission: Impossible - Fallout - Christopher McQuarrie (voto 7)
Siamo arrivati al numero sei, e ciò che sorprende è che la saga non mostra cedimenti: ogni volta che va avanti sembra di trovarsi di fronte all'episodio migliore. Merito delle più adrenaliniche sequenze action di tutti i tempi: questa volta è un assurdo ed entusiasmante inseguimento tra due elicotteri a lasciare senza parole. Che mondo sarebbe senza Tom Cruise: l'unico divo a essere sempre stuntman di se stesso. Nel cinema, e forse anche nella vita di tutti i giorni.

1 - Sulla mia pelle - Alessio Cremonini (voto 8)
Raggelante e rigorosa messa in scena degli ultimi sette giorni vita di Stefano Cucchi, incarnato da un irriconoscibile e incredibile Alessandro Borghi. Un calvario raccontato soltanto da tutto ciò che è giuridicamente accertato: per questo, la visione è scioccante e getta una luce mesta e livida su un Paese assassino, inetto di fronte allo spegnimento graduale di un ragazzo di trentuno anni, morto non per cause naturali mentre è affidato alla responsabilità degli organi di Stato. Un film necessario, che partendo dalla scandalosa tragedia di un singolo arriva a demolire le basi portanti del nostro vivere.



mercoledì 15 agosto 2018

Top 5: Agosto 2018

5 - Shark - Il primo squalo - Jon Turteltaub (voto 7)
Non è un b-movie e non diventerà uno (s)cult come Sharknado, ma è un prodotto divertente dalla brezza anni Novanta per famiglie, diretto dal regista di Cool Runnings e Faccia a faccia: il ruolo ideale per Jason Statham, ex tuffatore, oggi uno dei pochi baluardi difensivi del cinema action. Buon ritmo, molta ironia e un indimenticabile megalodonte, l'antenato preistorico dello squalo bianco: la scena della spiaggia invasa di turisti asiatici cita il capolavoro di Spielberg senza velleità pop.

4 - Ocean's 8 - Gary Ross (voto 7)
Piacciono tutte le protagoniste, in modo particolare: Sandra Bullock, che esce di galera e finge subdolamente di rompere i fili con la sua famiglia di ladri; Helena Bonham Carter, fashion designer che scimmiotta le nevrosi dell'intera categoria; Rihanna, hacker alternativa che sembra uscire da un centro sociale berlinese; Sarah Paulson, mamma rassicurante che cede alla tentazione di un grande colpo gobbo. E infine Anne Hathaway, strepitosa, in versione di vanesia e insopportabile diva.

3 - Estate 1993 - Carla Simon (voto 7)
Esordio autobiografico di una promettente regista catalana: elaborazione del lutto di una bambina di sei anni, costretta a lasciare la luccicante Barcellona per trasferirsi in campagna dagli zii. Il dolore interiore non esplode fino alla disperata liberazione di pianto nell'ultima scena: la sconvolgente presa di consapevolezza di essere rimasti orfani è graduale, e lo sguardo naturalistico permette di approfondire il senso di isolamento della piccola protagonista e il suo percorso interiore.

2 - Una luna chiamata Europa - Kornél Mundruczo (voto 7)
Il regista ungherese del meraviglioso White God perde la misura, abbandonandosi a un'ambizione tanto spropositata quanto sgangherata, quella di realizzare un'opera allegorica definitiva sull'accoglienza, denunciando le barriere culturali e nazionali: il migrante siriano che levita è una trovata fin troppo didascalica e non è sostenuta da una scrittura adeguata. Nonostante tutto, prevale l'idea di un cinema libero dal rigore e sconfinato, audace e che non teme confronti con il presente.

1 - La terra di Dio - Francis Lee (voto 8)
Storia d'amore perduta tra le nebbie della desolante campagna dello Yorkshire, tenera e fisica senza sentimentalismi, dove un giovane contadino semi-alcolizzato scopre il selvaggio e sconosciuto bisogno di una condivisione umana e sessuale con un coetaneo rumeno, che ribalti l'ostile monotonia della brughiera. Un Brokeback Mountain ruvido e senza patina: la potenza del melodramma interiore è una ragione per cui sopravvivere, mettersi in discussione e capovolgere le prospettive.



martedì 10 luglio 2018

Top 5: Luglio 2018

5 - Papillon - Michael Noer (voto 7)
Un remake classico, corretto e privo di sorprese, però ben confezionato e godibile: chi non conosce il film con Steve McQueen e Dustin Hoffman si emozionerà, e forse le nuove generazioni rimarranno affascinate dal respiro di un cinema epico, d'altri tempi. Il merito della riuscita operazione va soprattutto ai bravi Rami Malek e Charlie Hunnam, che non scimmiottano gli illustri predecessori e dimostrano di volersi smarcare del tutto dai rispettivi ruoli di Mr. Robot e Sons of Anarchy.

4 - La terra dell'abbastanza - Damiano e Fabio D'Innocenzo (voto 7)
Un'opera prima che sarebbe piaciuta molto a Pier Paolo Pasolini e Claudio Caligari sulla vita di anime pure impossibilitate a evitare un destino già scritto. Qui non si fanno sconti e gli sguardi disorientati e spaventati dei giovani protagonisti (Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano) feriscono più del caos e della violenza. Un esordio promettente, che racconta una tragedia di periferia con uno sguardo autentico e senza ruffianerie pulp.

3 - Stronger - David Gordon Green (voto 7)
Retorica a stelle e strisce, ma anche analisi della spettacolarizzazione di un dramma privato, attraverso la descrizione di una famiglia bostoniana disperatamente alla ricerca di popolarità. E così, l'unico spiraglio di umanità per Jeff Bauman, rimasto senza gambe dopo l'attentato terroristico alla maratona di Boston, è sempre quello: l'amore, seppur complicato e conflittuale. Cinema americano medio e professionale, rassicurante e senza sbavature: il colpo di fulmine è Tatiana Maslany.

2 - Unsane - Steven Soderbergh (voto 7)
Cineasta fin troppo operoso e discontinuo, Soderbergh questa volta azzecca la metafora di una società dove non si può evitare di condividere ogni dato personale: tra stalking e denunce al sistema ospedaliero americano, trova una sua chiave stilistica nel thriller psicologico con derive horror, filtrato dallo sperimentale utilizzo dell'iPhone al posto della macchina da presa. Qualche incongruenza e un po' di confusione nel finale, ma è uno dei suoi lavori più stimolanti.

1 - Tully - Jason Reitman (voto 8)
Il regista di Tra le nuvole e Young Adult torna ai toni della commedia umana e beffarda, e ritrova quella lieve amarezza che manca sempre di più al cinema di oggi: questo ritratto di mamma già al di là di una crisi di nervi è gentile e crudele, affettuoso e impietoso, ed è un altro intelligente tassello di una filmografia rara, dedicata agli ostacoli quotidiani della vita. Anche grassa e stravolta, Charlize Theron riesce a essere meravigliosa: i duetti con Mackenzie Davis sono teneri e fiammeggianti.



mercoledì 6 giugno 2018

Top Ten: Classifica Primo Semestre 2018

10 - Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Martin McDonagh
In un paesino del Missouri razzista e indifferente, la tragedia si stempera all'improvviso con la risata, così come la commozione si nasconde anche dietro personaggi imbastarditi e senzadio, che si affannano per combattere un Male invisibile, ma forse sono soltanto alla ricerca di speranza e amore. McDonagh è il vero erede dei fratelli Coen, guarda a Fargo ma senza scimmiottarlo e offre a un terzetto d'attori inarrivabile (Rockwell, Harrelson, McDormand) delle maschere memorabili.

9 - Oltre la notte - Fatih Akin
Dramma secco e politico, il genere che è più congeniale ad Akin: una mazzata emotiva, che si confronta con la macchia nazista che si sta pericolosamente diffondendo in alcune zone d'Europa. Una potenza di racconto e una capacità di coinvolgimento che capitano sempre di più rado: gran parte del merito è della straordinaria Diane Kruger, premiata al Festival di Cannes, madre e moglie addolorata e ferita, in cerca di giustizia e costretta alla vendetta.

8 - The Disaster Artist - James Franco
La miglior espressione del genio irrefrenabile e disordinato di James Franco, nei panni di Tommy Wiseau, regista pretenzioso e privo di talento, individuo a dir poco misterioso. Un'esilarante e intelligente opera sul confine sottile che separa successo e insuccesso, bellezza e bruttezza, riflettendo sulla contemporaneità: l'abbattimento delle scale di merito e di valore, che permette a chiunque di avere le luci della ribalta. Perché il sapore del trash spesso è quello più gustoso.

7 - Storia di un fantasma - David Lowery
Distribuito direttamente in home video, ma destinato a diventare un cult. Il punto di vista è inedito e folgorante: non di chi elabora il lutto, ma di chi se n'è andato. Con un tono struggente e una calma ipnotica, lo spettro di Casey Affleck è testimone inerte del dolore di Rooney Mara. E attende. Un horror dell'anima, che penetra nella paura più autentica: perdere chi amiamo. Riuscendo però a trasmettere quel senso dell'immortalità che appartiene al mistero del sentimento.

6 - L'isola dei cani - Wes Anderson
Ormai la stop motion è il terreno dove l'estro di Wes può essere meglio valorizzato: i suoi mondi e la sua ossessione per i dettagli trovano maggiore compiutezza, recuperando quella poesia malinconica e quell'ironica precarietà esistenziale che lo caratterizzavano a inizio carriera. Ed è il suo lavoro più politico: un omaggio commovente al mondo canino, che è anche una dichiarazione d'amore nei confronti di tutte le minoranze e delle differenze linguistiche e culturali.

5 - Foxtrot - Samuel Maoz
Il trauma della perdita e l'orrore della guerra raccontati attraverso la disperazione di un padre e la vita immobile in un checkpoint sperduto in mezzo al deserto. Il sangue si tramanda di generazione in generazione: un loop inesauribile dove si torna sempre al punto di partenza. Ma l'assurdità della violenza e l'ineluttabilità del fato si possono esorcizzare con la danza e con i racconti goliardici di gioventù. Meritato Gran Premio alla Mostra di Venezia, scandalosamente dimenticato agli Oscar.

4 - Il filo nascosto - Paul Thomas Anderson
Il più sottile e raffinato lavoro di PTA, che riconosce i limiti della Settima Arte di poter spiegare e rappresentare le dinamiche relazionali e la complessità degli esseri umani. L'inafferrabilità e l'invisibilità legano legano lo stilista Woodcock e la sua musa, vittima, moglie e poi carnefice Alma: l'amore non è uno scontro, ma la tessitura di un intreccio che non segue un percorso logico e razionale. Il capovolgimento dei ruoli è continuo e imprevedibile; la forza ipnotica del regista, ormai alla stregua dei più grandi di sempre, non ha eguali nel cinema di oggi.

3 - Tonya - Craig Gillespie
Lo scandalo sportivo dell'aggressione alla pattinatrice Nancy Kerrigan, che coinvolse la sua diretta rivale Tonya Harding, è lo spunto per un manifesto sull'America più emarginata e povera, in cerca di identità e senza possibilità di riscatto, nello stesso tempo vittima e colpevole. Un film semplicemente perfetto: ironico senza diventare grottesco, dolente e impietoso senza diventare patetico. Margot Robbie era da Oscar: nessuna aveva mai trasmesso con questa forza bellezza esteriore, disperazione sottopelle e abitudine allo squallore. La sorpresa dell'anno.

2 - Dogman - Matteo Garrone
Il pugno nello stomaco di Garrone, finalmente. Una sintesi implacabile tra tenerezza e crudeltà, tra romanticismo e cinismo: il destino degli sfortunati è la miseria. E lo sguardo è assolutamente inedito per il cinema italiano, lontano dagli stereotipi del neorealismo e dal sensazionalismo pulp, affettuoso nei confronti del meraviglioso protagonista (Marcello Fonte, premiato con merito al Festival di Cannes) ma senza concedere alternative di fuga alla sua gabbia esistenziale. Senza epica, ma con il respiro ampio di un racconto che parte dal particolare per farsi popolare e universale.

1 - Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche
Abbacinante romanzo di educazione estiva ed erotica, inno definitivo alla giovinezza e alla sensualità del corpo femminile, complessa e problematica riflessione sulla contemplazione (e la frustrazione) di chi guarda. Un Kechiche mai così radicale e audace, in miracoloso equilibrio tra sublime e superficiale, tra sacro, profano e dance anni Novanta. Puro cinema inteso come visione sovversiva e liberatoria, e come testimonianza: un La La Land di corpi in fiore e tensione sessuale, di friccicolii nello stomaco e battiti cardiaci accelerati, che non chiude, ma lascia i puntini di sospensione. Perché dopo qualsiasi esperienza, effimera o dolorosa, la vita va avanti.



giovedì 10 maggio 2018

Top 5: Maggio 2018

5 - Si muore tutti democristiani - Il Terzo Segreto di Satira (voto 7)
Un esordio come vorremmo vederne di più oggi: mai pretenzioso, eppure con il coraggio giusto, sacrosanto, di raccontare un Paese in difficoltà morale e materiale, contraddittorio, dove gli ideali non hanno più senso e per fare carriera è necessario far finta di nulla. Una commedia contemporanea, dolceamara, che ha il pregio raro di affrontare il tema del lavoro senza banalità e qualunquismo. Si ride, ma neppure troppo: il miglior esempio di ironia YouTube adattato al cinema. Bravi.

4 - Loro 1 e Loro 2 - Paolo Sorrentino (voto 7)
Un film spaccato in due, che alterna passaggi di grandeur sorrentiniana ad allegorie sconcertanti. Criticata, ma la prima ora di miraggio berlusconiano, tra droghe e festini, è la più interessante: tra The Wolf of Wall Street e Spring Breakers, Silvio è fuoricampo ma sempre presente (ottimo Scamarcio). Quando la maschera indossata da Servillo si prende la scena fagocita tutto e, seppur divertente, l'operazione diventa fine a se stessa, sgonfiandosi nella seconda parte e perdendo guizzi e mordente.

3 - Storia di un fantasma - David Lowery (voto 8)
Distribuito direttamente in home video, ma destinato a diventare un cult di questi anni. Il punto di vista è inedito e folgorante: non di chi elabora il lutto, ma di chi se n'è andato. Con un tono struggente e una calma ipnotica, lo spettro di Casey Affleck è testimone inerte del dolore di Rooney Mara e attende. Un horror dell'anima, capace di penetrare nella paura più autentica: perdere chi amiamo. Riuscendo però a trasmettere quel senso di immortalità che appartiene al mistero del sentimento.

2 - L'isola dei cani - Wes Anderson (voto 8)
Ormai la stop motion è il terreno dove il genio di Wes può essere meglio valorizzato: i suoi mondi e i loro dettagli trovano maggiore compiutezza e recuperano quella poesia malinconica e quell'ironica precarietà esistenziale dei film migliori, a inizio carriera. Questo, inoltre, è il suo lavoro più politico: un omaggio commovente al mondo canino, che è anche una dichiarazione di amore nei confronti dei deboli e di tutte le minoranze, in un Giappone distopico che assomiglia molto all'America di Trump.

1 - Mektoub, My Love - Canto Uno - Abdellatif Kechiche (voto 10)
Meraviglioso romanzo di educazione estiva ed erotica, inno definitivo alla giovinezza e alla sensualità del corpo femminile, complessa e problematica riflessione sulla contemplazione (e la frustrazione) di chi guarda. Un Kechiche mai così radicale e audace, in miracoloso equilibrio tra sublime e superficiale, tra sacro, profano e dance anni Novanta. Puro cinema inteso come sguardo sovversivo e liberatorio: un La La Land di corpi in fiore e tensione sessuale, di friccicolii nello stomaco e battiti cardiaci accelerati, che non chiude, ma lascia i puntini di sospensione. Perché dopo qualsiasi esperienza, effimera o dolorosa, la vita va avanti. 



sabato 7 aprile 2018

Top 5: Aprile 2018

5 - Molly's Game - Aaron Sorkin (voto 7)
Esordio dietro la macchina da presa del grande sceneggiatore di The Social Network e Steve Jobs: le aspettative non si smentiscono. Perché il ritmo è incalzante, i dialoghi sono brillanti e cinici, la storia è un potente ritratto di America che si destreggia tra il limite della legalità e l'apologia del successo. Peccato però che si senta la mancanza di uno sguardo autoriale che sfugga da alcune scelte convenzionali. Brava come sempre Jessica Chastain.

4 - L'amore secondo Isabelle - Claire Denis (voto 7)
La travagliata vita sentimentale di una bella pittrice cinquantenne (la grande Juliette Binoche), in confusione emotiva e alla ricerca di un amore definitivo. Una pellicola radical-chic per signore? Senza dubbio, ma l'eleganza formale e l'attenzione alla caratterizzazione di tutti i personaggi non sono da trascurare: il girotondo di maschi che entrano ed escono di scena visti da un occhio femminile sincero e passionale meritano l'attenzione di chiunque.

3 - La casa sul mare - Robert Guédiguian (voto 7)
Il manifesto di Guédiguian, tra impegno politico, malinconia, gesti di solidarietà ancora presenti in un mondo cattivo e ingiusto dove è sempre più complicato essere buoni e giusti. Un cinema limpido e coerente, sincero: quasi due ore in cui si assaporano esistenze molto simili alle nostre, in bilico tra affetti speciali e ideali perduti, avvalendosi di dialoghi memorabili e della splendida location marsigliese della calanque de Méjean, luogo dell'anima del regista francese.

2 - I segreti di Wind River - Taylor Sheridan (voto 8)
Un western contemporaneo che riflette su un pezzo di Stati Uniti senza speranza, dove l'unico tipo di liberazione possibile è di natura animalesca. La statura è quella del classico eastwoodiano, in grado di lasciare attoniti e commossi: al centro, un dolore privato che arriva alla consapevolezza di una sconfitta umana che riguarda ogni miraggio di convivenza e accettazione. Jeremy Renner mai così ruvido, Elizabeth Olsen coraggiosa e indifesa investigatrice alle prese con un mondo di lupi.

1 - Il giovane Karl Marx - Raoul Peck (voto 8)
Non c'è felicità senza rivolta. Ma anche oggi l'uomo che non ha niente è niente. Finalmente un degno film sull'elaborazione di quel pensiero che ha contaminato l'Europa a metà Ottocento portando allo scontro borghesia e proletariato. E poi godibili e umanissimi momenti di bromance comedy: perché dietro a Karl Marx e Freddy Engels c'erano due ragazzi, amanti del bere e delle donne, legati da una commovente unione intellettuale e rivoluzionaria. Per fortuna, qualcuno era comunista.



venerdì 9 marzo 2018

Top 5: Marzo 2018

5 - All These Sleepless Nights - Michal Marczak (voto 7)
Uno dei nuovi manifesti della nicchia techno-minimal, forse il documento più sincero e crudo insieme a Eden di Mia Hansen-Love. Le scorribande di due ventenni per la Varsavia dei rave, tra notti e albe, fuochi d'artificio e solitudine. Una lente d'ingrandimento su quella parentesi dalla vita reale che chiunque di noi può aver trascorso, quando conta soltanto ballare incessantemente e non pensare, e tutto ciò che è passato o futuro sembra non avere importanza.

4 - Dark Night - Tim Sutton (voto 8)
La giornata di alcuni sconosciuti precedente al massacro di Aurora in Colorado del 2012, poco prima della proiezione del film Il cavaliere oscuro - Il ritorno. Uno stile minimalista e "vansantiano" che si insinua a poco a poco sottopelle, ci fa immergere nell'oscenità quotidiana di una Nazione che non è in grado di fare i conti con il vuoto pneumatico dell'esistenza dei suoi abitanti, ovvero individui che conoscono soltanto il linguaggio dell'(auto)distruzione per poter avere le luci della ribalta.

3 - Oltre la notte - Fatih Akin (voto 8)
Ritorno del regista turco-tedesco al dramma secco e politico, il genere che più gli è congeniale: una mazzata emotiva, che si confronta con la macchia nazista che si sta pericolosamente diffondendo in alcune zone d'Europa. Diviso in tre atti, non privo di singole ingenuità, ma con una potenza generale di racconto che capita sempre più di rado: gran parte del merito è della straordinaria prova di Diane Kruger, premiata a Cannes, donna addolorata e ferita, in cerca di giustizia e costretta alla vendetta.

2 - Foxtrot - Samuel Maoz (voto 9)
Il trauma della perdita e l'orrore della guerra raccontati attraverso la disperazione di un padre e la vita immobile in un checkpoint perduto in mezzo al deserto. Il sangue si tramanda di generazione in generazione in un loop dove si torna sempre al punto di partenza. Ma per l'israeliano Maoz, l'assurdità della violenza e l'ineluttabilità del fato si possono esorcizzare con la danza e con i racconti di gioventù. Meritato Gran Premio alla Mostra di Venezia, dimenticato agli Oscar.

1 - Tonya - Craig Gillespie (voto 10)
La più grande sorpresa del cinema americano degli ultimi anni. Lo scandalo sportivo dell'aggressione alla pattinatrice Nancy Kerrigan, che coinvolse la sua diretta rivale Tonya Harding, è lo spunto per una riflessione sull'America più emarginata e povera, in cerca di identità e senza possibilità di riscatto, nello stesso tempo vittima e colpevole. Un film semplicemente perfetto: il tono è ironico senza diventare grottesco, dolente e impietoso senza diventare patetico. La ricreazione dei primi anni Novanta, tra musiche e costumi, è impeccabile. Margot Robbie era da Oscar: nessuna come lei trasmette così bene bellezza, disperazione e squallore.