venerdì 16 maggio 2014

Pagellino Film Festa Del Cinema 2014

Locke 9: un gigantesco Tom Hardy segue tre piste narrative differenti, tra calcestruzzo, amante di una notte che partorisce e moglie che lo abbandona. Il tutto è anticipato dal display telefonico dell'automobile, forse il vero protagonista della vicenda. Film unico, originale, scritto divinamente, che denota la grande difficoltà di decidere le sorti della propria esistenza al di fuori da ogni tipo di macchina o dispositivo elettronico.

Alabama Monroe 8: grande film, dolente, romantico, un po' Walk The Line e un po' Blue Valentine, che passa meravigliosamente indenne di fronte ai ricatti del cancer movie. Struttura narrativa a incastro, essenziale per guardare nello specchietto retrovisore e recuperare i migliori passaggi della nostra Vita, anche quando pene e dolori prendono il sopravvento. Quel che rimane è nella passione, espressa nel (st)ruggente ritmo del bluegrass.

La Sedia Della Felicità 7: tanta simpatia, perchè è l'ultimo film di Carlo Mazzacurati, uno dei registi italiani più sottovalutati degli ultimi vent'anni (ho un debole per La Giusta Distanza). Nella prima metà, anche lui risulta essere vittima della voglia di sembrare il Wes Anderson De Noantri, poi torna a fare quello che gli è sempre venuto meglio: tratteggiare i perdenti, gli emarginati, e tirarne fuori il meglio.

The Amazing Spider-Man 2 - Il Potere di Electro 7: la versione più giovanilista e hipster dell'Uomo Ragno è quella che preferisco. Anche perchè amo Andrew Garfield e non sopportavo Tobey Maguire e, inoltre, se incontrassi Emma Stone le chiederei senza indugio di sposarmi. Il finale, poi, è inaspettatamente tragico e radicale. Da segnalare anche il lanciatissimo Dane DeHaan, mi sembra uno che spacca.

Song'e Napule 7: onore ai Manetti, tra i pochissimi oggi in Italia a fare ancora cinema di genere, con grande intelligenza e ironia. Dopo un capolavoro (il fantascientifico L'arrivo di Wang) e un film sbagliato ma interessante (l'orrorifico Paura), ecco che si rende omaggio al poliziottesco contaminato di irresistibile sceneggiata napoletana. Un paio di sequenze esaltanti, un cast affiatato, nel quale spicca il sempre grande Carlo Buccirosso.

Principessa Mononoke 6: sarà un problema mio, ma a me alcuni film di Hayao Miyazaki fanno proprio dormire. Questo è uno di quelli. Bellissima l'animazione, per l'amor di Dio, ma questo cartone animato di due ore e un quarto non è altro che una tirata pesantissima sulla bellezza della Natura contrapposta al gretto materialismo degli esseri umani. Niente di più.

The German Doctor 5: il film sul criminale nazista dottor Josef Mengele è un'occasione persa, perchè le premesse c'erano tutte, a cominciare dalla regista argentina Lucia Puenzo reduce dall'eccellente XXY. Purtroppo, i personaggi rimangono freddi e la dinamica narrativa non si fa mai davvero coinvolgente. Sembra un compitino, molto simile ad un TV Movie di Retequattro.

Devil's Knot - Fino a prova contraria 5: altro lavoro sulla carta interessantissimo, diretto da un regista piuttosto affermato. Eppure, se potessi scegliere io i palinsesti televisivi, questo lo collocherei perfettamente al sabato sera su RaiDue, quando ci sono attori cani che fanno gli investigatori alle prese con l'assassinio dei figli dell'amante della moglie. Solo che in Devil's Knot gli attori sono due premi Oscar e si chiamano Colin Firth e Reese Witherspoon.

Gigolò Per Caso 5: sempre meglio degli ultimi due Allen da regista, parla di Woody che fa il pappa di John Turturro, che s'improvvisa gigolò per soddisfare donne borghesi insoddisfatte. Ma nessuno ha fatto i conti con l'amore. La trama è talmente patetica da sembrare quasi divertente, peccato che si ridacchi davvero non più di un paio di volte. Sharon Stone, ancora oggi, in una forma fisica eccelsa.

Tracks 3: uno strazio. Potrebbe entrare tranquillamente nella mia top 10 dei film più noiosi di sempre. Dialoghi di una inutilità rara, risvolti narrativi avvincenti come la lettura dell'elenco delle pagine del telefono. Un film simile lo aveva già fatto Gus Van Sant con Gerry, ma quando si è dei fenomeni si può fare quello che si vuole e girare comunque capolavori. Quando ci si chiama John Curran, invece, non bisognerebbe fare niente.




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