domenica 29 giugno 2014

I Magnifici Sette: Aprile - Giugno 2014

Nymphomaniac - Lars von Trier: ne abbiamo parlato tanto e, malgrado le critiche, continuiamo a difenderlo e a considerarlo l'opera cinematografica più importante del nuovo decennio. Non poteva avere un finale più beffardo e incisivo la trilogia del folle e provocatorio regista danese sull'alterità del genere femminile, che non si può comprendere, e sulla sua sensorialità. Il cinema di Lars rappresenta la forza devastante dell'umanesimo e l'importanza della libertà di pensiero e di espressione.

Locke - Steven Knight: un gigantesco Tom Hardy segue tre piste narrative differenti, tra calcestruzzo, amante di una notte che partorisce e moglie che lo abbandona. Il tutto è anticipato dal display telefonico dell'automobile, il vero protagonista della vicenda. Film unico, originale, scritto divinamente, che denota la grande difficoltà di decidere le sorti della propria esistenza al di fuori da ogni tipo di macchino o di dispositivo elettronico.

Alabama Monroe - Felix van Groeningen: grande film, dolente, romantico, Walk the Line e Blue Valentine, che passa meravigliosamente indenne di fronte ai ricatti del cancer movie. Struttura narrativa a incastro, essenziale per guardare nello specchietto retrovisore e recuperare i migliori passaggi della nostra Vita, anche quando pene e dolori prendono il sopravvento. Quel che rimane è nella passione, espressa nel (st)ruggente ritmo del bluegrass.

La Gelosia - Philippe Garrel: opera autobiografica nella quale l'autore francese ricorda le tormentate vicissitudini sentimentali di suo padre, attore trentenne scapestrato. Lo fa, però, con il suo senso per il cinema: raffinato, profondo, essenziale. Hic et nunc. Una capacità di sintesi narrativa impressionante, accompagnata dalla bellezza di un bianco e nero di gran classe. Menzione speciale per Anna Mouglalis, nel ruolo della donna prima perdutamente innamorata e poi perduta.

We Are The Best! - Lukas Moodysson: ritroviamo piacevolmente questo bravo regista svedese, autore di una decina d'anni fa di due titoli cult come Fucking Amal e Together. Qui racconta la vicissitudini di tre ragazzine con la passione per il punk durante i primi Ottanta, quando l'hardcore irrompeva e indicava una via di fuga per chiunque volesse ribellarsi ai dogmi delle istituzioni e delle famiglie borghesi. Si tratta di una commedia, ma sembra fantascienza nell'epoca in cui Modà e One Direction riempiono San Siro.

Maps To The Stars - David Cronenberg: il Maestro canadese recupera lo smalto freddo e agghiacciante dei tempi migliori e ritrae un ambiente hollywoodiano senza speranza, putrido, nel quale non c'è interesse al di fuori del successo economico e della prevaricazione e non esiste paura al di fuori dell'invecchiamento estetico. E mentre si assiste a tragedie familiari inumane, il tono rimane immobile e gelido, come se il punto di vista fosse quello dello smartphone.

Jersey Boys - Clint Eastwood: delude chi si aspettava il solito Eastwood politico e polemico, e invece è l'omaggio scorsesiano alle radici del pop, melodico e commerciale, agli anni Cinquanta, a quando non si andava a un reality show per non finire delinquenti o ammazzati in mezzo alla strada. Tutto pare provenire dal cuore, senza alcun vezzo registico, ma esclusivamente al servizio della musica, delle esibizioni dal vivo, di quello che rimane mentre tutto scorre. Walk like a man.


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