giovedì 3 gennaio 2013

La Migliore Offerta

Il cinema di Giuseppe Tornatore ha due volti nettamente distinti. Il primo è quello felicemente malinconico, quello che gli ha fatto ottenere l'Oscar, quell'autobiografismo bigger than life emozionante e scontato, popolare e cerchiobottista, che lo fa piacere un po' de qua e un po' de là. Per intenderci, quello dell'infanzia e dei Philippe Noiret, quello dei pianisti sull'oceano e dei Tim Roth, quello dell'autoerotismo e delle Monica Bellucci. Purtroppo, anche quello che è naufragato nel tronfio e confuso Baarìa, la sua opera peggiore di sempre. Il secondo è più oscuro, complesso ma indubbiamente più interessante, cioè quello che lo ha consacrato come un autore sensibile e feroce ne La sconosciuta e in Una pura formalità, il suo lavoro migliore. Fino ad ieri. Da oggi, con grande sorpresa e piacere, è possibile annoverare tra i capolavori del regista siciliano La Migliore Offerta, il primo film distribuito nelle sale cinematografiche nel 2013. Si tratta di un inizio grandioso. Peppuccio ha tenuto riservato il set e ha anticipato pochissimo sulla trama. Si sa che il cast è di levatura internazionale e che l'ambientazione è in una indefinita città europea. Il protagonista è Geoffrey Rush nei panni di un battitore d'aste solitario ed enigmatico. Non aggiungerei altro. Lo sviluppo narrativo è talmente coinvolgente e coraggioso che merita di non essere svelato. Per definizione dello stesso Tornatore, è "un film sull'arte intesa come sublimazione dell'amore, ma anche un film sull'amore inteso come frutto dell'arte." E', però, anche una riflessione dolorosa e attuale sulla maniacalità e sull'ossessione, sul collezionismo e sull'alienazione, concetti che vengono genialmente riconcepiti in un'ottica salvifica. Non c'è dubbio che La Migliore Offerta possieda una forza contenente uno spirito dei tempi cupo e pessimista. Non ho in mente un Tornatore così privo di speranza, così abbandonato a una disillusione cosmica. Per la prima volta, i suoi personaggi non offrono alcuna empatia con lo spettatore, rimanendo distaccati e ostici anche nei momenti apparentemente più rilassati. Alcuni passaggi, addirittura, sembrano provenire dall'horror, raccontati nella tessitura del thriller. Ciononostante, non mancano battute di grande brillantezza ("Vivere con una donna è come un’asta: non sai mai se la tua è la migliore offerta" oppure "Nella simulazione c'è sempre qualcosa di autentico. Si può simulare anche l'amore?"). Esteticamente, è un film di una eleganza strepitosa ma di fronte a una sostanza talmente terribile e viscerale la forma passa in secondo piano, cosa insolita per Tornatore. Inutile rimarcare la grandezza di un attore come Rush, mentre è da evidenziare il ritorno di un Morricone in gran forma, che offre un tessuto sonoro variegato e sorprendente, perfettamente in armonia con i toni ambigui e disturbanti di una inaspettata pietra miliare del cinema del nuovo millennio.

Emiliano Dal Toso



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