Non è certamente l'originalità uno dei fattori vincenti del film di Gavin O'Connor. Il regista americano recupera un classico topos del cinema americano, ovvero il riscatto (sociale, economico, umano) attraverso il successo sportivo che si afferma mediante il duro allenamento fisico, e lo connubia a una storia di famiglia frantumata, un padre, ex marine ed ex alcolizzato, e due fratelli, l'uno disertore della guerra in Iraq e incattivito col mondo, e l'altro professore di fisica in crisi economica disposto a tutto pur di assicurare una esistenza dignitosa alla propria famiglia. Entrambi si ritroveranno a scontrarsi l'uno contro l'altro nella finale di un torneo di MMA (arti marziali miste), certamente non proprio la nobile arte che è stata celebrata in 'Rocky' e in 'Toro scatenato' ma qualcosa di più vicino al kick-boxing delle pellicole con Jean Claude Van Damme. Ci vuole, dunque, un talento straordinario per riuscire a cavare fuori un grandissimo film da un soggetto così risaputo. E Gavin O'Connor dimostra di avercelo. 'Warrior' è un film di due ore e venti orchestrato da qualcuno che del cinema ama il virtuosismo tecnico quando fa rima con contenuto, con sostanza. Da questo punto di vista, Michael Mann ha ridisegnato il cinema d'azione con capolavori quali 'Heat' e 'Collateral'. E per questo mi distacco da tutti quei cinefili che hanno visto in Winding Refn, il regista di 'Drive', il suo degno erede (là è solo tecnica, il resto è un puro pretesto). Piuttosto, O'Connor dimostra di essere un allievo meraviglioso. 'Warrior' trasuda di carne al macello come 'Fight Club' e di poetica da strada come il miglior Spike Lee. Non c'è un attimo di tregua, nè nella prima parte "familiare" gestita con una macchina a mano rudimentale, nè nella entusiasmante seconda parte nella quale le riprese aerodinamiche regalano alcuni dei massacri fisici più crudi e autentici mai visti sullo schermo. E', dunque, l'essenzialità stilistica e contenutistica di O'Connor che sorprende. Non c'è spazio per storie o personaggi di secondo piano (per dire, c'è solo una donna in tutto il film) ma solo una grandissima attenzione a ogni minimo dettaglio relativo ai tre protagonisti, interpretati magnificamente dallo stupendo vecchio Nick Nolte, dall'ottimo Joel Edgerton ma, soprattutto, dal bestiale (in tutti i sensi) Tom Hardy. Rispetto al recente 'The Fighter', più canonico e paraculo, 'Warrior' è soprattutto un grezzo e grandioso inno allo sport. Impossibile non entusiasmarsi di fronte alla forza di volontà del fratello più vecchio di "rimettersi in carreggiata", consapevole di essere fisicamente meno prestante dei concorrenti ma confidando soltanto nella propria straordinaria tecnica. Non solo, 'Warrior' è anche una clamorosa fotografia di oggi: lo spunto narrativo proviene, infatti, da una parte dal senso di frustrazione per la partecipazione a una delle sporche guerre di Bush, dall'altra dalla disperazione causata dalla crisi economica. E quando si ha a che fare con un cinema così pieno e senza concessioni, non si può far altro che alzarsi in piedi e applaudire. Bello e Cattivo.
Nessun commento:
Posta un commento