lunedì 22 febbraio 2016

Five Years: I 12 capolavori de IL BELLO, IL BRUTTO E IL CATTIVO

Molte poche cose sono affascinanti quanto l'ego ferito di uno splendido angelo

Il primo marzo saranno cinque anni di blog. Cinque anni di recensioni, classifiche, riflessioni spiazzanti. Non potevo far altro che celebrare in modo autoreferenziale questo anniversario ripassando i dodici capolavori che ci hanno accompagnato nel corso di questo nostro tempo.

Il cigno nero - Darren Aronofsky, 2011 
Un film meravigliosamente conturbante, torbido, avvolgente. Il corpo di Natalie Portman parte come un sogno e termina come un incubo. Bellissimo e ossessionato. Il suo volto meraviglioso non rimane impresso di più delle sue punte sanguinanti, del suo sguardo demoniaco. Psyco-horror allo stato puro.

Un sapore di ruggine e ossa - Jacques Audiard, 2012
Audiard parla di persone, racconta la sconfitta e il riscatto, la sensualità e il dolore. Si sentono i sospiri, la rabbia, le lacrime. Si sentono i magoni, gli affanni. I graffi, sulla pelle, nell'anima. Stringere i denti, e poi ripartire. Un tripudio di esperienza vissuta, un cinema di carne e fiato.

The Master - Paul Thomas Anderson, 2012
Due anime perse: Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix. Un bisogno di aiuto reciproco tra due uomini apparentemente agli antipodi, che hanno la necessità di un confronto, di un'illusione per non crollare. La fede e le religioni non sono altro che un tentativo di reazione allo sconforto. Com'è profondo il mare.

Spring Breakers - Harmony Korine, 2012
I bikini, le collane fluorescenti, lo smalto e gli occhiali da sole che luccicano. Il denaro, il sangue, Britney Spears. La celebrazione assoluta della consistenza della superficie. Capolavoro visionario e lisergico, proiettato verso l'infinito e oltre.

La vita di Adele - Abdellatif Kechiche, 2013
Le scene di sesso più belle e autentiche viste sul grande schermo, funzionali a una completa e appassionante riflessione sull'amore, dettagliatamente analizzato in tutte le sue fasi. Un cinema prezioso e speciale, colmo di sapori, gioie e sofferenze di tutti i giorni. Dolcezze in frantumi.

The Wolf of Wall Street - Martin Scorsese, 2013
Quei bravi ragazzi all'ennesima potenza, ma senza controllo. Sniffare cocaina, fumare crack, giocare al tiro al bersaglio con i nani, spendere denaro e scopare senza alcun tipo di limiti e di freni inibitori. Un party delirante che inquadra impietosamente la vitalità di chi sta serenamente fottendo il mondo.

Nymphomaniac - Lars von Trier, 2014
Sculacciando come sempre bigotti, moralisti e intellettuali, lo zio Lars porta sullo schermo la forza dell'umanesimo e ribadisce, mai domo, l'importanza e la centralità della libertà d'espressione. E con dolore parla di sé e riflette, nuovamente, sull'alterità e sull'extrasensorialità della natura femminile.

Boyhood - Richard Linklater, 2014
Un coming-of-age che prende di petto il desiderio di identificazione dello spettatore e pone l'interrogativo se il Cinema possa essere davvero uno specchio fedele dell'esistenza. Un miracolo cinematografico, affidato all'Ignoto, alla Storia da scrivere, che commuove e riscalda il cuore.

Sils Maria - Olivier Assayas, 2014
Quello di cui si può essere certi è soltanto l'esclusività del punto di vista, l'irrinunciabilità alla prospettiva. E così il Teatro, il Cinema, la Vita vanno rielaborati: rinunciando all'interpretazione, ma accettando la propria condizione che è sempre e comunque nebulosa e inafferrabile.

Mommy - Xavier Dolan, 2014
Furioso, travolgente melodramma pop, sfacciatamente kitsch, melodico come una canzone degli Oasis o di Celine Dion. Seducente come la voce di Lana Del Rey. Un frullato di romanzo adolescenziale ed estetica alla Gus Van Sant, disperatamente alla ricerca di un'emozione da poco.

Steve Jobs - Danny Boyle, 2015
Una canzone rap tradotta in immagini, parole mitragliate, vere e proprie rasoiate che attraversano uno dei personaggi più controversi e decisivi per quello che siamo oggi. La vita è sempre dietro le quinte, quello che va in scena è sempre soltanto una versione dei fatti, la più commerciabile e concorrenziale.

The End of the Tour - James Ponsoldt, 2015
Folgorante gioco di specchi, stima reciproca e invidie, tra un poster di Alanis Morissette e un action con John Travolta. Il distacco tra noi stessi e gli altri, tra noi stessi e la realtà, l'importanza che diamo alla percezione che gli altri hanno di chi siamo: sono solo parole, ma tramortiscono e fanno male.




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