martedì 16 febbraio 2016

Il Pagellino: Febbraio 2016

The End of the Tour - James Ponsoldt 10: folgorante gioco di specchi, stima reciproca e invidie tra lo scrittore David Foster Wallace e il giornalista del Rolling Stone David Lipsky. Riflessioni dolorose di un'anima fragile, controversa e geniale su successo, depressione e relazioni umane, delineando i contorni di un'America innevata di fast food, televisione e grandi magazzini. Il distacco tra noi stessi e gli altri, tra noi stessi e la realtà, l'importanza che diamo alla percezione che gli altri hanno di chi siamo: sono solo parole, ma fanno male e tramortiscono. Magnifico.

Anomalisa - Charlie Kaufman, Duke Jonhnson 9: flusso di coscienza in stop motion dell'intellettualissimo Charlie Kaufman che, nella dimensione animata, trova la chiave poetica per esprimere al meglio le proprie ossessioni e la propria idea di cinema. Aeroporti, viaggi in taxi, stanze d'albergo, solitudini: tra sogno e realtà, teniamo stretti nel cuore le anomalie delle nostre vite, e ci commuoviamo per Girls Just Want to Have Fun.

1981: Indagine a New York - J.C. Chandor 9: fino a che punto possono coesistere la rettitudine e un mondo sempre più orientato verso il mito dell'affermazione economica e la violenza? Un Oscar Isaac immenso è il self-made man che non rinuncia al confronto e alla razionalità, e che ribadisce l'onestà come base fondamentale del proprio successo. Attorno a sé, le regole della sopraffazione, della competizione e del sangue hanno preso il sopravvento.

Good Kill - Andrew Niccol 8: thriller bellico tesissimo, palpitante, confezionato magnificamente e recitato da un Ethan Hawke in stato di grazia, che gradualmente trascina lo spettatore nella spirale infernale di un pilota di droni in piena crisi di coscienza. Il miglior film di Andrew Niccol: la più compiuta riflessione sull'inevitabilità dell'evoluzione tecnologica e sulle sue contraddizioni. Sullo sfondo, un'altra versione dell'America da rabbrividire.

Remember - Atom Egoyan 8: on the road tra Sorrentino e Nolan di grande coinvolgimento popolare, che riflette sull'importanza della memoria e sulla necessità di mantenere vivo il ricordo del passato, ma che ha il coraggio di chiedersi se i mostri di un tempo lo sono sempre stati e sono ancora tali e se la vendetta non sia altro che una pura ossessione. Meraviglioso Christopher Plummer, peccato per il colpo di scena finale, costruito benissimo ma in fondo rassicurante.

L'ultima parola - Jay Roach 8: Papà, ma è vero che sei un comunista? Sì. Jay Roach dirige un biopic molto classico ma emozionante, rispolverando la sacrosanta funzione pedagogica del cinema: non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire. Bryan Cranston è enorme e merita, insieme a Michael Fassbender, l'Oscar molto di più di Leonardo DiCaprio. Se fosse sempre questo il cinema medio, saremmo in un'epoca artisticamente d'oro.

Il Club - Pablo Larrain 7: il regista cileno della splendida trilogia Tony Manero - Post Mortem - No turba e scuote ma non incanta. L'inferno dei suoi personaggi, a volte, rasenta la maniera, e non risulta così necessario a differenza delle pellicole precedenti; ciononostante, alcuni passaggi sono di indubbia potenza e il lavoro sull'immagine si conferma preciso e disturbante. 

Il caso Spotlight - Tom McCarthy 6: intento nobilissimo, cast eccezionale (Mark Ruffalo e Rachel McAdams su tutti), sceneggiatura impeccabile. Ma la sensazione è quella di un prodotto televisivo, seppur professionale: la regia di McCarthy è più anonima che essenziale. E la confezione da cinema civile alla Pakula appare un po' anacronistica.

The Hateful Eight - Quentin Tarantino 6: il film più monocorde, monocolore e timoroso di Tarantino, complessivamente il più serio ma il meno riuscito. La riflessione sulle radici dell'America non graffia, le sorprese non sorprendono davvero, le interpretazioni infastidiscono. Si apprezza, però, il tentativo di spiazzare e rimescolare la carte, oltre alla sempre impressionante cura dei dettagli.

Lo chiamavano Jeeg Robot - Gabriele Mainetti 6: originale ma confuso tentativo di coabitazione tra cinefumetto, cinesuburra e cinemania tarantiniana. A tratti divertente, a tratti sconcertante, ma nel complesso prevale la furia di voler proporre qualcosa di nuovo, diverso e alternativo sulla lucidità e sulla chiarezza delle intenzioni. Bravo Santamaria.

The Danish Girl - Tom Hooper 5: formalmente sontuoso, ma lagnosissimo e banale biopic sulla transessuale Lili Elbe, affossato dalla prova artificiosa e glaciale di Eddie Redmayne. L'incantevole Alicia Vikander non è sufficiente a rendere abbastanza interessante il film, che si trascina sempre più verso una melensaggine insostenibile.

Zoolander 2 - Ben Stiller 4: spiace eh, ma il seguito del cult Zoolander si poteva davvero risparmiare. Si ride poco e si ride male, la sanissima demenzialità del primo episodio sparisce per far posto a una parodia della moda fasulla e ammiccante, che si perde nei meandri di una spy story di rara idiozia. Stiller al suo minimo storico.

Onda su onda - Rocco Papaleo 4: chi si aspetta la leggerezza on the road di Basilicata coast to coast stia alla larga. Un film sgangherato, improbabile e senza momenti davvero comici: Papaleo e Gassmann mai così in difficoltà. Se li dovessimo paragonare, gli ultimi Zalone e Verdone sembrano Risi e Monicelli.


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